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A ruota libera – Madonna del Ghisallo, tra storie e Storia del ciclismo

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“A ruota libera” va al di fuori delle competizioni sportive in sé ed esplora il mondo dello sport nelle sue varie sfaccettature e negli ambiti al quale si collega.

 

Com’è che tutte queste Madonne le dovevano proprio mettere in cima a una salita? potrebbe chiedersi un cicloamatore impertinente nello scalare le rampe di una delle tante ascese dedicate alla santa madre di Gesù. Da Madonna di Campiglio, teatro di una delle imprese di Pantani nonché dell’infausta espulsione dal Giro d’Italia, alla Madonna del Ghisallo, storica salita del Giro di Lombardia, senza dimenticare la Madonna di San Luca, sopra Bologna, lo strappo della Madonna di Loreto, o la “mamma schiavona” che aspetta i ciclisti in cima a Montevergine di Mercogliano. Insomma, sono tante le Madonne che costellano il cammino dei ciclisti. Anche il Santuario di Oropa, palcoscenico di una delle più memorabili azioni del Pirata, è costruito attorno a una basilica dedicata a una Vergine Nera; una madonna l’hanno posta pure sulla vetta del Blockhaus e, nonostante la salita dello Zoncolan ne sia priva, pare che molti corridori, arrivati stremati in cima, l’abbiano comunque vista.

In tutto questo fiorire di santità, vi era solo l’imbarazzo della scelta per chi avrebbe avuto l’onere di essere la protettrice della categoria: l’incombenza spettò alla Madonna del Ghisallo, grazie al suggerimento dell’allora parroco di Magreglio, Ermelindo Viganò, che persuase papa Pio XII a eleggere proprio la Madonna della sua parrocchia a patrona dei ciclisti e delle loro disavventure. Nel 1949 il pontefice procedette alla proclamazione e una torcia di bronzo venne accesa a Roma e portata dai corridori del Giro a Magreglio, con una staffetta che vide Bartali e Coppi come ultimi tedofori. Il Giro di Lombardia era una corsa molto sentita dai due campioni e la salita del Ghisallo ne era il cuore. L’ascesa da Bellagio a Magreglio si inerpica tra i due rami del lago di Como, non lontano dalle ville ottocentesche di Canzo.

Interno del santuario della Madonna del Ghisallo  ©ChiesadiMilano.it

In cima alla salita, sotto il cielo di Lombardia, che è così bello, quando è bello, per citare Alessandro Manzoni, quasi inflazionato da queste parti, si erge il santuario della Madonna del Ghisallo. Al suo interno, è custodita, tuttora accesa, la fiaccola di bronzo a memoria della staffetta del ‘49. Alle pareti della cappella sono appese le biciclette di illustri corridori, da Coppi a Pantani, da Merckx al compianto Casartelli, che perse la vita lungo la discesa del Portet d’Aspet al Tour del 1995. Tra le biciclette spicca quella di Alfonsina Strada, unica donna che gareggiò insieme ai colleghi uomini sulle strade del Giro d’Italia e del Giro di Lombardia, all’inizio del secolo scorso. Sempre all’interno del santuario, una parete è dedicata ai troppi ciclisti scomparsi in un incidente in corsa o sulle strade di allenamento. Usciti da questo luogo di raccoglimento si apre una finestra sui monti lombardi: dalla Grigna, la montagna cattiva, al massiccio del Resegone, con uno scorcio sul lago; sul medesimo pianoro è stato posto il monumento ai ciclisti, nonché il busto di Binda, Bartali e Coppi a rimarcare quanto questa salita fosse sentita dai più diversi campioni.

Panorama da Madonna del Ghisallo ©Tripadvisor

Non è un caso che Coppi detenga il record di cinque vittorie della Classica delle Foglie Morte e che, anche quando non ha vinto, sia stato l’anima della corsa. Un aneddoto curioso, in merito al giro di Lombardia del ‘56, vale la pena di essere raccontato: è una stagione difficile per il Campionissimo, prima contrae il tifo, una malattia all’epoca ancora pericolosa, poi un importante infortunio, in seguito a una banale caduta al Giro d’Italia, sembrano comprometterne definitivamente la stagione; del resto ha ormai trentasette anni. Il campione di Castellania, paese che peraltro ora porta il suo nome, non ci sta a chiudere in sordina e prepara intensamente il finale di stagione: vuole riscattarsi al Lombardia. Come faceva quando era nel fiore degli anni Coppi attacca proprio sul Ghisallo e non ce n’è per nessuno: Van Looy, Magni, Bobet sono tutti alla deriva arrancando sulle sue rampe. Poco dopo lo scollinamento, una delle auto al seguito della corsa, supera il gruppetto di inseguitori: a bordo della vettura vi è la Dama Bianca, Giulia Occhini, passata alla storia per le vicissitudini legate alla sua relazione con il Campionissimo – la questione delle auto in corsa è stata molto dibattuta, anche negli ultimi anni, ma evidentemente è pratica antica. Nel superare il gruppetto, la Dama fa uno sberleffo a Fiorenzo Magni con cui non era in buoni rapporti. La cosa fa saltare la mosca al naso al corridore toscano che risponde per le rime e giura in cuor suo che, costi quel che costi, andrà a riprendere Coppi. Il drappello, rassegnato fino a quel momento, si desta dal torpore e comincia un inseguimento sfrenato: il fuggitivo viene ripreso da un gruppo di diciotto corridori quando già si trova a Milano: al Vigorelli va in scena la volata, Coppi resiste alla rimonta di Magni ma si lascia sfuggire il giovane francese Darrigade che lo beffa di pochi centimetri, facendo cadere il velodromo in un silenzio tombale. Il francese coglie la vittoria e Coppi in lacrime esce da una porta di servizio per evitare il pubblico: un ciclismo molto di cuore, dove una parola storta poteva modificare gli equilibri della corsa. Sullo stesso pianoro, in cima alla Madonna del Ghisallo, è presente anche l’altro protagonista di questo aneddoto: Fiorenzo Magni, spesso chiamato “il terzo uomo”, dall’omonimo film di Hitchcock, in riferimento al suo gareggiare spalla a spalla con i due mostri sacri Bartali e Coppi. Magni è stato infatti il fondatore del museo del Ghisallo, che si trova quasi innanzi al santuario, accanto al quale è stato eretto un busto in sua memoria.

Interno del museo del ciclismo ©Tripadvisor

Il museo del Ghisallo è interamente dedicato, e non poteva essere altrimenti, al ciclismo: qui sono custodite le biciclette dei grandi campioni, le loro maglie, nonché documenti che permettono di ricostruire la storia della bicicletta, dai suoi esordi alla contemporaneità, passando attraverso i grandi personaggi che l’hanno interpretata. In cima a questa salita storica, la presenza del museo concretizza il simbolo di una cultura, quella della bicicletta, che ha attraversato più di un secolo accompagnando i mutamenti del nostro paese: la collezione continua a crescere con le donazioni dei cimeli da parte dei campioni moderni e di tutti i corridori che sono entrati, per dirla con Terence Hill in “Il mio nome è nessuno”, nei libri di Storia. Dopo un anno in cui, per il contenimento della pandemia da COVID-19, i musei sono stati spesso chiusi, anche quello del Ghisallo attende paziente i nuovi visitatori che saliranno le rampe della storica ascesa della classica delle Foglie Morte per visitare le sue sale piene di Storia.

 

Immagine in evidenza: ©TouringClub

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Riccardo Avigo

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