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Tabor 2024: un tuffo nel futuro

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Questo weekend a Tabor si sono svolti i Mondiali di ciclocross (qui una breve preview uscita venerdì) . Tra risultati in campo e negoziati sul tavolo, questo fine settimana potrebbe essere ricordato come uno di quei momenti capaci di segnare una linea di demarcazione abbastanza chiara tra il prima e il dopo di questo sport, sia dal punto di vista sportivo che mediatico. Tra le vittorie dei soliti campioni delle due ruote e nuovi fenomeni che si affacciano con forza nel mondo dei grandi, ecco un breve riassunto di ciò che è stato questo weekend mondiale.

Venerdì, ovvero l’arte dei rigori.


Il venerdì si è svolto il team relay con la vittoria della Francia davanti alla Gran Bretagna e al Belgio, con l’Italia al quinto posto. Nonostante il primo vero approccio nel ciclocross sia avvenuto solo due anni fa, abbiamo avuto modo di familiarizzare con questo formato. Ciò che suscita interesse è l’approccio delle diverse nazionali nei confronti dei sei corridori coinvolti. Come nella lotteria dei rigori, ogni nazione ha la propria filosofia con i suoi pregi e difetti. Alcune scelgono di far tirare il primo rigore al più forte, mentre altre preferiscono riservare questa decisione all’ultimo momento. Le dieci nazionali partecipanti hanno dunque giocato tatticamente nel tentativo di sorprendere le altre.

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Un esempio su tutti, che ha lasciato un po’ di stucco anche i commentatori, è stato l’approccio dell’Inghilterra. Potendo contare su due frazionisti di primo ordine, come Zoe Backstedt e Cameron Mason, i britannici hanno giocato le proprie carte migliori con imprevedibilità.

Zoe Backstedt è partita per prima, mentre tutte le altre nazionali hanno preferito iniziare con uomini under 23 o juniores. La strategia si è rivelata ottima. Backstedt è riuscita a dare il cambio all’uomo junior una decina di secondi dopo i suoi colleghi uomini. Così nel giro di mezza gara l’Inghilterra si è trovata davanti e sembrava già aver messo la vittoria in cassaforte, davanti alla Francia e agli Stati Uniti, questi ultimi poi soppiantati dalle grandi prestazioni delle altre nazionali che potevano contare su atleti élite di ottimo livello.

Solo delle grandissime prestazioni di Hèlene Clauzel e Aubin Sparfel hanno privato l’Inghilterra della gioia iridata. L’azione di Clauzel, per riprendere Anna Kay, e di Sparfel poi, per tenere testa a Cameron Mason e batterlo in volata, hanno permesso alla Francia di affermarsi come campioni del mondo. Questa vittoria testimonia ancora una volta il grande lavoro che la nazionale transalpina sta facendo nel settore giovanile, dove occupa stabilmente le posizioni di testa.

L’Italia, per metà gara, grazie alle ottime frazioni di Filippo Agostinacchio e Stefano Viezzi, è stata in lizza per il podio. Poi, vuoi per una giornata storta di Valentina Corvi ed Elisa Ferri, vuoi per la superiorità di altre nazionali, ci siamo dovuti accontentare della quinta posizione.

C’è però da aggiungere il fatto che uno dei nostri frazionisti, Filippo Fontana, è stato sostituito all’ultimo momento e non sappiamo con certezza quanto questo abbia potuto influire, anche sulla freschezza del sostituto, che forse non aveva previsto di fare questo sforzo. Tuttavia, non c’è motivo di essere delusi.

Sabato

Donne Junior

La rassegna del sabato si è aperta con la gara delle donne junior. Una particolarità del percorso di essa è da rintracciarsi anche nell’escursione termica. Durante la notte, la temperatura è scesa sempre sotto lo zero, ghiacciando tutto. Man mano che il tempo passava, il terreno si è via via ammorbidito, rendendo le condizioni sempre più complicate da decifrare sia per i corridori che per lo staff. Così, anche un settaggio di ruote diverso può essere risultato decisivo.

La gara delle donne junior ha visto un’ottima partenza delle slovacche e delle ceche. Ma subito dopo si sono portate in testa Viktoria Chladanova (Slovacchia), Célia Gery (Francia) e Cat Ferguson (Inghilterra), che hanno dimostrato di avere una marcia in più rispetto alle coetanee, sia a livello tecnico sia a livello di resistenza. Poco più dietro, nella terra di nessuno, si trovavano Puck Langenbarg (Olanda) e la ceca Katerina Douderova. All’ultimo giro, sembrò che Chladanova avesse ancora più energie. Infatti è lei a prendere la testa al suono della campanella per cercare di staccare le altre, senza però riuscirci.

