Calcio

God save the football

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Quante volte abbiamo sentito dire, dai più semplici tifosi fino ai più autorevoli conoscitori di calcio, che il “ football “ moderno non è più spettacolare e imprevedibile come quello di una volta. Il calcio di oggi viene ormai quasi sempre “ accusato “ di non possedere più quella semplicità e fantasia nel giocarlo, da cui però derivava quella magnifica magia di questo sport. È sempre più diffusa l’idea che oggi non si vinca più con il gioco di squadra, con la tecnica, con il cuore; bensì con il fatturato, con il marketing, con una grande preparazione atletica, con i mental coach. Insomma il calcio di oggi è business, è professionismo esasperato ai massimi livelli, ma soprattutto il gioco del calcio e i calciatori appaiono solo parte di questo sistema, ma non i protagonisti.

Basta fare piccoli esempi per capire che tutto quello che viene detto in precedenza sia assolutamente una verità non trascurabile e alla vista di tutti. D’altronde come si fa a non dire che il calcio sia ormai soprattutto business, nel momento in cui Neymar passa dal Barcellona al Psg per 220 milioni con 36 milioni di stipendio. Oppure quando Philippe Coutinho viene acquistato dal Barcellona per 135 milioni. O ancora nel momento in cui giocatori, pur essendo nel pieno della loro carriera, vanno a giocare in Cina o Arabia Saudita e vengono riempiti di milioni di stipendio(vedi Oscar).

 

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La questione però non è solo economica ma anche tecnica, ovvero il calcio appare sempre più dominato dalle individualità e sempre meno da squadre che giocano bene. Ma i due discorsi, quello economico e quello tecnico, non sono slegati tra loro ma una conseguenza uno dell’altro. Ovvero con queste prezzi di mercato e ingaggi superelevati è inevitabile avere delle individualità che superino l’importanza della squadra. Questo non significa che in passato le individualità dominanti non c’erano nelle squadre. Assolutamente c’erano e ci saranno sempre, ma con una piccola differenza rispetto al presente. Prima le individualità, cosiddette pesanti, lo erano per meriti solo strettamente tecnici; diciamo per meriti guadagnati sul campo. Oggi invece sembra quasi che la qualità e la bravura di un calciatore la si riconosca non più nelle sue doti tecniche e tattiche, ma solo per il prezzo che ha sul mercato. E così vediamo sempre più squadre, con grandi risorse economiche, che cercano di accaparrarsi il maggior numero di calciatori costosi senza però seguire un vero e proprio progetto tecnico. Convinti quindi che basti spendere tanto, avere delle grandi individualità per vincere e dominare. Ma è così? Il calcio davvero è diventato così semplice e prevedibile? Anche nel calcio, come purtroppo in tanti altri campi, vige la regola del più forte?

La risposta a tutte queste domande la troviamo osservando i verdetti delle sfide, appena disputate, dei quarti di finale della massima competizione europea, la Champions League. Queste sfide ci hanno detto che sicuramente avere un buon fatturato e di conseguenza delle buone individualità aiuta, se no in Champions neanche ci arrivi, ma per vincere non basta. Non basta perché poi entra in gioco lui,il protagonista di tutto questo mondo: Il gioco del calcio.

Monte ingaggi Ajax confrontato con quello di alcune società di Serie A

Partiamo dalle due squadre, diciamo underdog, di questa Champions: Ajax e Tottenham. La squadra olandese ha un monte ingaggi di 53 milioni di euro totali. Un quinto rispetto a quello della Juventus e addirittura inferiore a squadre di Serie A come Sampdoria, Genoa, Torino, Fiorentina. Eppure è arrivata tra le migliori 4 d’Europa eliminando Real Madrid e Juventus. Più ricca sicuramente è la squadra inglese del Tottenham, con un monte ingaggi di 167 milioni di euro. Ma allo stesso tempo capace di eliminare una squadra come il Manchester City, con un monte ingaggi superiore di quasi cento milioni rispetto a quello della squadra londinese. Già questo ci dimostra come la questione economica conti fino ad un certo punto.

Perché qui siamo nel campo dello sport e non ci dobbiamo dimenticare che deve essere quello che accade in campo a dominare. Ecco passiamo proprio alla questione strettamente tecnica. Questi quarti ci hanno dimostrato che solamente esprimendo un’ idea di gioco si può andare avanti e vincere. Ovvero le individualità servono, ma diventano indispensabili se inserite in un contesto di squadra coeso e ben organizzato. Tutte le squadre che hanno passato il turno hanno delle buonissime e riconoscibili individualità; come Messi, Suarez, Son, Kane, Salah, Manè, Ziyech, Tadic ecc. Ma tutti questi giocatori rendono così bene, perché inseriti in uno stile di gioco e contesto di squadra di cui fanno parte e soprattutto si sentono parte. Per ciascuna squadra infatti possiamo individuare un’idea di gioco chiara, come forse da anni non si vedeva. Questo è assolutamente accentuato nell’Ajax, nell’idea di totaalvoetbal( calcio totale in olandese) di Cruijff, che questa squadra di ragazzini rappresenta perfettamente. Una filosofia di gioco basata su pressing e tattica del fuorigioco. Un vero gioco di squadra, in cui ogni calciatore non è ancorato alla propria posizione e va a sostituire il compagno che lascia la sua, non dando così punti di riferimento all’avversario. Oppure il gioco supertecnico del Barcellona, dominato è vero dall’individualità di Messi, ma supportato da compagni che gli creano spazi in campo in cui il genio argentino può esaltarsi. O ancora il tipico gioco in velocità e verticale del Liverpool e del Tottenham. Una filosofia secondo la quale il campo non si riempie ma si copre in velocità, andando da una porta all’altra ogni azione, asfissiando quasi gli avversari.

Ecco allora questo dimostra che l’ultima parola spetta solo ed unicamente al gioco del calcio, non al business, alle individualità e ai soldi. Sono solo il gioco, lo spirito di sacrificio, la tattica, la tecnica, la mentalità che devono comandare. Perchè è proprio questo quello che fa appassionare ancora oggi milioni di persone a questo sport. La possibilità che il calcio dà a tutti di sperarci sempre e potercela fare. Perché come disse il buon Gigi Buffon in un’intervista:” Nel calcio e nello sport in generale non vincono i più forti, ma i più bravi”. Salviamo e proteggiamo il calcio allora.

 

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Simone Caravano
Simone Caravano 22 anni, laureato in Scienze delle Comunicazioni presso l'università degli studi di Pavia. Attualmente studente della laurea magistrale in giornalismo dell'università di Genova. Credo che lo sport sia un mondo tutto da scoprire e da raccontare, perché offre storie uniche ed emozionanti. Allora quale modo migliore esiste per fare ciò, se non attraverso la scrittura.

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