Calcio

Il Capitano, Davide Astori

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Esattamente un anno fa, nella camera di un albergo di Udine, il cuore di Davide Astori ha smesso di battere. Di lui ora resta solo il ricordo, vivo più che mai. E questa lettera, scritta da un difensore mai esistito nella realtà o forse esistito da sempre. 

“Per un ragazzino di 16 anni come me essere convocato in prima squadra è un traguardo inaspettato. La Fiorentina pullula di calciatori giovani, da Chiesa a Benassi, da Saponara a Sportiello, ma c’è un vecchietto con cui ho legato tantissimo. E’ il Capitano, Davide Astori. Difensore centrale, proprio come me. Guardando le partite dalla panchina cerco di rubargli qualsiasi movimento: l’anticipo sull’attaccante, le diagonali difensive, il terzo tempo perfetto per impattare il pallone di testa, le sventagliate e le imbucate per i compagni. Ciò che più mi attira di lui però è la lealtà,
il tanto bramato fair-play. Dopo ogni chiusura, pulita o sporca che sia, è sempre lì con la mano tesa, pronto ad aiutare l’avversario a rialzarsi, come per dirgli “Scusa per l’intervento, ma mi pagano per questo. Magari la prossima volta ti lascio passare”. Macchè! La storia si ripeteva, sempre.

Ogni volta a fine allenamento Davide mi prende da parte e mi spiega come comportarmi in determinate situazioni, come affrontare un avversario più grosso o più veloce di me, prendendomi in giro con il suo classico sorriso per il mio fisico mingherlino.

E’ il 3 Marzo e il mister mi convoca per la trasferta di Udine. Nel viaggio in pullman mi siedo di fianco al Capitano, contraccambiando gli sfotto’ per il mio fisico alla sua passione per le letture filosofiche. “Pensa a studiare gli attaccanti bianconeri, che domani mi giochi accanto”. Impossibile spiegare il mio stato d’animo in quel momento e credo di non aver più aperto bocca fino all’arrivo in Friuli. Io, sedicenne, domani gioco la mia prima partita in
Serie A. Non avviso nessuno, voglio fare una sorpresa. Il mattino seguente scendo per fare colazione, ma Davide non c’è. E non arriverà mai. Mi crolla il mondo addosso. Ho perso un compagno, un amico, un CAPITANO. Cos’è una squadra senza il suo Capitano?

Sono passati tanti anni da quel maledetto 4 Marzo ed il ricordo di Davide Astori vive sempre dentro di noi. La maglia è sempre appesa accanto al suo armadietto, i suoi insegnamenti ed il suo modo di fare ci accompagna in tutte le partite ed io…beh io… Io ora sono qui, con la fascia al braccio e il numero 13 dietro la schiena, pronto a tendere la mano al mio avversario dopo avergli impedito di segnare alla mia Fiorentina.”

Ciao Davide!

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Biagio Vaira
Classe 1996 e laureato in Economia presso l'Università degli Studi di Foggia. Seguo lo sport sin da bambino, con una passione smisurata soprattutto per il calcio. Scrivo per passione e con passione.

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