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Sembra tutto pronto per una volata a tre, ma Célia Gery riesce a creare un piccolo divario mantenuto fino all’arrivo. Oro per Gery, argento per Cat Ferguson (Inghilterra) e bronzo per Chladanova. La migliore italiana è Elisa Ferri, arrivata diciottesima.

Uomini Under 23

Nella gara degli uomini under 23 c’è stata meno incertezza rispetto alla gara precedente. Al primo ingresso nel fango, uno dei favoriti, il neerlandese Ward Huybs, è stato trascinato giù dall’americano Andrew Strohmeyer e le sue possibilità di essere protagonista sono svanite così.

Dal primo giro, i due più attesi protagonisti, l’orange Tibor Del Grosso ed il belga Emiel Verstrynge, se ne sono andati. Jente Michels, belga e già campione europeo, è riuscito a rientrare, mentre il francese Leo Bisuax è rimasto leggermente indietro. Dal secondo giro, Del Grosso ha iniziato a fare una gara solitaria, continuando a guidare con una naturale eleganza per tutto il resto della competizione e portandosi a casa il titolo mondiale con scioltezza, quasi a voler anticipare quello che avrebbe fatto il suo connazionale il giorno dopo.

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Verstrynge non affonda subito e ha cercato di reggere, ma dalla seconda metà della gara ha iniziato a sentire lo sforzo ed è stato raggiunto da Michels, dando poi vita a una bella lotta per le restanti medaglie, vinta infine da Verstrynge. Il corridore belga della Crelan-Coredon, che ha già dimostrato tanto tra i grandi, è stato bravo a non perdere di morale quando Michels sembrava avere tutto dalla sua parte.

Quarto e quinto sono stati due francesi, Leo Bisiaux e Remi Lelandais. Sesto è giunto il canadese Ian Ackert. Settimi e ottavi gli altri due belgi Victor Vandeputte e Yordi Corsus. Nono il francese Groslambert e a completare la top 10 Arne Baers, belga.

Gli italiani in gara, Luca Paletti e Filippo Agostinacchio, hanno concluso rispettivamente al ventiquattresimo e ventisettesimo posto.

Donne élite

Tutto è andato come previsto. La prova delle donne elite è proceduta esattamente come tutti si aspettavano. Vittoria schiacciante di Fem Van Empel, seguita da Lucinda Brand, con a completare il podio tutto color arancione Puck Pieterse.

Nei giorni precedenti molti riflettevano su quali potessero essere diversi scenari possibili, sapendo già che, a meno di eventi infausti, la dominatrice sarebbe stata la portacolori della Visma-Lease a Bike. Questa volta sono bastati poco più di due minuti per creare un profondo divario tra lei e il resto del gruppo. Quello che all’inizio era solo un piccolo distacco è diventato gradualmente abissale. Basti pensare che Brand è arrivata con un ritardo di un minuto, mentre Puck Pieterse è stata distanziata di quasi due.

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Il resto della top 10 vede Ceylin del Carmen Alvarado (Olanda), Laura Verdonschot (Belgio), la nostra Sara Casasola, Annemarie Worst (Olanda), Clara Horsinger (USA), Hinge van der Hejden (Olanda) e Magalie Rochette (Canada).

Su Casasola si può dire che questo sesto posto per come è stata la settimana di avvicinamento sia un grandissimo risultato. L’atleta friulana aveva avuto problemi respiratori ad Hoogreide ed è stata costretta a ritirarsi. Vederla lì a lottare certifica il fatto che ormai sia tra le grandi di questo sport e questo non può che renderci felici.

Domenica

Uomini Juniores

La domenica si è aperta con la più grande soddisfazione per i nostri colori. Il friulano Stefano Viezzi si è laureato campione del mondo nella categoria juniores. Era dai tempi di Davide Malacarne, nel 2005, che non vincevamo il mondiale di categoria. Dopo la vittoria nella classifica generale di Coppa del mondo si può dire che il mondiale sia il coronamento di una stagione perfetta per lui.

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Così perfetto che sembra che Sven Nys abbia posato gli occhi su di lui. Considerando l’universo Trek, che comprende la squadra di ciclocross Baloise-Trek Lions e la squadra su strada Lidl-Trek, potrebbe rivelarsi la scelta migliore affinché questo mondiale segni l’inizio di molte soddisfazioni.

