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Il Vado Football Club, storia di una Coppa Italia dalle tinte buie

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Il 1922 è stato un anno di rottura per l’Italia. Numerosi sono i fatti che cent’anni fa hanno cambiato il volto di un paese uscito con le ossa rotte da un logorante conflitto mondiale e pronto a gettarsi fra le braccia di Benito Mussolini che segnerà per oltre due decenni la storia dello stato sabaudo.

Se a livello istituzionale la situazione del paese appariva assai sconfortante, un discorso simile si potrebbe fare per il calcio dove una rottura in seno alla Federazione portò alla ribalta una piccola squadra come il Vado Football Club.

La formazione del Vado Football Club che conquistò la Coppa Italia 1922 © Wikipedia

Fondata il 1 novembre 1913 da una cordata capeggiata da Angelo Morixe, la società savonese scelse immediatamente il rosso e il blu come colori sociali rifacendosi così al vicino Genoa Criket and Football Club che in quell’epoca dominava la scena nazionale. La formazione guidata da Lino Pizzorno visse così i primi anni d’attività fra amichevoli e tornei con squadre locali disputate fra gli spazi posti di fronte alla Fabbrica Fumagalli e la vecchia stazione ferroviaria prima del completamento dei lavori di realizzazione del Campo di Leo. Complice i problemi causati dalla Prima Guerra Mondiale che in diversi casi interferì con le competizioni sportive, il salto di qualità arrivò soltanto con l’iscrizione al campionato regionale di Promozione 1919/1920 e la partecipazione alla prima edizione della Coppa Italia.

La nascita della competizione tricolore ci riporta per certi versi a un annoso problema che troppo spesso abbiamo dovuto affrontare negli ultimi anni: gli interessi che contrappongono i grandi club alle formazioni provinciali. Nonostante si fosse disputata soltanto la ventesima edizione, la Prima Categoria (antenata della Serie A) venne scossa dalle proteste dei principali formazioni che, al termine della stagione 1920-1921, chiesero una netta riforma del campionato complice la partecipazione di ben 88 squadre e l’esclusione della maggioranza delle cosiddette “piccole”. Nonostante i tentativi di mediazione promossi dal direttore tecnico del Torino Vittorio Pozzo intenti a ridurre a 40 il numero di partecipanti al torneo e di dividere le 24 principali contendenti su due gironi, nell’estate del 1921 si consumò l’inattesa “secessione” che condusse alla creazione della Confederazione Calcistica Italiana (CCI).

Luigi Bozino con la formazione della Pro Vercelli, vincitrice del titolo italiano nel 1908

Presieduta dal numero uno della Pro Vercelli Luigi Bozino, la nuova organizzazione trovò l’appoggio fra gli altri di Bologna, Genoa, Juventus e Milan accompagnati dalla maggior parte delle formazioni dell’Italia Centro-Meridionale raggruppate in apposita lega e pronte a contendersi il titolo nella finalissima della Prima Divisione con le omologhe settentrionali. La creazione dell’ente non spense la voglia di rivalsa della FIGC che a sua volta proseguì con l’esperienza della Prima Categoria aggiungendo ad essa il progetto della Coppa Italia, aperto a chiunque avesse voluto iscriversi. Seguendo le orme della più nota FA Cup, la kermesse federale dovette fare i conti con un parziale flop complice l’assenza delle squadre “ribelli” e l’iscrizione di trentasette team che si sfidarono nella primavera 1922 in alcuni turni preliminari di difficile abbinamento. A queste difficoltà si inserirono anche le sovrapposizioni di calendario che videro protagoniste la Pro Livorno e la Novese, impegnate nei match valevi per il campionato e per questo motivo promosse direttamente dal secondo turno ai quarti di finale.

