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Francesco Busatto ha rotto il ghiaccio: ora è una delle promesse più brillanti del ciclismo italiano

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Francesco Busatto, classe 2002 da Bassano del Grappa, sta iniziando a ritagliarsi un ruolo da protagonista in questa stagione. Dal 2024 passerà professionista con la Intermarché Circus Wanty, dopo i grandi risultati ottenuti quest’anno con la squadra development. Oltre ad avere la possibilità di correre stabilmente tra i professionisti (4° alla Muscat Classic, 14° alla Freccia del Brabante), Busatto ha centrato un successo di prestigio assoluto, conquistando la Liege-Bastogne-Liege Under 23. La prima vittoria in assoluto dopo tanti secondi posti e piazzamenti vari, per un ragazzo ancora da scoprire, ma che sta facendo i passi giusti per la propria carriera.

© DirectVelo

Francesco, iniziamo allora dalla Liegi, che, possiamo confermarlo, è stata la tua prima vittoria in assoluto?

Sì, sì, è stata la prima dopo tanti piazzamenti.

Non riuscire a vincere, soprattutto negli anni da junior, era diventato un assillo o una sorta di maledizione da sconfiggere?Considerando che ormai prima si inizia a vincere e più facile è passare avanti

Sì, già da juniores secondo anno avevo fatto un bel po’ di piazzamenti. Mancava solo la vittoria e continuavo a cercarla, era diventato quasi un peso. Soprattutto l’anno scorso, quando ho fatto nove secondi posti, iniziavo a chiedermi cosa sbagliavo, magari tatticamente. Alla fine però sai che è solo questione di tempo e che prima o poi arriverà, e alla Liegi è finalmente arrivata una bella vittoria“.

Raccontaci un po’ allora il finale di quella corsa, come ti sentivi in gara?

Era una corsa che puntavo già da tempo con la squadra, per cui ci tenevo ad arrivare bene. Pochi giorni prima avevo corso la Freccia del Brabante e avevo fatto parecchia fatica, per cui in partenza sentivo che la gamba non era quella giusta. Ho aspettato di vedere come sarebbe cambiata la situazione, e già da metà gara in poi cominciavo a sentirmi meglio. Nel finale dopo la Redoute ho visto che stavo tranquillamente coi primi, per cui ho preso un po’ più di confidenza. Ho cercato comunque di non strafare, perché le energie non erano tantissime e non era il caso di sprecarle attaccando, anche perché in questo tipo di corse la differenza non si fa facilmente e si tende ad arrivare in un gruppetto di quindici corridori. Sapevo di essere veloce, me la sono giocata nel modo giusto e sono riuscito a fare una bella volata“.

Ti ha dato più fiducia e consapevolezza la vittoria in una corsa under importante con tutti i migliori o il quarto posto alla Muscat Classic contro dei corridori World Tour?

Un po’ l’insieme delle due cose. Non ho mai dubitato più di tanto delle mie capacità, però magari adesso ho un po’ più di consapevolezza, soprattutto della Liegi, che è una vittoria importante tra gli under 23. Magari il risultato in Oman mi dà buoni segnali per il futuro, ma per il presente sicuramente la Liegi“.

Hai avuto spesso l’occasione di correre con i più esperti della formazione World Tour della Intermarché, come Meintjes o Taaramae. Tra le corse e il ritiro, chi ti ha dato i consigli migliori?

Ho avuto spesso l’occasione di essere in camera con Simone Petilli, che è stato seguito in passato dal mio stesso preparatore. Oltre ad avere questa cosa in comune, è una brava persona e un bravo compagno di squadra, che si mette sempre a disposizione per dare consigli. E poi anche Rui Costa spesso mi ha dato consigli riguardo alle tattiche in gara. Abbiamo corso insieme a febbraio alla Faun-Ardèche e alla Drôme Classic, e dato che dovevo lavorare per lui se sbagliavo qualcosa me lo diceva. Ma mi ha detto anche di continuare così perché vedeva che stavo andando bene“.

Francesco Busatto insieme a Rui Costa
(© cyclingmedia_agency, da twitter @intermarcheCW)

Quest’anno per te è arrivato il passaggio dalla General Store alla Circus ReUZ Technord, la squadra development della Intermarché. Cosa è cambiato in particolare, sia a livello di preparazione che di ambiente interno al team?

Come organizzazione di squadra cambia tutto, perché ora è come essere a tutti gli effetti dentro una World Tour, ma facendo un calendario diverso. A livello di preparazione abbiamo cambiato qualcosa, ma il mio preparatore è sempre lo stesso. Si lavora comunque più in prospettiva“.