Passando al riassunto della gara, fin dalla partenza il francese Aubin Sparfel parte con un ritmo indiavolato per mettere in fila tutti. Sparfel aveva già dimostrato di essere in forma dal team relay di venerdì, ma Viezzi non si è mai fatto sorprendere. Non ha mai strappato per rientrare sotto ed ha cercato di mantenere una buona progressione. Quando la lotta si è fatta serrata, si sono alternate diverse traiettorie e cambi di bicicletta. Fino alla foratura della ruota posteriore che ha messo fuori gioco Sparfel, avvenuta proprio dieci metri dopo il box, costringendolo così a fare mezzo giro sul cerchio. Il francese viene poi superato da Keije Solen (Olanda) e Krystof Bazant (Repubblica Ceca).

Qualcuno potrebbe definirlo una botta di fortuna, ma come dice sempre Ilenia Lazzaro, “non si fora per caso”.

Nelle ultime battute di gara, Viezzi, che era in testa da un po’ di tempo, si prende un bel rischio andando a sbattere contro una transenna. Fortunatamente è stato solo uno spavento di mezzo secondo e poi è ripartito verso il trionfo iridato.

Donne Under 23


La gara riservata alle donne Under 23, vinta da Zoe Backstedt, è praticamente durata cinque minuti. Dopo la classica partenza fulminea della lussemburghese Marie Schreiber, in appena cinque minuti l’inglese della Canyon-Sram è riuscita a dilagare e a chiudere la pratica guidando nel fango con la sua solita potenza.

Nella sua breve carriera è diventato evidente che più il fango diventi pesante, più Zoe Backstedt diventi leggera. Tanto da sembrare non sentire il fango sotto le ruote, trasformandolo lentamente in un tappeto da biliardo.

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Nel frattempo, Schreiber, che inizialmente aveva cercato di reggere il passo, dopo alcuni errori di troppo si è ritrovata dietro a Leonie Bentveld (Olanda) e Katarina Zemanova (Repubblica Ceca). Queste due atlete hanno dato vita a una battaglia molto avvincente per le medaglie, risolta con l’assegnazione della medaglia d’argento alla ceca. È da segnalare il quarto posto della canadese Isabella Holmgrem, al suo primo anno tra le under, protagonista di una gara in rimonta. Al primo giro si trovava fuori dalla top 10, ma negli ultimi due giri ha pedalato allo stesso ritmo delle prime, riuscendo a riportarsi sotto. Con un giro in più, probabilmente sarebbe finita sul podio.

Uomini élite ovvero dell’essere Joris Nieuwenhuis

Prendiamo in considerazione per un momento la stagione dell’olandese Joris Nieuwenhuis:

  • Cinque vittorie.
  • Diciannove piazzamenti nei primi 5.
  • Secondo posto nella classifica generale delle UCI Cyclocross World Cup.
  • Secondo posto nella classifica generale del Telenet Superprestige.
  • Campione nazionale nella specialità.

Il coronamento di questa eccellente stagione sarebbe potuto essere un titolo mondiale; sarebbe stato meritato per il buon Joris.

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C’è un piccolo dettaglio da considerare: Joris Nieuwenhuis ha conquistato il podio mondiale, ma solo il secondo gradino. Il primo, come nove anni fa a Tabor, è occupato da uno degli esseri umani più forti in bicicletta degli ultimi tempi: Mathieu van der Poel.

Con 13 vittorie su 14 partecipazioni, solo l’incidente contro un palo a Benidorm lo ha privato di una serie di vittorie degna di quella di Undertaker a Wrestlemania. Tuttavia, non credo che ciò preoccupi molto il buon MvdP. Il sesto mondiale era l’obiettivo dichiarato della stagione e lo ha raggiunto, senza fatica, con una pratica sbrigata già al primo giro.

Poi, via tutti i soliti protagonisti del ciclocross: Nieuwenhuis ha conquistato la medaglia d’argento, seguito da Michael Vanthorenhout (Belgio) al bronzo. Seguono Pim Rhonaar (Olanda), Eli Iserbyt (Belgio), Jens Adams (Belgio), Michael Boros (Repubblica Ceca), Witse Meeuseen (Belgio), Thibau Nys (Belgio) e Felipe Orts Lloret (Spagna).

Ora non è certo se van der Poel sarà presente anche il prossimo anno sui campi da ciclocross. L’anno olimpico è particolare, soprattutto quando sei campione del mondo su strada e nel ciclocross e vuoi concentrarti su una terza disciplina: la mountain bike.

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In alcune dichiarazioni, sembra che van der Poel non abbia più nulla da dare in questo sport, avendo praticamente vinto tutto. A riguardo, l’olandese ha lasciato spazio a diverse interpretazioni. Ai microfoni di Cycling News si è espresso in questo modo: “È una decisione che ovviamente non posso prendere da solo. Ne parleremo con tutta la squadra. Il ciclocross in inverno richiede molte energie; se capisco che riesco a performare bene su strada saltando il ciclocross, allora lo farò.”

