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Quanto ci mancherà il Mugello…

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Purtroppo, è divenuta ufficiale la cancellazione del GP d’Italia dal calendario del Motomondiale 2020 per cause ormai più che note. La buona notizia è che il Bel Paese ospiterà comunque due gare di una stagione a dir poco anomala: entrambe a Misano, sotto l’egida del GP di San Marino e di un alquanto inedito GP dell’Emilia-Romagna. Tuttavia, allo stesso tempo, il campionato su due ruote da corsa perde uno dei circuiti più spettacolari, in una delle cornici più affascinanti di tutto il mondo, per la prima volta dal 1994.

Anche se solo per un anno, ci mancherà tanto il Mugello. Riaffiorano inevitabilmente i ricordi di tante domeniche a cavallo tra la primavera e l’estate: un tracciato che ha ospitato tantissime battaglie a colpi di carena; luogo di consacrazione di una leggenda su tutte, Valentino Rossi; ma anche di prime volte, come quella di Danilo Petrucci nel 2019. A proposito di prime volte, un paio di membri della redazione di Vita Sportiva hanno voluto raccontare il loro primo approccio dal vivo sugli spalti del Mugello.

Mugello 2006

Di Luca Montanari

“Luca, domani dobbiamo partire molto presto. Quindi se a quell’ora non sei ancora sveglio, io me ne vado senza di te”. Lo aveva detto per scherzo, ma io l’ho preso di parola. Alle 4 di notte, ben prima che suonasse la sveglia, sono io ad alzare dal letto mio padre. Comincia così una di quelle giornate dal sapore magico: non solo assisterò alla prima corsa dal vivo, ma potrò vedere in prima persona il mio idolo (c’è forse bisogno di dire chi fosse?). E lo capisco già da quando metto piede fuori casa, quando vedo per la prima volta nella vita i raggi di sole squarciare il buio della notte, un cielo così non lo avevo mai visto prima d’ora. Non avevo ancora compiuto 8 anni, che ne sapevo io dell’alba. Tutto è speciale quel giorno, pure il tragitto sul portapacchi della graziella guidata da mio zio, dal parcheggio per raggiungere una collinetta situata all’uscita dall’arrabbiata 2. Giusto in tempo per il warm-up. “Se vuoi ho portato i tappi per le orecchie, quando passa la MotoGP ti potrebbero servire”. Che me ne frega, sono già abbastanza “grande”, e poi faranno lo stesso rumore come in televisione. Ma quando transita la Kawasaki all’uscita dall’arrabbiata capisco che forse anche stavolta mio padre aveva ragione. L’antipasto è servito, ora cominciano le gare. A vedere la 125 e la 250 capisco già quanto sia differente seguire il Gran Premio dal vivo anziché da casa: quando transitano le due ruote sotto i tuoi occhi, il rombo dei motori ti entra letteralmente in corpo, mettendo in moto una sensazione adrenalinica. Un sentimento comune che unisce chiunque seduto sugli spalti, permettendo di conoscersi a vicenda. Si capisce così che siamo tutti in trepidazione per l’ultima gara, in attesa di Lui (c’è proprio bisogno di dire il nome?).

Guardare la MotoGP al Mugello è come vedere una corsa con un centinaio di migliaio di amici che fanno il tifo per lo stesso pilota, ma nel mio caso senza un maxischermo. Dal prato dove sono seduto si riesce a scrutare la corsa in altri due punti strategici del tracciato: la Casanova-Savelli e dalla chicane Biondetti fino all’ultima curva. In ognuno di questi tratti, se si vede Rossi in testa si urla di gioia, se Rossi ha perso posizioni parte un tumultuoso “Noo” corale. Non è possibile invece vedere il rettilineo che porta al traguardo, per questo bisogna lasciarsi trasportare un po’ dall’immaginazione, fidarsi della voce dello speaker e del boato dei tifosi seduti nelle altre tribune. Ma all’ultimo giro, all’ingresso della Bucine, il Dottore ha un vantaggio talmente considerevole che sappiamo già come va a finire. Esplode il delirio, dalla magia si passa all’estasi di aver vissuto una giornata indimenticabile, anche ad oltre dieci anni di distanza.

Un momento del GP d’Italia 2006. Da sinistra: Hayden, Rossi e Melandri

Mugello 2017

Di Giulia Picciau

Lo ammetto: quando si tratta di MotoGP sono il classico prototipo della sportiva da divano. Nessun seggiolino di nessuna tribuna sarà mai comodo come il divano di casa, nessun maxischermo potrà mai eguagliare la definizione di un televisore LCD, per non parlare di bonus irrinunciabili come informazioni in sovrimpressione, inquadrature della pista dall’alto e soggettive dei piloti.
Per questo motivo, quando nel 2017 mi è stato proposto per la prima volta di andare al Mugello per assistere al GP d’Italia, ho accettato più per quieto vivere e curiosità che per vero entusiasmo da appassionata. Il tutto condito dallo scetticismo riguardo alle motivazioni del partire da Genova nel cuore della notte per essere ai cancelli d’ingresso nelle prime ore della mattina.
Ecco, quel giorno ho cambiato idea ancora prima che iniziassero le prove libere. Non so se sia il ritrovarsi in mezzo a migliaia di altri appassionati, o semplicemente l’atmosfera di lontananza dal resto del mondo che si respira tra quelle colline, ma da quel momento per me il Gran Premio del Mugello è diventato IL Gran Premio, e negli anni successivi non si è mai neanche posto il dubbio se partecipare o no.
Dal punto di vista strettamente sportivo, l’emozione che mi è rimasta più impressa risale proprio al 2017: la vittoria di piloti italiani in tutte e tre le categorie, ma anche la piacevole scoperta della dinamicità e imprevedibilità della Moto3: abituata alla classe regina, in cui spesso il verdetto viene stabilito con un po’ di anticipo, non immaginavo che il risultato potesse rimanere così in bilico fino alla fine. Per non parlare dell’invasione di pista al termine della gara, in cui si sfida il caldo rovente della pista per affollarsi sotto il palco.
Le tre edizioni che ho visto dal vivo mi hanno portata a pensare che il Mugello sia più di un semplice Gran Premio: lo si intuisce partecipando solamente alla giornata di domenica, ma l’impressione diventa certezza se si ha la possibilità di arrivare il venerdì o il sabato, partecipando alla festa che si svolge sul prato intorno al circuito per tutte le notti del weekend delle gare. Del resto, al Mugello non si dorme.
Penso che quello che ha reso il Mugello così speciale ai miei occhi sia proprio il fatto che laggiù ho trovato una dimostrazione lampante e pacifica di come lo sport riesca ad unire le persone.

Giro d’onore al GP d’Italia 2017: da sinistra Vinales, Petrucci e Dovizioso

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