A differenza di quanto comparso su un articolo su “La Stampa”, queste formazioni di spicco non ebbero così vita facile con le squadre di Promozione come il Vado. Dopo aver superato al primo turno la Fiorente per 4-3 ai supplementari, essersi sbarazzato per 5-1 del Molassana al secondo e per 2-0 della Juventus Italia al terzo, il team ligure dovette far i conti proprio con la Pro Livorno. Un match che sulla carta non si sarebbe mai dovuto giocare se non fosse per un’improvvisa deliberazione della Presidenza Federale cambiò radicalmente gli abbinamenti conducendole allo scontro apparentemente impari. Quel 18 giugno le cose non andarono però come previsto e gli undici rossoblu si imposero in trasferta con un gol al 75’ siglato dall’attaccante Marchese aprendo la strada verso la semifinale giocata una settimana dopo in casa contro la Libertas Firenze. Nonostante i toscani avessero passato il turno a tavolino complice della Valenzana, gli uomini capitanati da Enrico Romano non si fecero intimidire sfruttando ancora una volta il fattore “Campo di Leo” e conducendo la sfida oltre il novantesimo vinta al 116’ grazie a una rete del centrocampista.

La Novese, vincitrice della Prima Divisione organizzata dalla FIGC nel 1922 © Wikipedia

Quell’impresa impronosticabile alla vigilia divenne quindi realtà il 16 luglio 1922 quando il Vado Football Club si trovò ad affrontare una futura protagonista della Serie A, l’Udinese. All’epoca i friulani non se la passavano tuttavia così bene vivacchiando in Prima Categoria e non superando mai lo scoglio della fase regionale. Nonostante la differenza di livello, i liguri dimostrarono ancora una volta di esser imbattibili fra le mura amiche avendo la meglio degli avversari al 118’ con un gol dell’uomo simbolo, Virgilio Felice Levratto. Soprannominato “sfondareti” per la potenza dei suoi tiri, il centravanti originario di Carcare confermò la propria fama nell’incontro decisivo sfruttando un errore dei bianconeri che, perdendo palla in un’azione d’attacco, scatenò il contropiede dei calciatori del Vado che trovarono pronto sulla fascia sinistra Levorato. L’attaccante non si fece attendere e, dopo aver dribblato due difensori, fece partire un potente tiro di esterno sinistro da venti metri che si infilò sotto l’incrocio sinistro della porta. Il lancio fu talmente potente da squarciare la rete e andare a rimbalzare contro la Torre di Scolta, situata dietro la porta degli udinesi.

Felice Levratto, conosciuto come “sfondareti”, impegnato in un tiro © Secolo XIX

Per il Vado era l’epilogo di una cavalcata favolosa conclusa con la consegna del trofeo avvenuta il 17 settembre successivo alla presenza del presidente federale Giovanni Lombardi, una coppa di 8,8 chilogrammi d’argento incastonata in astuccio foderato di seta blu. Il simbolo del trionfo scomparve tuttavia il 18 dicembre 1935 quando quest’ultimo venne regalato in occasione del giorno “dell’oro alla patria” e fuso per la causa nazionale promossa da Benito Mussolini. Una fedele copia venne riconsegnata il 9 aprile 1992 in occasione dell’amichevole Vado-Udinese dalla FIGC, ricucendo soltanto in parte quella ferita.

Chi fece carriera fu invece Levratto che, coltivando ulteriormente la fama di “sfondareti”, venne convocato da Vittorio Pozzo in Nazionale per le Olimpiadi Estive di Parigi 1924 prima di disputare un’altra edizione quattro anni dopo ad Amsterdam dove conquisto uno storico bronzo da protagonista. Lasciato Vado, la sua figura si legò per sette anni a quello del Genoa prima di passare all’Inter e alla Lazio. La sua esperienza in Nazionale fu invece condita da ventotto presenze e undici gol necessari per rimanere nella memoria dei più accaniti appassionati di calcio.

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Marco Cangelli
Giornalista presso la testata online "Bergamonews" e direttore della web radio "Radio Statale", sono un appassionato di sport a 360 gradi. Fondatore del format radiofonico "Tribuna Sport" e conduttore del programma "Goalspeaker", spazio dal ciclismo all'atletica leggera, passando per lo sci e gli sport invernali

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