Basket

Carmelo Anthony, da astro nascente a stella cadente!

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Parlare di Carmelo Anthony vuol dire raccontare la storia di molti personaggi diversi, spesso in contraddizione tra loro. Partendo dalla fine, viste le ultime due stagioni verrebbe da sottolinearne tutti i difetti, guardando la sua carriera collegiale e olimpionica, invece, si può parlare di una leggenda del basket, un vero campione.

E’ sicuramente uno dei migliori attaccanti e allo stesso tempo uno dei peggiori difensori della storia dell’Nba. E Dopo ben sedici stagioni si trova senza squadra e soprattutto senza anello, nonostante sia uno dei giocatori più rappresentativi della sua epoca.

Allora la domanda sorge spontanea, come ha fatto a trovarsi in questa situazione?

La sua è una tipica storia Nba, dove la palla a spicchi rappresenta uno dei pochi mezzi per evitare la strada. E Carmelo con la palla ci sa fare. I primi tre anni delle high school li passa alla Towson Catholic High School dove ottiene ottimi risultati sul campo. Da qui il passaggio in Virginia, alla Oak Hill academy, una scuola più rinomata per non rischiare l’accesso al College. Perché Anthony, a differenza di altre stelle liceali dell’epoca, all’università ci vuole andare. Passato per un pelo l’esame di ammissione, il giovane Melo opta per l’università di Syrcause, New York, questa scelta lo obbliga a distaccarsi dalla madre che a quei tempi lavora presso l’Università di Baltimora. La scelta di passare per il college, invece di tentare subito il salto in Nba con chiamata sicura al primo giro, è una di quelle “sliding door” che segnano la vita di un atleta. In questo caso, Carmelo ha fatto la scelta giusta, la più adatta che lo ha portato a una delle migliori stagioni nella storia dell’Ncaa.

In quella incredibile stagione è stato nominato 10 volte Rookie of the Week della Big East (record); ha segnato 33 punti e preso 14 rimbalzi alle Final four per poi vincere il titolo Ncaa e il premio di Most outstanding player e questi, sono sicuramente numeri da campione assoluto!

Anthony si presenta al draft delle meraviglie del 2003 come una star e viene scelto come terzo assoluto da Denver. La prima stagione è un successo: Melo diventa presto il leader della squadra, trascinando i Nuggets ai playoff con 21 punti, 6 rimbalzi e 3 assist di media. Quell’anno Anthony ha vinto tutti e 6 i premi di rookie del mese della stagione; peccato che ad est avesse esordito anche un ragazzo di Akron, LeBron James.

Gli otto anni passati a Denver rappresentano forse il periodo migliore della carriera di Carmelo Anthony. Sempre ai playoff, presenza fissa all’All Star Game, ed era diventato una delle stelle della lega. Ora nella sua testa nasceva l’idea del grande salto.

Dopo un lungo tira e molla, passato alla storia come Melodrama, nel febbraio 2011 i New York Knicks offrono Wilson Chandler, Raymond Felton, Danilo Gallinari, Timofey Mozgov a Denver per avere il campione di Baltimora. La velocità con cui i Nuggets accettano nasceva dalla paura che i Knicks capissero la portata dell’errore che stavano commettendo. Ma Carmelo era pronto a dare la definitiva svolta alla sua carriera, oltretutto da profeta in patria, dopo aver conquistato l’oro a Pechino 2008.

E svolta fu, ma non nel senso sperato. I primi tre anni, nonostante buone performance personali (capocannoniere nel 2013), queste stagioni avevano fatto emergere tutti i limiti di Anthony, una enorme incapacità di coinvolgere i compagni e la scarsa attitudine difensiva unite alle incomprensioni con lo staff tecnico, facevano di lui una superstar viziata piuttosto che un giocatore franchigia.

Dopo le ultime tre stagioni anonime, il passaggio a Oklahoma doveva essere l’anno del riscatto per Melo ma così non fu. Passato da seconda a terza scelta offensiva, il talento di Baltimora non emerge e solo dopo un anno viene accasato a gli Atlanta Hawks che lo tagliano fuori dopo solo 11 giorni, ormai sembra veramente troppo tardi per lui.

I Rockets provano a dargli forse una delle sue ultime possibilità di dimostrare tutto il suo talento, ma anche qui come era abbastanza prevedibile fallisce, non riuscendo mai ad essere incisivo nel sistema di gioco della squadra texana, tanto che il 16 novembre viene messo fuori rosa. Successivamente viene scaricato ai Bulls  dove viene subito tagliato senza neppur aver giocato una partita.

Alle soglie dei 35 anni Melo non ha grandi prospettive davanti a se. Anche se l’opportunità Lakers sembra non essere ancora sfumata, grazie alla grande amicizia che lo lega a LeBron James.

Qualunque sarà la sua scelta, di una cosa siamo sicuramente consapevoli: che a prescindere dai suoi mille difetti, Melo è entrato nella storia di questo sport, è stato un idolo di molti ragazzi per anni, ha fatto sognare una generazione. Non sarà certamente come vincere un anello, ma non è una cosa di tutti i giorni.

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La Redazione
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