Day 10
Più o meno quindici giorni fa Marco D’Onorio, ormai leggendario boss di Vita Sportiva, mi proponeva l’idea (venuta, pare, a Luca Montanari) di questo diario olimpico quotidiano. Sono venticinque anni che le Olimpiadi rappresentano una delle cose più importanti della mia vita, da quella sera di Atlanta con Kerri Strug (e qui non ho tempo per raccontarvela). Allora ho accettato, poter esprimere tutto questo era un’occasione irrinunciabile. Mai, però, mi sarei nemmeno sognato di immaginare questo 1 Agosto 2021. Perché adesso, credetemi, non riesco a scrivere.
La giornata di oggi non esiste, ci sono soltanto quelle tre ore. E’ tutto un avvicinamento, per la prima volta in dieci giorni decido perfino di dormire un po’ dopo la sessione notturna di nuoto e atletica. Devo arrivare in forma anch’io all’appuntamento con qualcosa che adesso non so davvero neanche come definire. Storia, leggenda, mito, continueremo tutti ad usare queste ed altre parole simili per comodità, ma obiettivamente non sono abbastanza. Non per me almeno.
Poco dopo mezzogiorno, l’Olympic Stadium di Tokyo annuncia i finalisti del salto in alto in stile NBA, come si usa ormai da qualche anno. Vedo l’ingresso di Gimbo e ho già il cuore colmo. In questi cinque anni l’ho seguito con ancora maggior interesse, nel mio piccolo ho potuto raccontarlo. Come ho sempre detto, era il percorso fatto fin lì a emozionarmi. La voglia di pensare a questo giorno fin da quello successivo all’infortunio che gli costò Rio 2016, proprio quando era all’apice, il più forte di tutti. Nessuno come lui ha contato i giorni e le ore che hanno separato Rio da Tokyo. Ma davvero nessuno! Non è passato un solo singolo giorno in cui non ci abbia pensato, dimostrando anche di non aver paura di fallire, un insegnamento enorme.
Il personaggio Tamberi a molti fa storcere il naso. Lo capisco, è esagerato, strabordante, sembra sempre sopra le righe. Vi dirò di più, probabilmente non esiste persona più distante da come sono io. Però è genuino, è questo, si capisce che è come lo vediamo, che non c’è nulla di costruito. E allora mi va benissimo così com’è, anche esagerato. Ma questo suo esporsi così, diciamocelo, è pane per i denti di chi non aspetta altro che le cose vadano male. Li vedo, sono pronti.
La gara inizia, ma ci vorrà un po’ per entrare nel vivo. Intanto è tempo di quello che per tutti gli altri è l’appuntamento più importante. Non che per me non lo sia, anche se nel mio cuore Gimbo è Gimbo. Ma i 100 metri sono i 100 metri: se state leggendo, vuol dire che non c’è bisogno che ve lo spieghi. E poi io sono un ex centometrista, anche se solo di livello scolastico. Anzi, c’è un piccolo dettaglio curioso che lega la mia brevissima parentesi da centometrista a Marcell Jacobs.
Ho partecipato ad un campionato italiano scolastico di Atletica Leggera, senza grandi risultati, mi sono fermato al massimo a 11”36, niente di che. Ma quel campionato si svolgeva proprio a Desenzano del Garda, dove Marcell è cresciuto. Era il 2001, aveva solo 7 anni. Ora è qui e sta vivendo una cosa enorme. Anche lui ha una storia mica male alle spalle. Se non avesse preso medaglia, avrei voluto vederla la gente parlargli di delusione e fallimento. Intanto fa il record europeo in semifinale. Qui inizio a sentirmi splendidamente male. Ho visto un italiano fare il record europeo dei 100 e adesso si giocherà la finale olimpica. Pazzesco, 9”84! Non avevo ancora visto nulla.
Marcell rientra e va a prepararsi, mentre la gara del salto in alto entra nel vivo. Io seguo Raidue, ma non voglio perdermi nulla della gara di Gimbo, me lo merito, allora Discovery piazzato fisso sulla pedana. E faccio benissimo, anche perché il fondamentale tg2 delle 13.00 arriva puntuale. Mi indispone più del solito, perché viene a invadere la dimensione altra in cui sono piombato.
