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Kasper Schmeichel, quando il DNA non basta

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Siamo appena nella prima fase ad eliminazione e già questo Mondiale di Russia 2018 ci ha regalato partite memorabili, che rimarranno nella nostra memoria per anni e anni. Una di queste è stata Croazia-Danimarca, secondo ottavo di finale.
La Croazia, illuminata dal genio di Luka Modric, è una vera e propria corazzata, forse una delle squadre più organizzate per portare la coppa a casa. La Danimarca invece non è la solita squadra “cuscinetto”, bensì un team difficile da affrontare e per capirlo basta vedere i dati: i danesi non subiscono più di 1 gol a partita dal 2016, e si sono qualificati per gli ottavi segnando solo due volte.

La partita ha avuto nel complesso un andamento altalenante: in alcuni momenti era pura frenesia, in altri ha fatto rimpiangere un Sassuolo-Chievo qualsiasi.
Dopo due gol rocamboleschi nel primo tempo, la situazione non si schioda dall’1-1. Si va ai supplementari.
Qui l’andamento non sembra cambiare, fino a quando Rebic si procura un calcio di rigore per la Croazia al 116′.

E’ l’occasione che potrebbe portare i croati direttamente ai quarti di finale, evitando la lotteria dei calci di rigore. La responsabilità va sui piedi di Modric, non uno qualsiasi.
Ma nei calci di rigore, i protagonisti sono due: chi li tira, e chi sta in porta.

E colui che sta tra i pali della Danimarca si chiama Kasper, ed è figlio d’arte.
E’ stato uno dei protagonisti di quella bellissima favola del Leicester campione d’Inghilterra (2016), quindi è uno abituato ai miracoli. Non viene da una stagione esaltante, quest’anno la sua squadra è arrivata nona, subendo ben 60 gol in totale, una delle peggiori difese del campionato inglese.
Ma il Mondiale è l’occasione del riscatto, è lì dove nascono le leggende.

Nei rigori non conta il palmarès, non contano i trofei vinti o i numeri. Contano solamente le spalle, e Kasper ha due spalle grandissime.
Talmente grandi che quel rigore a Modric lo para sotto gli occhi del padre Peter in tribuna, che esulta come un forsennato.

Si va ai rigori, e Kasper dopo quel miracolo sembra più grande, quasi non ci sta in quella porta. Si sente leggerissimo, potrebbe quasi volare, ed è esattamente quello che fa: ne para altri due, prima a Badelj e poi a Pivaric.
Glielo si legge in faccia, ha gli occhi di chi vuole fare la storia, gli occhi di chi non vuole più essere ricordato come “figlio di”.

Ma il calcio non è sempre una favola, anzi: quando sei a tanto così dal miracolo, è proprio lì che rischi di cadere.
Perchè dall’altra parte c’è un’altra saracinesca chiamata Subasic, che riesce a parare 3 rigori, così come Kasper.

La vera differenza l’hanno fatta i croati, più freddi dal dischetto rispetto ai danesi. Lo stesso Eriksen, faro del centrocampo danese, si fa incantare da Subasic e lo sbaglia.
La Croazia passa ai quarti grazie ai rigori infallibili (stavolta) di Modric e Rakitic.

La Danimarca torna a casa, ma Kasper sa di aver fatto il massimo per meritarsi quel cognome. Non sappiamo se questo sia stato il suo ultimo mondiale, ma se dovesse esserci anche in Qatar, quel mondiale profuma già di riscatto.

 

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