L'interViStaMotomondialeMotori

Giacomo Agostini e la moto, un connubio senza tempo: “Iniziai da solo e il mio primo meccanico fu il panettiere del paese. Bagnaia è il campione di oggi”

0

Giacomo Agostini e la moto sono un connubio che non si interromperà probabilmente mai. Il fuoriclasse di Lovere ha segnato un’epoca conquistando 15 titoli mondiali fra le classi 350 e 500, passando alla storia come il pilota più vincente di tutti i tempi. A distanza di alcuni decenni dai suoi successi, “Mino” non ha interrotto la sua passione per le due ruote e a 81 anni continua ad apprezzare l’ebrezza che soltanto la moto sa regalare, grazie all‘adrenalina insita nella velocità.

Nonostante questo mondo sia cambiato parecchio, Agostini rimane comunque una leggenda del motociclismo, che continua a seguire da vicino, osservando con grande attenzione le gesta di Francesco Bagnaia, un pilota che per certi versi assomiglia al campione bergamasco. Per l’occasione ci ha aperto le porte del suo “museo”, al fine conoscere più approfonditamente la sua storia.

Le moto e le tute conservate nel “museo” di Giacomo Agostini (foto: Marco Cangelli)

Giacomo Agostini, qualche giorno fa ha compiuto 81 anni, dimostrandosi ancora particolarmente in forma. Utilizza ancora la moto?

La passione c’è sempre ed è rimasta perché la moto è sempre stata il mio grande amore. Da bambino ho sognato la moto ed è sempre stata la mia compagna con la quale ho corso e ho vinto. E sì, continuo ad andare in moto, finché posso mi diverto.

Lei è partito da una moto privata nel lontano 1962. Come si emergeva da giovane all’epoca? Era più complicato non essendoci le Academy che oggi accompagnano la carriera dei nuovi centauri?

Era molto difficile perché non c’erano a disposizione tutte le informazioni di oggi. Ci si può dotare più facilmente di guanti, tute, caschi e di tutti gli strumenti che servono per mettersi in sicurezza. Io ho iniziato da solo e addirittura il meccanico era il panettiere del paese. Era un sacrificio, però quando ami una cosa non lo è più, perché sai che puoi raggiungere un sogno.

La mitica MV Agusta con cui Giacomo Agostini che lo ha condotto al successo nel Mondiale fra il 1966 e il 1973 (foto: Marco Cangelli)

Come accade oggi con Francesco Bagnaia, lei ha creato un duo italiano vincente con l’MV Agusta. Si racconta come Carlo Ubbiali l’abbia segnalato al Conte Agusta, che ha deciso poi di testarlo. Ci racconta com’è andata?

Visto che abitavo a Bergamo, il conte chiese un parere a Ubbiali, che raccontò quanto aveva visto e quanto avevo già fatto, essendo tre volte campione italiano. Insomma, ero un esordiente, ma con diverse vittorie alle spalle.

Ai vostri tempi in ogni weekend si prendeva parte alle gare del Mondiale e a quelle del Campionato Italiano Velocità. Come gestivate i numerosi impegni e le tante prove nel corso della stessa giornata?

Alla mia epoca si era abituati a fare le due categorie, quindi ci si preparava per questi impegni e si aveva quella mentalità per affrontarli. Era dura perché, finita una gara dove eri stanco e stressato, dovevi partire per un’altra, ma era una scelta.

Ha avuto modo di sfidare ruota a ruota numerosi fuoriclasse della disciplina come Mike Hailwood, Kenny Roberts e Jarno Saarinen. Chi è stato il pilota più difficile da battere?

Ho affrontato numerosi avversari che sono stati peraltro tutti campioni del mondo, da Kenny Roberts a Phil Read passando per Barry Sheen e Mike Hailwood. Il più tosto è stato quest’ultimo, perché era il più completo.

Il primo motorino di Giacomo Agostini, ottenuto all’età di nove anni (foto: Marco Cangelli)

C’è qualche pilota attuale in cui Giacomo Agostini si rivede?

Non saprei visto che ci assomigliamo tutti e per vincere è necessario fare alcune cose che tutti devono fare. Io come Mike Hailwood ero molto freddo e tranquillo, al fine di affrontare le gare al meglio. Caratterialmente però è difficile trovare qualcuno che mi assomigli perché ognuno ha qualcosa di diverso, ma tutti per conquistare i titoli devono aver qualcosa di simile.

All’epoca purtroppo la morte vi accompagnava in pista, con la perdita precoce di numerosi piloti talentuosi come Renzo Pasolini e Jarno Saarinen, scomparsi entrambi nel 1973 a Monza. Vedendo venire a mancare diversi avversari, non avevate paura a tornare nuovamente in pista dopo questi incidenti?

