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La triste parabola di Dominic Thiem

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13 settembre 2020, Arthur Ashe Stadium di New York. Alexander Zverev mette largo un rovescio incrociato e consegna nelle mani di Dominic Thiem lo US Open 2020. L’allora 27enne austriaco si lascia cadere a terra e si mette le mani sul volto, come a non crederci. È la prima vittoria in un Major per un tennista degli anni ’90, esponente della cosiddetta lost generation, un’età schiacciata sotto il dominio dei Big 3.

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Nel primo Slam post pandemia, nel clima surreale della rigidissima bolla di Flushing Meadows, l’austriaco è bravissimo a sfruttare l’occasione della vita: è il primo Major dal 1999 senza Federer e Nadal e il favorito Novak Djokovic viene squalificato nel suo match di quarto turno per una pallata ad una giudice di linea. Il percorso di Thiem è agile sino all’atto conclusivo; supera tra gli altri Félix Auger-Aliassime, Alex De Minaur e Daniil Medvedev in semifinale, sempre in tre set.

Alla quarta finale Slam della carriera, Dominic incontra l’amico Sascha Zverev e dopo 1h e 20′ si ritrova sotto di due set e un break. Sembra l’ennesima chance mancata, ma il coraggio dell’austriaco e i fantasmi del tedesco rimescolano tutto, fino all’apice emotivo del tie break del quinto set. Un parziale decisivo dominato dalla tensione, con un livello di tennis bassissimo. Tanti errori, due canonici doppi falli di Zverev, ma pure due match point mancati da Thiem, colpa di un braccio attanagliato dalla paura. Alla fine a prevalere in negativo sono i pensieri di Zverev e Dominic può lasciarsi andare. Sembra solo l’inizio.

L’affetto per “Domi” Thiem

Negli ultimi dieci anni Thiem è stato uno dei giocatori più amati del circuito. Un instancabile lavoratore, sempre corretto e cordiale nei confronti altrui. Ad entrare nel cuore degli appassionati è stato certamente l’atteggiamento da guerriero, ma anche e soprattutto il suo meraviglioso rovescio ad una mano. Un colpo carico di top spin che dipingeva il rettangolo da gioco come un arcobaleno e all’occorrenza esprimeva tutta la sua potenza nella classica uscita lungolinea. Sotto traccia, ma fondamentali, erano il dritto, massima espressione di forza bruta, e l’ottimo servizio, in particolare con il kick ad uscire da sinistra.

Uno stile di gioco molto dispendioso, che richiedeva una forma fisica eccelsa. Leggende narravano che sotto la guida del suo primo allenatore Günter Bresnik, Thiem si preparasse caricando tronchi d’albero sulla schiena, correndo di notte nei boschi e nuotando nella fredde acque dei fiumi della Bassa Austria. Quello che sicuramente è vero è che Dominic è sempre stato un atleta esemplare. Grazie al duro allenamento è riuscito a raggiungere la top 5 mondiale e a giocarsi i tornei più importanti.

Il collo di bottiglia

L’esuberanza tennistica ha permesso a Thiem di diventare uno dei migliori giocatori al mondo, in particolare sulla terra. Tra il 2015 e il 2019 ha collezionato sedici titoli ATP, di cui dieci sul rosso. Tra questi successi spicca però quello di Indian Wells 2019, arrivato al termine di una bellissima finale contro Roger Federer. Ironico che l’unico titolo nei Masters 1000 sia giunto sul cemento, quando le migliori prestazioni offerte dal nativo di Wiener Neustadt nei 1000 sono sempre state nell’accoppiata Roma-Madrid.

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Per anni Thiem è parso come il principale antagonista di Rafael Nadal nella corsa al Roland Garros. Nel 2017 Dominic è stato l’unico tennista capace di battere il maiorchino sulla terra battuta (6-4 6-3 agli Internazionali d’Italia) e nel 2018 ha fatto ancor di meglio. Il 7-5 6-3 maturato sul Manolo Santana di Madrid ha messo fine alla striscia di diciassette partite vinte, senza perdere alcun set, di Nadal sulla sua superficie prediletta. Thiem è stato l’artefice di inizio e fine di tale sequela di successi incontrastati.

A Parigi però, come ammesso recentemente da Thiem, il 22 volte campione Slam “riesce a fare un passo ulteriore avanti”. Il suo percorso nel Roland Garros si è fermato quattro volte a causa di Nadal, nel 2017 in semifinale e nel biennio 18/19 all’atto conclusivo. “Può essere terribile ad un certo punto; non sai più come vincere un punto in alcuna maniera”. Una sensazione di ineluttabilità, la convinzione di trovarsi di fronte ad un collo di bottiglia troppo stretto. Anche per lui, che aveva battuto lo spagnolo sulla terra di Roma, Barcellona, Madrid e Buenos Aires.