Sarò sincero, in questi anni il livello di Gimbo non mi ha mai fatto concretamente sperare in una medaglia qui a Tokyo, soltanto gli ultimi mesi hanno aperto uno spiraglio. Ma all’oro non ci penso proprio, Barshim salta come una divinità. Gianmarco, però, sta andando benissimo. Niente errori ancora. E si sale. Gli altri non reggono il livello. In pista succedono tante altre cose enormi: Yulimar Rojas fa il record del mondo femminile del triplo, Sibilio va in finale nei 400 ostacoli, Luminosa Bogliolo fa record italiano dei 110 ostacoli.
C’è un’atmosfera generale da pellicola hollywoodiana. Io sento aria di crescendo rossiniano. Quando Gimbo fa 2.35 al primo tentativo, quel poco di controllo di me che avevo inizia a dissolversi. Quando sono tanto nervoso ed emozionato faccio molta fatica a rimanere fermo, oggi è più complicato che mai. A 2.35 siamo ancora in troppi, questo mi preoccupa. Soprattutto è spuntato dal nulla un coreano che mi indispettisce particolarmente. Fare 2.37 mi sembra un miraggio, quando Gimbo ci riesce al primo tentativo e in pedana spunta il gesso con la scritta “Road to Tokyo 2020” il cuore mi scoppia. Non ha ancora fallito un salto, che gara sontuosa! È primo al pari di Barshim e lì resterà. I 2.39 sono troppo per tutti.
Se negli scorsi giorni mi ero emozionato fino alle lacrime già altre volte, stavolta sto proprio piangendo. Senza freni, come se il campione olimpico fosse mio fratello. Nel momento in cui Tamberi e Barshim decidono di non spareggiare il mondo per me si è fermato. La voce di Bragagna è un balsamo, quanto ce lo meritiamo. Non posso nemmeno lontanamente immaginare cosa stia provando Gianmarco, benvenuto nel tuo sogno, Gimbo!
La sera precedente Marco D’Onorio aveva assegnato i soliti tweet per l’account di Vita Sportiva, quello sul salto in alto è toccato a me, ma ho davvero gli occhi pieni di lacrime, testa e cuore colmi di emozioni e le mani non mi reggono. Alla fine ce la faccio, ma ho la prontezza di spirito di chiedere di essere esonerato dal tweet sulla finale dei 100 che sta già per partire. Non posso farcela, anche perché io sono convintissimo da ieri che questo oro lo vincerà proprio lui, Lamont Marcell Jacobs.
Ai miei amici di Vita Sportiva in chat non oso dirlo, perché ormai so bene quanto siano scaramantici sui pronostici, ma ogni volta che mi parlano di De Grasse favorito, faccio loro capire che io non lo vedo poi così tanto favorito. Marcell ieri mi ha impressionato correndo 9”94 corricchiando gli ultimi 10 metri, poi in semifinale ha fatto 9”84 partendo male, ora c’è la finale. E non devo certo raccontarvela. Quel “Marcelloooo… Marcelloooo…” di Bragagna va a far compagnia al “Marcello, come here” di Anita Ekberg in La Dolce Vita.
Quando Jacobs chiude la sua corsa tra le braccia di Gimbo, il pianto ricomincia inesorabile. L’uomo più veloce della terra è italiano, ed anche quello che salta più in alto. E lo abbiamo scoperto nel giro di meno di un quarto d’ora. Ho già sentito tanti dire che questo è uno dei momenti più belli dello sport italiano, alcuni dicono il più bello. No, è di più. L’abbraccio tra i due avvolti dal tricolore semplicemente è lo sport italiano, tutto. Dal 1896 a oggi. Sta magnificando tutta una storia fantastica, i suoi campioni, le vittorie, le imprese di ogni sport. Sotto quella foto sento nitida la voce del “Principe” De Gregori: “la storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso…”. La sentite anche voi, vero?
È un’apoteosi di sensazioni alle quali non riesco a dare un nome, alle quali non servono altre altre parole. L’unica cosa che mi sento di aggiungere è: Hollywood, ti sfido a creare di meglio.
Pare che Gimbo abbia dichiarato che da oggi non riuscirà più a dormire. No, stanotte Tokyo non dorme.
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