Era dura, però eri consapevole che ci fosse questa componente ed eri costretto ad accettarla. Ovviamente con grande dispiacere anche perché, quando veniva a mancare un collega, pensavi subito che un giorno sarebbe potuto accadere anche a te. Ovviamente si pensava al tempo stesso che a noi non sarebbe mai capitato, ma quella è la forza per poter andare avanti.

Pensando a Giacomo Agostini vengono subito in mente le vittorie al Tourist Trophy. Ci racconta com’era quella gara divenuta leggendaria?

La trasferta durava in realtà due settimane, perché la prima settimana era dedicata alle prove. Si iniziava alle 4:45 e si smetteva alle 6:45 perché alle 7 le strade aprivano ai cittadini che dovevano andare a lavorare. Si girava attorno a questa isola dove un giro erano 60 chilometri, quindi per imparare questa pista ci voleva un po’ di tempo. Per quanto fosse pericolosissima essa ti regalava una gioia nel guidare che non ha paragoni.

La Yamaha che ha regalato a Giacomo Agostini la vittoria nella 200 miglia di Daytona (foto: Marco Cangelli)

A tal proposito, su quale circuito le piacerebbe che il Motomondiale possa tornare a gareggiare?

Imola è un tracciato impegnativo che sarebbe adatto al Campionato del Mondo. Un altro sarebbe il Nürburgring che è abbastanza pericoloso essendoci il guardrail attorno alla pista, ma per le moto è impossibile da affrontare. Era una pista molto bella e guidare lì era un’emozione incredibile.

Quanto è cambiato il motociclismo rispetto alla sua epoca? Ritiene che il progresso abbia giovato a questo sport?

E’ cambiato molto, soprattutto sul lato sicurezza. Sono stati introdotti gli airbag, sono cambiati i caschi e le tute. Banalmente la mia pesava un chilo, oggi ne pesano nove. Sono stati introdotti gli spazi di fuga che un tempo non esistevano e, se si cadeva, si finiva per sbattere contro un guardrail o contro un muro. La sicurezza è diventata un punto fondamentale. Anche se le velocità sono diventate particolarmente elevate, il numero di incidenti mortali si è ridotto di parecchio.

Guardando la situazione attuale, le Ducati stanno dominando in lungo e in largo lasciando poco spazio agli altri team. Quanto potrebbe proseguire questa situazione e come spiega la crisi di Honda e Yamaha?

Siamo un po’ tutti allibiti riguardo a ciò. Le aziende italiane sono molto più piccole se messe a confronto con i colossi giapponesi, però bisogna essere orgogliosi di ciò perché Ducati e Aprilia stanno facendo cose meravigliose, così come KTM che sta lavorando molto bene. Ci meravigliamo se la Honda o la Yamaha non riescano a primeggiare quando sono in grado di produrre 20.000 moto al giorno, ma probabilmente noi italiani siamo più bravi. Forse vincendo moltissimo, loro si sono seduti un po’, però dobbiamo essere orgogliosi di quanto sta facendo Ducati, visto che vince e lo fa con un pilota italiano portando il nome del nostro Paese.

I 15 titoli mondiali conquistati da Giacomo Agostini (foto: Marco Cangelli)

Marc Marquez ha dovuto purtroppo saltare il Gran Premio di Germania a causa delle innumerevoli cadute patite nel weekend. Purtroppo lo spagnolo sta faticando a giungere al traguardo nelle ultime gare. Come spiega questa fatica?

Lui è un pilota che vuol vincere, che non si accontenta. Cerca di sopperire la carenza della moto con la sua abilità, ma ciò lo spinge ad andare oltre il limite e in quei casi si cade. Penso che abbia capito che sia inutile rischiare più di tanto quando è difficile vincere. Ci ha provato, ma ha dovuto alzare bandiera bianca aspettando che la moto migliori e possa così dare nuovamente il 100%.

Guardando verso il futuro, secondo Giacomo Agostini chi potrebbe diventare un campione?

C’è Bagnaia che è già stato campione del mondo e che quest’anno penso possa vincere nuovamente. La moto è molto buona e lui sta guidando molto bene, quindi in questo momento credo abbia un vantaggio su tutti. E’ preparato e motivato. Ha un mezzo che lo assiste e direi che può diventare un campione.

Marco Cangelli
Giornalista presso la testata online "Bergamonews" e direttore della web radio "Radio Statale", sono un appassionato di sport a 360 gradi. Fondatore del format radiofonico "Tribuna Sport" e conduttore del programma "Goalspeaker", spazio dal ciclismo all'atletica leggera, passando per lo sci e gli sport invernali

Comments

Comments are closed.

Login/Sign up