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Il miglior Dominic

L’anno e mezzo a cavallo del Roland Garros 2019 è indubbiamente il punto più alto della carriera di Thiem. Se prima di Parigi erano arrivati i successi a Indian Wells e Barcellona (ATP 500), in estate Dominc riesce ad esaudire il suo sogno giovanile, trionfando in casa a Kitzbühel. Il finale di stagione e l’inizio del 2020 mostrano le prestazioni di un giocatore straripante, in piena maturità tennistica.

I successi nei 500 di Pechino e Vienna sono il preludio alle grandi ATP Finals giocate da Thiem. Trovatosi in un girone di ferro, l’austriaco batte in sequenza Roger Federer e Novak Djokovic, sospinto da una forma dirompente. Già qualificato, cede al debuttante Matteo Berrettini nell’ultimo incontro di Round Robin, prima di superare Zverev in semifinale. A privargli il sapore del successo è solamente uno scintillante Stefanos Tsitsipas, che lo rimonta e infine sconfigge al tie break del terzo.

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La grande condizione di Thiem trova terreno fertile anche in Australia, dove arriva a giocarsi la terza finale Slam della carriera. Superati i pericoli dei primi turni, il percorso verso l’atto conclusivo è un crescendo incontenibile. Sbriga la pratica Gael Monfils negli ottavi, batte di giustezza Nadal nei quarti e Zverev in semifinale. La sfida per la Norman Brookes Challenge Cup è con il detentore Djokovic, sul “suo” campo.

Dominic gioca per quasi tre ore in maniera sopraffina, mettendo alle corde il serbo e arrivando ad un solo set dal primo trionfo Major. A quel punto però gli manca il centesimo per fare l’euro. Il suo livello scende e quello di Novak cresce inesorabilmente, sino all’ennesimo titolo a Melbourne di Nole. Per Thiem è la terza finale Slam persa, seppur il suo tennis si perfezioni sempre di più.

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Raggiungere la vetta

A scombussolare il circuito tennistico e il mondo intero ci pensa la pandemia di Coronavirus, giunta come un fulmine a ciel sereno nel marzo 2020. Un periodo complesso, che costringe a coltivare l’arte dell’attesa, senza alcuna garanzia sulle prospettive future. Per i tennisti la ripresa si materializza nel cemento americano, in un clima tristemente dispotico.

In questa situazione di profonda incertezza Thiem trova inaspettatamente la cima della sua carriera. Un giocatore da sempre osannato, sospinto costantemente dal pubblico, anche nella sconfitta, che vive la sua più grande gioia nell’assordante silenzio di uno stadio da 23mila posti completamente vuoto.

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L’atipica stagione 2020 porta in dote all’austriaco anche il best ranking (numero 3) e la seconda finale nelle ATP Finals, conquistata dopo un titanico scontro con Novak Djokovic in semifinale. A privarlo della coppa dei Maestri questa volta è un rampante Daniil Medvedev, letale nei momenti decisivi del match.

L’infortunio

Le aspettative per la stagione 2021 di Thiem sono altissime, ma l’impatto è traumatico. Si ferma agli ottavi a Melbourne e gioca malissimo in Medio Oriente. A turbarlo è il ginocchio destro, ma anche, e soprattutto, un aspetto assai più subdolo: la depressione. “Sono finito in un buco nero, vedremo se riuscirò a uscirne”; “Ho bisogno di allontanarmi, preferisco stare a casa”; “Mi sento vuoto”. L’aver raggiunto il titolo Slam ha generato in Dominic una forte euforia, ma effimera, un fuoco di paglia che è svanito in breve tempo. L’incapacità di trovare nuove motivazioni e l’avvilente atmosfera in campo, priva della scintilla di un pubblico che è sempre stato la sua energia supplementare, hanno via via spento Thiem, facendolo sprofondare in un abisso.

Il tentativo di rinascita arriva sul rosso amico di Madrid, dove gioca un ottimo torneo. È solo una vana illusione. Arrivano la sconfitta a Roma contro Lorenzo Sonego, quella contro Cameron Norrie a Lione e infine la più dolorosa. Nel primo turno del Roland Garros il Principe della Terra, avanti di due set, si fa rimontare e viene eliminato dall’onesto mestierante spagnolo Pablo Andujar. Sembra il punto più basso, ma è solo l’anticamera di un’incessante spirale negativa.

A far precipitare irrimediabilmente la situazione ci pensa la sorte malevola. Sull’erba (rada) di Mallorca, avanti 5-2 nel primo set con Adrian Mannarino, dopo un recupero di dritto il polso destro di Dominic fa crac. L’austriaco si accorge subito della gravità dell’infortunio, ma non può sapere che quello sarà lo spartiacque della sua carriera.

