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Il paradosso del calcio italiano: in crisi ma con un piede e mezzo in finale di Champions

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L’Italia è uno dei paesi con più tradizione calcistica del mondo: quattro mondiali, due europei e l’ammirazione da parte del resto del mondo per i risultati conseguiti dalle grandi squadre di club che hanno fatto la storia di questo sport. Nonostante la cultura e gli anni d’oro, il calcio azzurro sta vivendo un paradosso che è tipico dell’essere italiano: vivere contemporaneamente due situazioni diametralmente opposte.

Da un lato abbiamo (quasi) sicuramente una squadra italiana in finale di Champions, grazie alla vittoria dell’Inter nell’andata dei quarti di finale per 0-2 contro i portoghesi del Benfica e un’altra che uscirà sicuramente dallo scontro Milan-Napoli, dove il primo atto si è concluso con la vittoria rossonera per 1-0. Inoltre, le due milanesi stanno lottando in campionato per conquistarsi un posto in Europa l’anno prossimo dato che il podio è formato da Napoli, Lazio e Roma. Ci sarà un posto solo per due contendenti che nel frattempo si danno battaglia nella coppa “dalle grandi orecchie”. 

Poi abbiamo il rovescio della medaglia della nazionale, che vive una crisi vera e propria anche solo per identificare i giocatori. 

“In Italia non gioca più nessuno per strada. Noi giocavamo 3-4 ore per strada e poi andavamo ad allenarci, oggi questo non accade più. Non è un caso se giocatori nascono ancora in quei paesi, come Uruguay, Argentina o Brasile, dove si gioca ancora molto per strada”, così ha dichiarato l’allenatore Roberto Mancini dopo aver convocato Mateo Retegui, oriundo nato in Argentina ma con chiare origini italiane. Nonostante questi problemi nel 2021 gli ‘azzurri’ hanno conquistato un Europeo che mancava dal 1968, disputando un torneo incredibile.

Fortuna? Coincidenze? Sta di fatto che la vittoria non è riuscita a coprire le lacune che soffre da tempo il calcio nostrano, perché nel marzo 2022, a Palermo contro la Macedonia Del Nord si è materializzato, di nuovo, l’incubo già vissuto nel 2017: mancare l’appuntamento ai mondiali di calcio. Non c’è vetrina più importante che disputare la competizione più ambita in questo sport, eppure l’Italia è dal 2014 che non riesce a qualificarsi per la coppa del mondo, che nella sua storia ha già alzato quattro volte, seconda solo al Brasile con cinque titoli.

Nestorovski festeggia dopo il gol che elimina l’Italia dai mondiali

Il ct della nazionale Mancini ha sottolineato che la rinascita del calcio italiano, a livello di club, non è da attribuire a giocatori italiani, ed è questo che lo preoccupa in vista del futuro. In effetti se si osservano le formazioni delle tre squadre arrivate ai quarti della competizione continentale, ci sono solamente 9 titolari italiani, il 27%, un numero che parla da sé. Anche nei settori giovanili la presenza di stranieri aumenta sempre di più, preferendo la vittoria di un titolo minore rispetto alla formazione di giovani che faranno parte del futuro italiano. 

Altro paradosso italiano è la presenza di allenatori vincenti all’estero, con Carlo Ancelotti come punta dell’iceberg a rappresentare l’ennesima contraddizione del nostro calcio: siamo in crisi ma abbiamo avuto e abbiamo tuttora i migliori insegnanti del mondo. Se nel passato tutti ci invidiavano Capello, Sacchi, Trapattoni, Marcello Lippi oggi la situazione si ripete con Ancelotti, Conte, Allegri, Spalletti e De Zerbi che in Inghilterra sta facendo grandi cose. Il problema allora non è nemmeno la mancanza di idee. È il sistema calcio il problema?

Il futuro del calcio italiano è molto incerto, si pensa molto spesso ai bilanci e ai risultati immediati, tralasciando il percorso di formazione che necessitano i giovani per emergere in uno sport sempre più competitivo. Negli anni ’90 il Calcio italiano era simbolo di bellezza, forza e anche un vanto del tricolore. Adesso la situazione si è ribaltata e solo grazie al ritorno alle origini, in chiave moderna, si potrà tornare a competere continuamente ad alti livelli. 

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Michael Viperino

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