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Chiacchere tennistiche con Paolo Canè, tra passato, presente e futuro

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Nel corso della seconda puntata di stagione del nostro podcast tennistico, Giudici di Sedia, abbiamo avuto l’onore di ospitare Paolo Canè, ex. n.26 al mondo da giocatore ed ora impegnato nei ruoli di allenatore e commentatore televisivo. Grazie alla sua grande esperienza e competenza dal punto di vista tennistico, abbiamo avuto modo di parlare con lui di tennis a 360°, tra passato, presente e futuro.

I motivi della crescita di popolarità del tennis in Italia

La prima tematica affrontata nel corso della puntata è stata quella della crescita, in questi ultimi tempi, in termini di seguito e popolarità del tennis. Soprattutto ci si è concentrati nel riflettere su quali possano essere le iniziative per aumentare ancor di più la passione degli italiani verso questo sport, con Paolo Canè che in merito si è espresso con le seguenti parole:

“Innanzitutto direi che la grande crescita del tennis in termini di popolarità in Italia è dovuta ai grandi risultati degli ultimi due anni ottenuti da Berrettini, Sinner, Fognini, Sonego e lo stesso Musetti. Risultati straordinari, che permettono settimanalmente di avere un italiano nelle fasi finali dei più importanti tornei, come per esempio di recente con Sinner e Berrettini all’Australian Open. Questo fa sì che la gente possa parlare di tennis praticamente ogni giorno, commentando i risultati dei nostri azzurri e di conseguenza provocando una diffusione maggiore dello sport in sempre più persone. Poi sono molto importanti gli eventi tennistici che si stanno organizzando in Italia in questi anni, a partire dalle ATP Finals di Torino dello scorso novembre e che si svolgeranno nei prossimi anni. Per il pubblico italiano è stata una grandissima occasione per vedere il grande tennis dal vivo, avvicinando tante altre persone non appassionate a questo sport. Ma gli stessi tornei minori organizzati nel nostro paese sono in numero sempre maggiore, permettendo a tanti nostri tennisti di formarsi una classifica a livello Challenger rimanendo spesso tra i propri confini. Davvero significativa poi per la crescita di uno sport è l’operato della federazione di riferimento, che deve esser abile a creare i presupposti per il miglioramento e brava a sfruttare il momento favorevole. In questo però la federazione italiana sta facendo davvero un lavoro egregio, a partire dai raduni, dalle scuole tennis e dalla formazione dei maestri. I nostri sono ultimamente tra i migliori del mondo, mi permetto di dire, nel far crescere bambini, giovani e nel promuovere tutto il movimento. Io stesso faccio parte della macchina organizzativa e gestionale della federazione, con il mio ruolo di allenatore all’interno della mia scuola tennis. Ad oggi il tennis, dunque, è uno sport in Italia che sta prendendo molto piede, posizionandosi subito dopo dietro al calcio. Lo noto anche nella mia scuola tennis, in cui sono aumentate le iscrizioni, i ragazzi ne sanno di tennis e hanno dei punti di riferimento in Sinner, Berrettini o Musetti ecc. Quest’ultimi rappresentano veri e propri idoli per tutti i giovani, che sognano di ripercorrere le loro orme”.

L’importanza del ruolo dell’allenatore per un giocatore, con uno sguardo anche alla figura del mental coach

Come sottolineato anche da Paolo Canè nella risposta precedente, ad influire molto sulla crescita del tennis e dell’intero movimento legato a questo sport ci sono gli allenatori. Partendo da quelli che operano nelle scuole tennis fino a coloro che guidano i più importanti giocatori al mondo. Con Paolo Canè così abbiamo riflettuto sull’importanza del ruolo del coach per un tennista, con anche un focus specifico sulla figura del mental coach sempre più presente negli staff dei tennisti. Ecco allora, da maestro di tennis qual è, il suo pensiero legato a quanto appena descritto:

”Il ruolo dell’allenatore è molto importante nel tennis, deve infondere fiducia, consapevolezza nel suo giocatore e dargli importanti insegnamenti dal punto di vista tecnico e tattico. Io sento spesso Santopadre che con Berrettini ha fatto al meglio quanto appena detto, lo ha preso a 13 anni e lo ha portato tra i primi al mondo. Fare l’allenatore significa realizzare un percorso con un giocatore, caratterizzato da fiducia e rispetto reciproco, per arrivare a miglioramenti significativi giorno dopo giorno. Questo poi è possibile farlo sempre rispettando la crescita fisica e mentale del proprio allievo, senza mai forzare troppo o pretendere cose non nelle corde del giocatore.  L’avere una figura come quella del mental coach per un tennista è un qualcosa che sicuramente non fa male, anzi può solo aiutare a renderlo più tranquillo e sereno prima di una battaglia da affrontare, come spesso è una partita di tennis. Non deve essere obbligatorio però avere un mental coach o figure simili, dipende dal carattere o dalla personalità di ogni giocatore. Per esempio a Medvedev basta avere il suo coach o sua moglie al seguito per stare sereno e affrontare al meglio le partite, senza dunque aver bisogno di avere attorno a sé tante persone. Quello che voglio dire è che non bisogna forzare la presenza di mental coach o simili, dipende tutto dal singolo giocatore e dalla sua personalità. Quando per esempio sentivo parlare della possibile collaborazione tra McEnroe e Sinner, anche dal punto di vista caratteriale, ero un po’ scettico. Siamo sicuri che a Sinner possa servire diventare un po’ più cattivo, come era l’americano da giocatore, quando per me invece l’altoatesino è già al top dal punto di vista mentale. Secondo me sono dal punto di vista tattico i miglioramenti su cui deve concentrarsi  Sinner, non tanto quelli legati al comportamento e alla tenuta mentale. Poi per carità sono tutte cose che si possono sperimentare, ma ripeto come molto dipenda dal giocatore, da chi si vuole circondare e dal come desiderare impostare la preparazione di una partita”.