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Il lungo purgatorio di Thiem

Sono tantissime le voci di incoraggiamento per Dominic e la preoccupazione più grande dei suoi tifosi sembra quella del forfait all’imminente Wimbledon. Nessuno comprende a fondo quanto sia deleterio l’infortunio, probabilmente nemmeno Thiem. Dopo un’estate di dubbi sul da farsi, la scelta dell’entourage dell’austriaco è quella di non operare, bensì di seguire una terapia conservativa, completamente documentata dal suo sponsor Red Bull.

La restante parte di stagione viene quindi investita nella convalescenza del polso destro, che presenta poca mobilità e flessibilità. Il processo è lungo e graduale; Dominic ad ottobre torna a stringere la sua Babolat, fiducioso di poter tornare a breve sul circuito. Le aspettative vengono però frenate dal fastidio persistente, che si tramuta inevitabilmente in paura, ritardando il pieno recupero.

I suoi tifosi dovranno attendere la fine di marzo 2022 per rivedere Thiem in campo, sulla terra di Marbella. Il rientro è amaro (viene sconfitto da Pedro Cachin in 2 set), ma sembra la normalità dopo dieci mesi di inattività. I tornei successivi mostrano invece la triste realtà: quello tornato dall’infortunio non è più il Dominic di prima. L’austriaco inanella altre sei sconfitte in altrettanti incontri, dimostrando una stridente incapacità nel far male con i propri colpi. Un tennista visceralmente associato alla pura potenza, ora debellato della sua arma principale.

Ricordi di ciò che era Dominic Thiem

La versione opaca

La parte finale di stagione regala a Thiem le incoraggianti prestazioni a Gijon e Anversa, ma la forma fisica appare sempre precaria, pronta a vacillare da un momento all’altro. L’aspetto più scoraggiante è il suo atteggiamento in campo, frenato dalla paura di farsi male di nuovo. Incappa così in altri mesi difficili, in cui le vittorie scarseggiano.

Il solo torneo di Kitzbühel gli strappa un sorriso, dove raggiunge una finale ATP a tre anni di distanza dall’ultima, la più importante della sua carriera: quella dello US Open 2020. L’annata è per il resto una continua altalena, in cui non riesce mai davvero a trovare continuità. I risultati rispecchiano la difficoltà nell’allenarsi a pieno regime. I periodi intensi di carico fanno risorgere fastidi al polso destro e gli inevitabili rallentamenti non lo preparano adeguatamente. Un terribile circolo vizioso.

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La situazione attuale rimane in un clima di profonda incertezza. Le pessime sconfitte sul circuito Challenger con Daniel Michalski (numero 300 al mondo) e Lukas Neumayer (210 ATP) sono state seguite da un videomessaggio dello stesso Dominic Thiem, in cui l’austriaco ammette che il polso è tornato a fare male, costringendolo all’ennesima frenata. Pur non al meglio, ha comunque preso parte ad Estoril e Montecarlo, offrendo prestazioni decisamente distanti da standard accettabili.

Cosa attendersi ora da Thiem

Il futuro di Thiem è un rebus complesso da decifrare. La volontà del giocatore è evidentemente quella di lottare e cercare di ottenere il massimo possibile sul campo da tennis, ma le frecce nella sua faretra non sono più le stesse. “Non sono più il tennista del 2020 e devo accettare che il mio polso non mi dà la forza a cui ero abituato”. Le sue parole trasmettono un misto di dispiacere e cruda consapevolezza, ma la speranza di vedere qualche ultimo sprazzo del Principe della terra rimane vivida.

Un desiderio che accomuna tutti, a partire dai tifosi, sino ad arrivare ai colleghi. Tra questi ultimi spicca Nick Kyrgios, mai banale nelle proprie dichiarazioni. “Hai ottenuto moltissimo nella tua carriera, devi esserne orgoglioso. Se torni [al meglio, ndr] è un bonus per tutti noi”. L’australiano centra un punto fondamentale. I rimpianti per un giocatore che difficilmente potrà rivedersi come prima non devono distoglierci dal punto focale. Dominic Thiem è stato uno dei tennisti più amati degli ultimi anni e lo rimane tuttora. Dobbiamo solo essere in grado di apprezzarlo ogni volta che scende in campo, consci che potrebbe essere l’ultima. Quando arriverà la fine della sua carriera potremo tracciare una linea, che terrà certamente conto della sorte avversa, senza però dimenticare tutto quello che il carisma e il talento di Dominic ci hanno saputo regalare.

Andrea Sosio
Ammiro i canestri prodigiosi di Steph Curry, i poligoni fulminanti di Johannes Bø, la falcata fluente di Sydney McLaughlin, l'estro smisurato di Sasha Bublik, la passione per la fatica di François D'Haene, le carvate morbide di Henrik Kristoffersen… adoro lo sport!

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