Calcio

Reggere o crollare: la pressione è tutta sul Liverpool

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Nella stagione 2013/2014 il Liverpool di Brendan Rodgers si trovò in testa alla classifica per buona parte del campionato, grazie a una striscia di undici vittorie consecutive, e con concrete possibilità di rompere il digiuno ventennale e riconquistare la Premier League. Poi, nella sciagurata partita in casa contro il Chelsea di José Mourinho tutto svanì. Steven Gerrard scivolò nel tentativo di passare il pallone e Demba Ba spense il sogno dei Reds.

Quella fu l’ultima volta che Anfield respirò l’aria rarefatta della vetta della classifica prima di quest’anno. Legittimato da prestazioni di alto livello (in attacco come, soprattutto, in difesa) il primo posto del Liverpool allenato da Jurgen Klopp è sembrato sempre più al sicuro in virtù di una striscia di nove vittorie in fila a cavallo tra novembre e dicembre. Nella partita che avrebbe potuto mettere un’ipoteca sulla Premier però, la trasferta in casa del Manchester City, i Reds hanno solo sfiorato il colpo del ko uscendo sconfitti per 2-1.

Vuoi per il contraccolpo psicologico o per un calo fisico diffuso, naturale in una stagione stressante, da quel momento il Liverpool non è stato più sé stesso. Nelle successive sette partite sono arrivate solo tre vittorie e l’eliminazione dalla FA Cup per mano del Wolverhampton; in più si è ridotta e di molto la produzione offensiva della squadra, ben evidenziata dai due 0-0 consecutivi contro Manchester United (ieri) e Bayern Monaco in Champions League.

Rallentamenti e incidenti di percorso che hanno permesso a Guardiola di riavvicinarsi e portarsi a -1 dal primo posto. Così come Klopp non si considerava giustamente campione nel miglior momento di forma della squadra è evidente che oggi nulla è compromesso, ma il margine di errore si è ridotto fino a essere invisibile.

In un momento come questo sapersi adattare alle circostanze e mostrare durezza mentale è il miglior segnale che si possa dare a sé stessi e agli altri. Per buona parte della stagione il Liverpool ci è riuscito dimostrando di non essere più solo quello tsunami travolgente ma di poco governo delle sue prime versioni.

La solidità difensiva emersa in maniera sorprendente è figlia infatti di uno stile di gioco che ha integrato una maggiore gestione della palla nei 90′. “Dobbiamo controllare di più le partite e tenere di più il pallone, specialmente contro le squadre da contropiede; essere pazienti ma in maniera vivace. Ne abbiamo parlato molto in estate, è il nostro prossimo step”, così dichiarava Klopp in un’intervista a Sky Sports a dicembre.

Se il Liverpool sarà in corsa per il titolo anche in primavera dipenderà poi da come riuscirà a gestire la pressione: forse nessuna squadra di vertice in Inghilterra è chiamata a confrontarsi con un vuoto così enorme come i 29 anni senza titolo dei Reds. E nel gruppo il concetto è ben chiaro: “Salah ha detto che c’è pressione e dal mio punto di vista è positiva”, ha continuato il tedesco nel dopo gara contro lo United. “Ma io non gioco. I ragazzi devono imparare a gestire queste situazioni e farlo con passione”. In più, il passato recente fatto di occasioni mancate sul più bello (l’infausto finale di stagione del 2014) rappresenta uno spettro sempre pronto a ripresentarsi.

Per vincere però occorre proprio questo: lottare contro un City che equivale a un peso massimo nell’abitudine a giocare i big match e reggere le tensioni del momento clou della stagione. Col ritorno degli ottavi di finale di Champions League all’orizzonte e una rosa meno profonda dei diretti rivali, la combinazione fatta di gestione degli uomini e tenuta mentale sarà ciò che indirizzerà la stagione nel Merseyside.

 

 

 

 

 

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Alessio Cattaneo
Appassionato di calcio e basket. Una laurea in Comunicazione Interculturale e un passato nella redazione di Sky Sport 24. Convinto che "se non hai niente da fare e sai scrivere, scrivere è la cosa più bella del mondo".

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