Calcio

Come l’Inter di Conte ha riacceso le luci a San Siro

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Da ormai un anno gli stadi che da sempre animano le nostre domeniche sono vuoti per la corrente situazione pandemica. Uno scenario sicuramente necessario, ma triste, per gli amanti di quello che forse è il maggior rituale di aggregazione nel mondo dello sport italiano. Al contrario di quanto cantava con malinconia Roberto Vecchioni nel suo album d’esordio “Parabola”, questa domenica le luci a San Siro si sono accese di nuovo e hanno brillato con un’intensità che da tempo era stata prerogativa di altre città, di altre squadre e sopratutto di altre partite.

Questo perché il Derby della Madonnina ha unito il consueto fascino storico a un peso specifico tutt’altro che indifferente per la classifica del campionato italiano, vedendo coinvolte la prima e la seconda squadra in corsa: un crocevia che se non definitivo è comunque fortemente deputato a lasciare un segno nella corsa allo scudetto, sia per le dirette coinvolte che per le inseguitrici.

© Tutto Napoli

 

 

 

 

La partita vede contrapposti il Milan di Pioli schierato con il consueto 4-2-3-1 e il 3-5-2 di Conte, che sceglie di non apportare modifiche rispetto al match con la Lazio suggerendo l’idea di aver trovato una quadra alla propria rosa, con un occhio speciale su Eriksen nuovamente titolare a fianco di Brozovic in cabina di regia. Come da pronostico la partita inizia nel segno di uno studio reciproco da parte delle squadre in cui al giro palla dell’Inter risponde il pressing organizzato dei rossoneri con Ibrahimovic che copre De Vrij e gli esterni che attaccano i difensori laterali.

L’equilibrio però si spezza più rapidamente del previsto: Hakimi pesca con un passaggio lungo Lukaku, che si invola verso la porta e tenta di aprire la difesa del Milan con un cross basso che però trova l’opposizione di Kjaer. La palla rimane nei pressi del belga che ritrova l’equilibrio e sventaglia in area pescando Lautaro Martinez che appoggia comodamente di testa, lasciato colpevolmente troppo a suo agio tra Kjaer e Calabria che non si intendono sulla responsabilità della copertura.

Sull’onda dell’entusiasmo l’Inter prova a sfruttare il momento con una serie di incursioni con protagonista il solito Martinez, mentre il Milan tenta di restare unito con Kessiè e Tonali – chiamati a lavorare molto anche in fase di non possesso – ma ha difficoltà a raggiungere il terminale Ibrahimovic abilmente schermato da Brozovic, arretrato a ridosso della linea difensiva. Allo stesso modo Eriksen viene chiamato a un importante lavoro difensivo accompagnando verso l’esterno le incursioni dei giocatori avversari evitando di lasciare comode corsie a centrocampo, a cui si aggiunge il pressing nerazzurro perpetrato dagli esterni che rende faticosa l’uscita del Milan e una costruzione efficace. Le occasioni dell’Inter, che anche nella fase di ritrovata luminosità da parte dei rossoneri non diminuiscono, vengono quasi tutte dalla consueta abitudine alla ripartenza e allo shift del proprio baricentro, gestendo al meglio sia il proprio ritmo che quello della partita.

© Pianeta Milan

Il secondo tempo si apre nel segno della furia milanista per capitalizzare gli incoraggianti segnali mostrati a fine della precedente metà di gara, su tutti la conclusione di Theo Hernandez che per pochi centimentri non riapre la partita e il mancato assist di Calhanoglu per Rebic. Le occasioni più nitide per i ragazzi di Pioli arrivano infatti tutte nei primi 140 secondi della ripresa: prima un’incornata di Ibrahimovic disinnescata da un riflesso di elevatissimo calibro di Handanovic, il quale si ripete nuovamente sia sul secondo colpo di testa del numero 11 rossonero pochi secondi dopo che sul tiro dal limite dell’area di Tonali a seguire. Un avvio rocambolesco che ci suggerisce come l’inerzia della partita sia ancora estremamente mutevole e molto racconta dell’abilità dei Milan di torna in partita grazie al gioco corale e all’intesa sulle catene laterali, oltre alla tendenza dell’Inter di cadere vittima di cali di attenzione che più volte hanno compromesso partite già chiuse.

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Tuttavia è ancora una volta il collaudato gioco verticale di Conte ad avere la meglio, costruito per dominare sfruttando la rapidità degli interpreti e l’ampiezza del campo: l’incursione di Hakimi lanciato dalla sponda di Lukaku trova terreno fertile nell’apertura per Eriksen, che aziona a sua volta Perisic il quale si invola in area e filtra per l’incursione di Lautaro, messo in condizione di appoggiare da distanza ravvicinata. È l’epitome del meglio che l’Inter ha da offrire sul rettangolo verde, una squadra ormai capace di approfittare della minima incomprensione difensiva di chi ha davanti, proprio come in occasione della rete di Barella nel Derby d’Italia. Quello del raddoppio è un gol che, arrivando in un momento dove il Milan stava mostrando più iniziativa e un gioco migliore, ha il prevedibile effetto di una doccia fredda per il Diavolo.

Il terzo goal  è un assolo che ha il sapore di un riscatto per Romelu Lukaku, che raccoglie a metà campo il lancio del solito Perisic – autore di una grande prestazione off the stats – e si invola verso la porta seminando Kessiè e Romagnoli e fulminando Donnarumma con un poderoso sinistro. La marcatura del Belga concretizza l’ambiziosa idea del mostro a tre teste che l’attacco interista ha dato prova di poter essere in questa sfida: gioco aereo, approdo in area su azione verticale e iniziativa del singolo. Nell’ultima mezz’ora il Milan prova cambiare il proprio battito con l’ingresso di Leao, Castillejo e Meite ma gli avversari sono più che liberi di chiudersi in area  lasciarsi attaccare, complice il largo vantaggio e lo stato mentale privo di affanno.

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Dopo un derby con un risultato così netto è sempre un rischio tirare qualsiasi tipo di conclusione: l’Inter non è campione così come il Milan non è fuori dai giochi in alcun modo. Ci sono però dei segnali che vanno colti e monitorati: se Pioli deve infatti essere abile a raccogliere il prima possibile i cocci del suo Milan che fin’ora ha combattuto in modo encomiabile; Conte ha dato prova che l’inter sta lavorando con successo sull’arginare un certo tipo di fragilità insita nel proprio DNA, avendo vinto con carattere le due ravvicinate sfide con Juventus e Milan, da sempre le più sentite. E lo ha fatto mostrando a tutti una squadra che, al netto di una rosa sicuramente più che abbondante per il solo campionato, ha iniziato a raggrupparsi con efficacia intorno alle sue idee.

Immagine in evidenza ©inter-news.it

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Nicola Simonutti

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