Calcio

Asia-Europa solo andata: la consacrazione di Heung-Min Son

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Quando a gennaio il Tottenham perde per infortunio Harry Kane e Dele Alli, le prospettive per gli Spurs si fanno improvvisamente più scure. Fortunatamente non si tratta di problemi fisici gravi ma privarsi di due terzi dell’attacco titolare alle porte degli ottavi di finale di Champions League e nel mezzo del fitto calendario inglese diventa un problema.

Non è tanto una questione di assenza di alternative perché quelle, in effetti, non mancano e si chiamano Son, Llorente, Lucas Moura e Lamela. Il punto è che nessuno dei quattro è un realizzatore puro come Kane o un rifinitore capace di segnare con la puntualità di Alli, per caratteristiche o momento della carriera (nel caso dello spagnolo). Trovare la via del gol potrebbe rivelarsi difficile.

Prima di fasciarsi la testa però, Maurizio Pochettino fa la cosa più semplice di tutte: schiera punta centrale Heung-Min Son, il più costante per numero di presenze fra le alternative a sua disposizione; con lui ruoteranno gli altri tre. Pur dovendo fare i conti con gli impegni che il sud coreano deve rispettare con la nazionale sul finire del mese, l’esperimento si rivela molto positivo.

Le assenze di Kane e Alli non saranno indolore (gli Spurs escono da Coppa di Lega e FA Cup contro Chelsea e Crystal Palace) ma sarà proprio Son a regalare gol e punti in Premier League e in Champions, contro il Borussia Dortmund, trovando una continuità realizzativa che mai aveva conosciuto in carriera, né al Bayer Leverkusen, né all’Amburgo.

Gli inizi

Per arrivare sin qui, il percorso nel calcio europeo di Son parte proprio dalla Germania dove arriva all’età di 16 anni. Il nativo di Chuncheon, città capoluogo della provincia di Gangwon, cresce nelle giovanili del Football Club Seoul che milita nel campionato sud coreano, la K League. Un palcoscenico che Son però non conoscerà mai perché il suo talento lo porterà a fare il salto direttamente dall’academy all’Europa.

E’ l’osservatore e agente tedesco Tim Bleimeister a portarlo all’Amburgo nel 2008 coronandone il sogno: “Avrei potuto giocare a casa nella K League, ma come giocatore l’Europa è dove vuoi giocare, contro le migliori squadre. Non c’è mai stato un momento in cui mi sia pentito della scelta che ho fatto”, ha dichiarato il coreano a FourFourTwo.

Nessuno spazio per rimorsi o pentimenti quindi, sebbene l’impatto iniziale non fu semplice: Quando arrivai non avevo amici, nessuno venne con me dalla Corea. Alcune volte sentivo la mancanza di casa ma volevo giocare da professionista in Europa; ero venuto qui per questo”.

Dopo il primo anno nell’Under-17 dell’Amburgo il sogno rischia di rompersi perché dai tedeschi non arriva l’offerta di un nuovo contratto. Di rientrare in Asia non se parla e seguono allora una serie di provini tra le giovanili del Bochum, sempre in Germania, e in Inghilterra, al Blackburn e al Portsmouth: nulla di fatto. Sarà però il buon Mondiale U17 giocato con la Corea del Sud a (ri)convincere l’Amburgo che in effetti converrebbe puntare su di lui. Da quel momento Heung-Min non lascerà il club per i successivi cinque anni.

In 78 partite segna 20 goal e copre ogni zona dell’attacco, principalmente da punta centrale ma spesso sulle fasce. All’epoca è lui stesso a definire il suo gioco “sempre col piede sull’acceleratore” e osservando questa rete contro l’Austria Vienna in amichevole si capisce bene il perché.

 

E’ il gennaio del 2013 e Son è un punto di riferimento per la squadra allenata da Thorsten Fink. Tanto è vero che in  quella stagione lascerà il segno in due partite in particolare: sia all’andata che al ritorno contro il Borussia Dortmund bi-campione in carica e steso grazie anche alle sue due doppiette (il BVB diventerà uno dei suoi bersagli preferiti nei futuri capitoli della carriera).

Son si posiziona così sulla mappa del lanciatissimo calcio tedesco, incassa gli elogi di Ruud Van Nistelrooy che ne ha seguito la crescita  dalle giovanili dell’Amburgo (“E’ qualcosa di speciale”) e spinto dal desiderio di misurarsi sul panorama delle coppe europee si trasferisce in estate al Bayer Leverkusen.

Una nuova dimensione

Il calcio veloce e accelerato praticato dalla stella della Corea del Sud raggiunge il punto di massima espressione nell’incontro con Roger Schmidt, che diventa allenatore delle Aspirine nel luglio 2014.

Il primo anno di Son al Bayer, allenato da Sami Hyypiä, è molto positivo: 43 presenze con 12 goal, tra cui quello al Dortmund (che non può mancare), la tripletta da ex contro l’Amburgo e questo missile in casa del Borussia Mönchengladbach con esultanza “alla Ibrahimovic”.

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Ma è con Schmidt in panchina che il suo livello di prestazioni raggiunge vette ancora più alte e infrange il confine tedesco. Son dà il suo meglio infatti nelle partite di Champions League, dove il Leverkusen arriva fino ai quarti di finale, e segna 5 gol in 10 presenze. A fine stagione saranno 17 in 42 partite totali, il suo massimo in carriera.