Avendo vinto una Liegi Under, il tuo sviluppo naturale sembra essere quello da ardennista. Pensi sia quella la tua strada o vuoi provare a testarti su terreni diversi? Magari sulle pietre…

In realtà devo ancora scoprirmi bene come atleta. Penso che quando passerò professionista riuscirò a capire meglio che tipo di corridore sono, soprattutto con la crescita. Per ora vado bene in questo tipo di corse, ma anche sulle pietre ho visto che non vado male. Ho provato qualche muro del Fiandre e sono percorsi che mi piacciono, quindi se avessi l’occasione di fare qualche corsa del genere cercherò di sfruttarla al meglio. Ovviamente dipenderà anche dai programmi che avrà per me la squadra in futuro“.

E sulle salite più lunghe invece come te la cavi, anche in ottica Giro Next Gen?

Sarà sicuramente un bel banco di prova. Per adesso nelle salite lunghe con gli scalatori più puri ho sempre faticato, a volte neanche ci ho provato perché andando per le tappe mi conveniva salvare la gamba. Quest’anno essendoci solo due tappe che decideranno la classifica vedrò come sarà la gamba, ovviamente non mi pongo grossi obiettivi ma si può sempre provare.

Visto che corri in una squadra multidisciplinare con diversi crossisti come Kuhn o Kuypers, hai mai fatto ciclocross o pensato di provare?

No, sono sempre andato in mountain bike d’inverno e mi diverte molto, ma il ciclocross no. Penso che adesso col fatto che la preparazione è sempre concentrata sulla strada sia difficile mettersi a fare gare di ciclocross. Perché alla fine si stacca sempre di meno e già da dicembre si inizia a lavorare per la stagione successiva. Magari si potrebbe programmare in un certo modo per riuscirci, ma secondo me è un po’ complicato. Magari lo potrei anche fare per conto mio, ma non certo per competere“.

Programma per il resto della stagione?

Intanto l’obiettivo è andare a caccia di una tappa al Giro Next Gen, poi se avrò l’occasione di fare il Tour de l’Avenir e il Mondiale saranno quelli sicuramente i miei obiettivi principali, ma dipenderà dalle scelte del commissario tecnico.  Me ne ha già parlato, ma ovviamente finché non c’è l’ufficialità non ci posso puntare al 100%. Con i professionisti poi farò le classiche italiane di fine stagione, che sono tutte belle corse e alcune anche adatte a me. Se starò bene cercherò di fare il miglior lavoro possibile con la squadra e magari cogliere qualche occasione per me stesso, vedremo come andrà“.

Che rapporto hai con la maglia azzurra?

Per ora ho fatto l’europeo dello scorso anno, la Corsa della Pace e sono andato al mondiale in Australia come riserva. Sicuramente è una bella responsabilità far vedere e rappresentare la tua nazione, quindi devi sempre dare il 100% anche quando non sei al massimo, anche per rispetto della nazionale”.

Tornando alla squadra, come ti è capitata l’opportunità di firmare per la Intermarché? Se ne avessi avuto l’occasione saresti andato anche prima a correre all’estero?

In realtà ci ho pensato più tardi, quando ho visto come lavoravano i miei coetanei nelle devo, per tutto il lavoro che si vede che fanno in quelle squadre e soprattutto il tipo di calendario che fanno. Grazie al mio preparatore Paolo Santello sono entrato in contatto con Maurizio Fondriest, che ora è il mio procuratore insieme a Paolo Alberati. Quando si ha un procuratore diventa tutto più facile, e quando abbiamo avuto questa proposta dalla Intermarché l’abbiamo colta al volo, perché sono proposte che non capitano tutti i giorni, quindi ho deciso di sfruttarla al 100%, anche per la possibilità di passare poi alla squadra World Tour.

Adesso c’è un altro italiano che farà il tuo stesso percorso l’anno prossimo, Simone Gualdi. Lo conosci? Che consigli gli daresti?

L’ho conosciuto l’anno scorso ai mondiali e ho visto che quest’anno sta andando veramente forte. La squadra sta iniziando a puntare di più sugli italiani, visto che di talenti ce ne sono parecchi. Molti adesso cominciano a vedere che nelle devo si fa un lavoro diverso, anche in prospettiva per la World Tour. Secondo me è una scelta giusta anche da parte sua, perché è una squadra che permette di crescere con tranquillità e di fare un bel calendario. Avendo già firmato con la World Tour non avrà neanche grandi pressioni, quindi gli consiglierei solo di crescere e migliorare tranquillamente senza pensare troppo ai risultati, cercando di fare le cose fatte bene senza troppo stress.

(Foto in evidenza: Alessandro Volders, cycling media agency)

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Giovanni Valenzasca

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