Il rendimento dei nostri azzurri e le possibili soprese di stagione

Parlando poi dei grandi risultati degli italiani, abbiamo chiesto a Paolo Canè come possono secondo lui migliorare ancor di più i nostri azzurri e chi vede meglio nel futuro prossimo di questa stagione, ecco le sue parole:

“Sinceramente non so quanto possano migliorare ancora i nostri ragazzi di punta, uno è sei del mondo e l’altro è numero dieci. Rimanessero lì per i prossimi cinque/sei anni, io penso ci metterei la firma al volo. Per quanto riguarda Berrettini credo debba concentrarsi su due aspetti in particolare, per arrivare ancora più in alto. In primo luogo deve pensare a star bene fisicamente, vista la sua conformazione fisica possente e il suo modo di giocare, che spesso gli provocano infortuni e stop. Oltre a ciò poi credo che il tennista romano debba capire come battere i più grandi, come Djokovic o Nadal. Deve acquisire quella forza mentale e  combattiva, tipica dei grandissimi campioni. Sinner, invece, secondo me deve migliorare dal punto di vista tattico e degli schemi da applicare in campo, non puntando solo sulla potenza ma variando le giocate e le soluzioni. Per il resto credo che sia Berrettini che Sinner siano completi e siano gli altri a dover aver paura di loro quando li devono sfidare sul campo. Certamente poi se parliamo di miglioramenti da realizzare allora possiamo citare anche Sonego o Musetti, che sono leggermente indietro e hanno importanti margini per avanzare. Seppur anche loro hanno ottime posizioni di classifica, devono quindi solo perfezionare alcuni aspetti della loro preparazione per arrivare ad altissimi livelli. Nello specifico devono concentrarsi sul lavorare bene settimanalmente per cercare passo dopo passo di raggiungere risultati importanti, magari essendo bravi anche a sfruttare alcuni tabelloni più alla portata. Non è assolutamente semplice, però, visto il livello altissimo in cui si ritrovano a giocare e gli avverarsi che affrontano”.

Rimanendo sull’attualità tennistica poi con il nostro ospite abbiamo riflettuto su quali potrebbero essere le grandi sorprese di questa stagione, senza naturalmente includere nel discorso gli italiani. Ecco allora i nomi citati da Paolo Canè:

“Ho visto molto bene i due canadesi, Aliassime e Shapovalov, ma anche Carlos Alcaraz, il quale diventerà per me uno dei più forti sulla terra rossa. È un ragazzo che ha già dimostrato gioco e carattere, abile nel coprire benissimo il campo e a far male con i suoi colpi. Per me lui sarà il giocatore dell’anno e sorprenderà molti”.

I ricordi passati da giocatore di Paolo Canè 

In chiusura poi c’è stato anche spazio per alcuni ricordi e riferimenti al passato da giocatore di Paolo Canè, tramite queste parole:

“Da giocatore a me piaceva tantissimo giocare la Coppa Davis, provavo emozioni fortissime e mi sentivo un giocatore assolutamente adatto per quella competizione. Amavo l’ambiente della Davis, andare in ritiro con i compagni, avere Adriano Panatta come capitano e lo spirito di spogliatoio che si ricreava, quasi calcistico. Devo dire poi che avevamo proprio un bel gruppo quando giocavo la Davis, si stava bene insieme e ci si divertiva tanto. Anche lo stesso clima in cui si giocavano i match, con tantissimo tifo, si adattava bene al mio temperamento e al tipo di giocatore che ero. Io infatti ero un giocatore estroverso, vivace e che amava le atmosfere calde. Questo mi permetteva di realizzare prestazioni di altissimo livello, ma talvolta mi faceva andare un po’ fuori giri e perdevo partite con gente molto più scarsa di me. Diciamo che la costanza di rendimento non era il mio punto di forza, avevo molti alti e bassi. In parte, senza voler trovare troppe scuse, ciò era dovuto anche al fatto che ebbi molti infortuni in carriera, non permettendomi di avere la tranquillità e la sicurezza mentale necessaria ad alti livelli”.

Tutta la squadra di Giudici di Sedia e di Vita Sportiva ringrazia Paolo Canè per la gentilezza e la disponibilità.

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Simone Caravano
Simone Caravano 22 anni, laureato in Scienze delle Comunicazioni presso l'università degli studi di Pavia. Attualmente studente della laurea magistrale in giornalismo dell'università di Genova. Credo che lo sport sia un mondo tutto da scoprire e da raccontare, perché offre storie uniche ed emozionanti. Allora quale modo migliore esiste per fare ciò, se non attraverso la scrittura.

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