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All Star Game 2019: More than a simple call

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Come ogni anno, entrando nel mese di febbraio il mondo NBA si divide tra bombe di mercato in prossimità della Trade Deadline ( fissata per giovedì 7 febbraio ) e le tanto acclamate e discusse convocazioni per l’All Star Game, argomento in cui ogni appassionato si può sbizzarrire votando online i propri beniamini prima, criticare o concordare le scelte finali dopo.

Il Weekend di spettacolo, a tema cestistico, più atteso dell’anno è da sempre un evento che cattura l’attenzione del pubblico più vario, espansosi ancor di più negli ultimi anni grazie all’avvento dei social media, autentici distributori di contenuti capaci di generare hype a dismisura. Avere la possibilità di partecipare anche a solo uno dei numerosi eventi in programma nella Tre Giorni di metà febbraio è da sempre motivo di orgoglio per ciascun atleta che milita nella National Basketball Association.

A dimostrare quanto detto, in questo video i Timberwolves mostrano la reazione della loro giovane stella Karl Anthony Towns ( 2^ convocazione in carriera ) nel momento in cui scopre di essere stato scelto tra le riserve della Western Conference: commozione e abbraccio con i genitori, strafelici per lui.

Ovviamente, per ogni persona che gioisce ce n’è una che si sente nello stato opposto. In questa stagione è toccato a Rudy Gobert, centro degli Utah Jazz, nonchè Defensive Player of the Year in carica e autore, fino a qui di una brillante stagione nel ruolo di spalla principale di Donovan Mitchell nella metacampo difensiva, autentico leader e muro quasi invalicabile in quella difensiva. Dopo aver espresso il suo dispiacere per la mancata convocazione, sottolineando come nell’NBA di oggi non si renda particolarmente merito alla difesa, il 26enne francese non ha saputo trattenere le lacrime quando ha ripensato alla chiamata telefonica della sera precedente con la madre, delusa quanto lui dopo la sua esclusione meno di 24 ore prima.

Ciò che realmente deve far riflettere è quanto sia importante, per molti professionisti, ricevere quella chiamata, che va ben oltre la singola partecipazione. Simbolicamente rappresenta un traguardo che ricompensa una vita fatta di sacrifici, lavoro e sudore in palestra fin da quando erano piccoli, e ovviamente per ognuno ha un significato singolare e unico. Sì perchè in NBA non ci si ferma mai, nemmeno in estate, periodo in cui i giocatori si dividono tra vacanze e allenamenti specifici per migliorare ogni singolo aspetto del loro gioco, cercando di arrivare il più pronti possibile ai nastri di partenza della nuova stagione.

Inoltre, è bene far presente che essere convocati all’All Star Game è una grande soddisfazione anche per i compagni, per l’allenatore, per lo staff e per tutta l’organizzazione che c’è dietro alla franchigia di cui il giocatore fa parte. In questo video vediamo Khris Middleton, guardia dei Bucks chiamata come una delle sette riserve dell’Eastern Conference, ricevere i complimenti dai vari Antetokounmpo, Bledsoe, Brogdon, Snell e Coach Mike Budenholzer. Curiosità: Khris è il 1^ giocatore passato alla G-League ad ottenere la possibilità di scendere in campo nella partita delle stelle; un’ulteriore ragione per essere soddisfatti a Milwaukee.

Infine, ci spostiamo per un attimo in casa dei sorprendenti Nuggets, dove la stella Nikola Jokic ( autore di una stagione fino ad ora che ha poco ad invidiare agli altri candidati MVP ) e i suoi compagni hanno celebrato così, al rientro negli spogliatoi, il loro coach Mike Malone, selezionato come Head-Coach del Team LeBron.

L’All Star Game rappresenta molto di più di una semplice partita tra i massimi esponenti che la pallacanestro può offrire al mondo ogni anno; dietro ogni giocatore c’è una storia che parte da lontano, ci sono dei genitori che hanno fatto di tutto per far sì che il proprio figlio potesse continuare a coltivare il sogno di trasformare la propria passione ( il basket ) in un lavoro; ci sono i dubbi, le critiche e i pregiudizi di chi credeva che non potesse riuscire ad arrivare così in alto. Insomma, essere lì è una vittoria a prescindere dal risultato finale. Certo, giocare la gara delle stelle non ha e non può avere lo stesso valore, per esempio, di un premio individuale o di un titolo vinto, ma nel cuore di un’atleta significa comunque tanto: vuol dire che quei dubbi si sono tramutati in voti del pubblico, dei giornalisti e degli allenatori, sintomo di come la gente riconosca il lavoro e l’impegno, diventando tifosi e apprezzando le gesta sia in campo che fuori, qualcosa che non è mai del tutto scontato.

Per quanto sia una tre giorni dedicata prettamente allo spettacolo, è allo stesso tempo l’unico vero momento, dalla metà di ottobre ad aprile, in cui i giocatori possono trascorrere un po’ del loro tempo con le famiglie; un’occasione che sfruttano pieno per ricarire le batterie in vista dell’intenso finale di Regular Season, prima di catapultarci a tutto motore nella caldissima Post-Season.

Non ci resta che aspettare il 15 febbraio per immergerci completamente nel weekend in cui lo spettacolo scende sul rettangolo di gioco grazie alle prodezze dei campioni e dei talenti emergenti, pronti a regalare emozioni e divertimento ai milioni di spettatori che si godranno l’evento da casa o sugli spalti dello Spectrum Center di Charlotte.

Michele Moretti
Nato e cresciuto con la passione per lo sport. La pallacanestro nel mio cuore, seguita e praticata sin da bambino. Calcio, Ciclismo e Tennis le altre discipline che guardo appassionatamente. Qui per provare a raccontarvi le emozioni che lo sport ci regala ogni giorno.

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