Basket

Kobe Bryant e la partita che fu l’apice della Mamba Mentality

0

Il 22 gennaio 2006 è una data che resterà per sempre impressa nella storia del basket. Quella sera, allo Staples Center di Los Angeles, Kobe Bryant realizzò una prestazione straordinaria, segnando 81 punti contro i Toronto Raptors. Regalando al mondo una delle più grandi imprese sportive realizzate negli anni. Tralasciando i numeri e le dinamiche di gioco che hanno reso Kobe Bryant il secondo giocatore nella storia della pallacanestro ad aver realizzato più punti in una singola partita. A 5 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 26 gennaio 2020, con questo articolo desideriamo rendergli omaggio celebrando ciò che ha rappresentato dentro e fuori dal campo, con particolare attenzione alla sua straordinaria mentalità. Kobe Bryant ha voluto imprimere un segno indelebile nel mondo del basket e oltre, dando vita alla Mamba Mentality. Questa filosofia di vita non si limita al raggiungimento di obiettivi, comuni a qualsiasi atleta, ma si concentra sul processo che porta al successo. La Mamba Mentality sottolinea l’importanza della connessione tra il percorso intrapreso e l’approccio con cui si affrontano le sfide, promuovendo una dedizione totale e un continuo miglioramento personale. Tanto che questa mentalità diventerà per i più grandi atleti della storia uno stile di vita. Quel lontano 22 gennaio 2006, fu la prova che Kobe non solo era uno dei più forti giocatori della NBA, ma dimostrò come un essere umano con una dedizione assoluta per il suo lavoro possa superare i suoi limiti ed entrare nell’olimpo dei più grandi.

Quando l’ordinario divenne straordinario

Quell’anno i Lakers erano in una stagione di transizione, con una squadra non particolarmente competitiva. I Raptors, dal canto loro, non avevano grandi aspettative quella stagione, sebbene avessero in squadra un giocatore solido come Chris Bosh, campione olimpico con gli USA ai Giochi Olimpici di Pechino 2008 assieme a Bryant. Nessuno avrebbe immaginato che quella sera sarebbe entrata nella storia della pallacanestro. Si trattava di una normale partita di regular season come le altre invece ciò che andò in scena fu la Mamba Mentality al massimo della sua espressione. Non tutti però ricordano che Kobe arrivava da un periodo di grande forma. Solo un mese prima, il 20 dicembre 2005, aveva segnato 62 punti in tre quarti contro i Dallas Mavericks. Dentro lo Staples Center non c’era alcun presupposto di vedere un singolo giocatore segnare 81 punti con il 60.9% dal campo. Fu sovrumano, considerando la difficoltà dei tiri che prese. Kobe realizzò tiri dalla linea dei tre punti con la mano debole ovvero la sinistra, dimostrazione di come il Black Mamba non sopportasse l’idea di avere dei punti deboli e si focalizzò per trovarsi a suo agio anche con la mano debole, nel suo libro infatti disse: “Dio ci ha dato due mani“.

L’incarnazione irripetibile della Mamba Mentality

Il motivo per cui la prestazione di Kobe viene ancora oggi ritenuta inimitabile, fu la combinazione di fattori che portarono a quella performance. Rendendo gli 81 punti di Bryant difficilmente replicabili. Rimase sul campo per 41 minuti, si prese 46 tiri dal campo e 20 tiri liberi, i Lakers avevano bisogno di ogni singolo punto di Kobe per vincere, il che gli permise di tirare senza limiti. Pochi giocatori nella storia hanno avuto la combinazione di talento, fiducia e determinazione necessaria per una prestazione del genere. La partita rimarrà per sempre una pietra miliare nella storia del basket e nella leggenda di Kobe Bryant. Non fu solo una dimostrazione di abilità, ma un tributo al lavoro instancabile e alla sua dedizione al gioco. In un mondo dove i numeri contano, quella prestazione è un simbolo eterno della Mamba Mentality.

Immagine in evidenza a cura di Lorenzo Angelini

Vincenzo Del Pezzo

Comments

Comments are closed.

Login/Sign up