Ciclismo

Caro Trentin, ecco cosa resta del Mondiale 2019

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Il giorno dopo è più semplice da gestire, forse lo è anche per Matteo Trentin, argento Mondiale, anch’egli travolto da un surreale turbinio di emozioni. Le stesse che ieri pomeriggio risultavano difficili da esternare, in quanto mescolate tra l’euforia, lo stupore e l’amarezza del finale che non è affatto da buttare. Già, perché il secondo posto di Harrogate, in una terribile giornata da tregenda nello Yorkshire, resta un risultato da conservare, da cui ripartire verso nuovi traguardi che la Nazionale Italiana può raggiungere, a patto che rimanga il ct Cassani alla guida.

Trentin non è riuscito a finalizzare le mosse dei suoi compagni, ma detta così può assumere la parvenza di colui che è riuscito nell’impresa di mancare all’appuntamento, nonostante la tavola apparecchiata. E invece lui c’era, come sempre, ha risposto in maniera positiva e soltanto lo spunto finale è venuto a mancare, solo gli ultimi 200 metri sono stati fatali al netto di un Mads Pedersen che probabilmente ne aveva di più. Il dato oggettivo fiorente di questa rassegna iridata risiede proprio nel corridore trentino, in grado di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto: quando Van Der Poel è scattato, Trentin ha prontamente risposto, mostrando lucidità e di essere vigile. Quella mossa, unito all’attacco di Moscon che ha obbligato Belgio e Francia a fare gli straordinari, è stata la svolta di Yorkshire 2019.

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Su un tracciato reso durissimo dalla pioggia e dal freddo, è stata proprio l’Italia ad interpretare al meglio la corsa. Quando nel gruppo di testa la condizione di superiorità numerica portava gli azzurri a coltivare il sogno iridato, con un eccellente Moscon al servizio del suo capitano, in barba alle dicerie della vigilia (altro plauso a Cassani), proprio ai -10 km crollava il grande favorito di giornata. Van Der Poel alzava bandiera bianca, vittima di una crisi improvvisa (neanche tanto a vedere i suoi sforzi). In quel momento era diventato pensiero comune che davvero il Mondiale fosse alla portata degli azzurri, in tanti già assaporavano la medaglia d’oro e la maglia iridata che manca ormai da undici anni. Anche al definitivo cedimento di Moscon, la situazione sembrava sotto controllo: in caso di arrivo in volata, Trentin ha sicuramente lo spunto migliore sullo svizzero Kung, solamente Pedersen può figurare quale uomo della fregatura, la grande sorpresa di giornata anche per gli stessi danesi, che avevano puntato su Asgreen e Fuglsang.

Sembrava ormai fatta e ieri mattina era forse impensabile ritrovarsi in una situazione del genere. Lo straordinario lavoro tattico degli azzurri ha messo fuori gioco lo squadrone belga (già decimato dalla sfortuna) e nomi del calibro di Alaphilippe, Sagan e Matthews. Ciò che sembrava impossibile è stato smentito, per Matteo Trentin si erano letteralmente spalancate le porte verso il trionfo mondiale, la ciliegina sulla torta per il Campione d’Europa 2018, vincitore di due Parigi-Tours, una tappa al Giro, tre al Tour e quattro alla Vuelta, passato anni a svolgere il ruolo di gregario di lusso in casa dei belgi prima dell’opportunità chiamata Mitchelton-Scott. E invece, quando si trova al posto giusto nel momento giusto, gli accade quasi sempre qualche inconveniente. Ieri si chiamava Mads Pedersen, brillante Campione del Mondo con un futuro tutto da scrivere.

Ecco cosa resta di questo Mondiale. Tanto amaro da masticare, lo spunto veloce venuto a mancare, al pari delle energie per tenere la ruota del solito straripante corridore olandese. Trentin ha mancato l’occasione di una vita che difficilmente si ripeterà in futuro e la delusione diventa trasecolante. Ma resta anche uno splendido Argento, una corsa disputata al massimo da tutti – a parte uno sfortunato Ulissi – gli azzurri guidati da un eccellente stratega. Per il corridore di Borgo Valsugana uno score migliorato dopo la medaglia di legno del 2017, un 2020 alla CCC in coppia con Greg Van Avermaet alla conquista delle Classiche del Nord, una consacrazione da cercare altrove, sperando in una rivincita in azzurro che non potrà essere Tokyo 2020 o sul percorso di Martigny. Detto questo, a Matteo va detto grazie, perché con lui abbiamo sognato. E un grazie va soprattutto al ct Cassani: con la sua guida siamo tornati ai livelli che ci competono.

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