Il gioco di quel Bayer è predicato sul recupero immediato del pallone tramite un pressing furente e si sviluppa a un’intensità che gli avversari sono incapaci anche solo di pareggiare: si tratta del contesto ideale per la vivacità di Son, elogiata da Schmidt  in un’intervista all’Indipendent dell’ottobre 2016: “E’ il giocatore perfetto per questo tipo di calcio perché ha tutte le caratteristiche per praticarlo: cuore, intelligenza ed è bravo a leggere le situazioni di gioco”.

Tutte abilità che torneranno utili anche nella sua esperienza successiva.

Lo sbarco in Premier League

Con un investimento da 22 milioni di euro, buono per farlo diventare il giocatore asiatico più pagato di sempre, il Tottenham acquista Son nell’estate del 2016 e il panorama tattico che il coreano trova da Pochettino si presenta come un prolungamento del vissuto recente al Leverkusen.

In maniera meno estrema, gli Spurs fanno della pressione offensiva una delle armi utili per generare attacco immediato e coinvolgere Kane, Alli ed Eriksen. In quel contesto Son è posizionato sull’esterno d’attacco e benché sulla carta ci siano le condizioni perché renda al massimo, il primo anno in Premier League lo vede sotto tono.

Segna poco (4 reti in campionato e 3 in Europa League) e soprattutto lo accompagna la sensazione di non essere a suo agio nella nuova realtà;  motivo per cui in estate chiederà a Pochettino di lasciarlo tornare in Germania. “Sono andato nel suo ufficio per chiedere di essere ceduto. Sono stato molto vicino ad andare via”, ha detto il coreano allo Standard Sport.

La richiesta non viene accolta e, anzi, Son esce dall’ufficio del suo allenatore rassicurato sul futuro nel club. Pochettino gli chiede di avere fiducia e pazienza, soprattutto, perché è certo che il suo momento arriverà. “Oggi riuscire ad aspettare il momento giusto è tutto. E’ difficile, ma è solo una questione di tempo. Si può imparare molto dai momenti duri”, dice il tecnico.

Sarà così infatti. Abbracciando un atteggiamento più paziente in campo e fuori, la seconda stagione in maglia Spurs assomiglia alle migliori vissute ad Amburgo e Leverkusen, se non di più. Segna 21 gol, di cui 14 in Premier (con quattro doppiette) e sforna 10 assist, il tutto diventando titolare della zona sinistra dell’attacco (gioca dall’inizio 23 volte e subentra dalla panchina in undici occasioni). Pochettino, insomma, aveva ragione.

Pur mancando di una continuità di rendimento impeccabile, Son si conferma ad altissimi livelli anche nella stagione 2017/2018, dove va in doppia cifra per gol e assist (18 e 11) e gioca 27 volte da titolare in campionato. Più che nei numeri, cresce nel coinvolgimento della manovra e anche per questo né LamelaLucas Moura riescono (allora come adesso) a prenderne il posto nell’undici iniziale.

La consacrazione tra club e nazionale

Lo spazio guadagnato crescerà di pari passo con una maggiore responsabilità nel momento più difficile del Tottenham (il recente gennaio vissuto senza Kane e Alli) e in cui Son vive il miglior segmento della carriera per prolificità e importanza nella squadra.

D’altronde, che fosse diventato un elemento chiave negli equilibri del gruppo lo aveva ben evidenziato lo stesso Alli, che aveva commentato così la sua partenza per la Coppa d’Asia da giocare con la Corea del Sud sul finire di gennaio: “Son ci mancherà in maniera incredibile. Vedendolo allenarsi e giocare posso dire che è un grande giocatore con entrambi i piedi; ha occhio per il gol e può produrre qualcosa in ogni momento”.

La recente esperienza in nazionale non si è conclusa nel migliore dei modi (la Corea è uscita ai quarti ma contro il Qatar vincitore finale). Son ha fatto comunque in tempo a vivere la gioia del trionfo con la maglia del suo paese ai Giochi Asiatici 2018 vincendo 2-1 ai supplementari la finale contro il Giappone. Un risultato che ha consentito a tutta la squadra (Son compreso) l’esenzione dal servizio militare, da svolgere obbligatoriamente per 21 mesi se non fosse arrivata la vittoria: una storia incredibile.

Già oggi l’attaccante del Tottenham è considerato il miglior calciatore coreano che abbia mai giocato in Europa dai tempi di Park Ji-Sung; la sua popolarità in patria è alle stelle tant’è che esiste uno show televisivo in cui vanno in onda gol e highlights di ogni partita che gioca.

Senza raggiungere questi livelli, sarebbe però corretto dedicare il giusto spazio anche nel mondo occidentale a Heung-Min Son, alla luce del peso guadagnato in squadra e la considerazione raggiunta tra allenatore e compagni. Se è difficile prevedere per lui una carriera da bomber di razza, il profilo di un giocatore essenziale e “di sistema”, il pezzo indispensabile di cui una squadra di vertice non può privarsi, sembra ciò che più si addice alle sue caratteristiche.

Alessio Cattaneo
Appassionato di calcio e basket. Una laurea in Comunicazione Interculturale e un passato nella redazione di Sky Sport 24. Convinto che "se non hai niente da fare e sai scrivere, scrivere è la cosa più bella del mondo".

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