Questo mondiale di ciclocross è stata anche l’ultima gara di Zdenek Stybar, dominatore della specialità prima dell’arrivo di Mathieu van der Poel e Wout van Aert. Scene commoventi all’arrivo quando si vede il corridore ceco piangere lungo tutto l’ultimo giro, ricevendo la meritata standing ovation dal pubblico di casa.

Cosa ci lascia questa rassegna iridata?

Concluso questo weekend mondiale, emergono alcune considerazioni significative. La prima cosa da notare è il fatto che i vincitori delle categorie Under 23 ed Élite siano stati tutti atleti impegnati più o meno regolarmente su strada, un fenomeno che fino a qualche anno fa avveniva raramente. Ad esempio, abbiamo Mathieu van der Poel, campione del mondo anche su strada, e Tibor del Grosso, che compete su strada con la Alpecin-Decuninck (una squadra che rappresenta al meglio la multidisciplinarietà).

Anche tra le donne, Fem van Empel ha vinto una tappa al Tour de l’Avenir e sembra che quest’anno parteciperà a molte più gare su strada, così come Zoe Backstedt, che tra le categorie Junior ed Under ha già vinto diversi mondiali con ogni tipo di bicicletta.

Questo trend riflette l’evoluzione del ciclismo come sport negli ultimi anni. Sempre più persone riescono a combinare le varie discipline con successo, cosa che in passato non era ben vista, seppur ancora oggi non lo è in Italia, diciamocelo chiaro.

Non è un caso che questo trionfo degli stradisti avvenga nel weekend in cui l’UCI abbia annunciato una riforma del calendario invernale del ciclocross come lo conosciamo. Si parla di una Coppa del Mondo più compatta nel periodo di dicembre/gennaio (con 10/12 gare), così da permettere una più ampia partecipazione degli atleti che altrimenti si vedrebbero limitati a partecipare solo ad un numero ridotto di eventi, data la sovrapposizione con altri impegni.

Intervistato da HLN, Thomas van der Spiegel, capo di Flanders Classic (organizzatrice della UCI Cyclocross World Cup), si è espresso in questi termini:

“Il ciclista del futuro è multidisciplinare. Non sto parlando solo di van der Poel, van Aert e Pidcock, ma anche di van Empel, van Anrooji, Pieterse, Backstedt e Thibau Nys. Questa è la prossima generazione che emulerà Mathieu, Wout e Tom. Non possiamo più chiedere ai corridori di adattarsi al calendario. Sembra più logico che la Coppa del Mondo si adatti al corridore del futuro. Dobbiamo trovare un format che permetta a questi corridori di lottare per la vittoria nella classifica generale della Coppa del mondo. Per questo motivo dobbiamo fare in modo che la Coppa del Mondo abbia luogo tra dicembre e gennaio, senza però toccare il periodo natalizio. Nel futuro sarà ancora possibile gareggiare nel ciclocross da settembre alla fine di febbraio, ma nelle gare bisogna assicurarsi di avere i corridori migliori ai nastri di partenza.”

Dal punto di vista dell’organizzazione, è un ragionamento più che comprensibile. La mancata partecipazione alle gare di Coppa del Mondo da parte di ciclisti come van der Poel, van Aert e Pidcock equivale a una perdita di audience e di interesse da parte dei media, che creano questa narrazione dei “Big Three”.

Tuttavia, sorge spontanea la domanda su quale sia il pensiero dei vari Eli Iserbyt, Lars van der Haar, Michael Vanthorenhout, Joris Nieuwenhus e di tutti quei ciclocrossisti che fanno di questa disciplina la loro principale fonte di guadagno e visibilità sportiva. Per molti di loro, la vittoria in una tappa di Coppa del Mondo può cambiare l’andamento di una stagione, sia in termini sportivi che economici, mentre per i fenomeni sopra citati è solo un altro successo.

Viene anche da chiedersi cosa ne pensino gli organizzatori degli altri due grandi trofei, il Telenet Superprestige e il x20 Bandkameers Trofee. Vorranno anch’essi la loro fetta dei “tre tenori” o si adatteranno alla scelta cercando di valorizzare i ciclocrossisti full-time?

Le risposte non si faranno attendere. Il calendario della prossima UCI Cyclocross World Cup uscirà durante la stagione delle classiche e già allora si potrà capire qualcosa. Speriamo che non vengano fatte scelte che snaturino lo spirito di questo sport.

Giuseppe Sassano

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