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La nuova sfida di Vittoria Bussi: “Nel 2023 vorrei riprendermi il record dell’ora”

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La matematica è una delle componenti più importanti del mondo del ciclismo. Dalle statistiche che raccontano la vita di un corridore ai numerosi studi compiuti per migliorare il materiale tecnico: la scienza per eccellenza è sempre presente. Chi ha saputo unire questo connubio e trasformarlo in un’intesa vincente è Vittoria Bussi, detentrice dal 2018 al 2022 del record dell’ora femminile.

In grado di conseguire un dottorato di ricerca ad Oxford, la 35enne romana trapiantata a Torino ha saputo mettere le proprie conoscenze a disposizione del mondo delle due ruote percorrendo al Velodromo di Aguascalientes 48,007 chilometri in sessanta minuti e divenendo così una vera e propria specialista delle cronometro.

Una sfida senza dubbio affascinante, che ha colpito gli appassionati italiani grazie alla prodezza compiuta al maschile da Filippo Ganna, ma che a distanza di oltre quattro anni Vittoria Bussi vorrebbe riprovare, senza mai dimenticare quel legame che unisce sport e scienza.

Vittoria, sbirciando sui social abbiamo notato come ti stai preparando per ritentare il record dell’ora. Com’è nato questo progetto?

Ho detenuto il record fino a settembre 2021 e, sinceramente, non era nei miei programmi ritentarlo. L’arrivo del nuovo sponsor tecnico, la Hope, mi ha però fatto cambiare idea. Infatti con loro abbiamo iniziato a pensare a un progetto che potesse dare vita a un processo di sviluppo dei materiali, in particolare nel campo del ciclismo su pista. Complice i miei studi di matematica, io avrei potuto fornire dei feedback sia da un punto di vista atletico che scientifico, quindi ho deciso di rimettermi all’opera e provare a ottenere un risultato concreto rispetto ai miei studi”.

Uno dei primi passi verso questo tentativo è stata la simulazione compiuta al Motovelodromo di Torino qualche settimana fa. Com’è andata?

L’errore del primo record è stato quello di non parlarne troppo. Essendo da poco arrivata nel mondo del ciclismo avevo un po’ di paura, quindi ho preferito non dirlo troppo ad alta voce, ottenendo però il risultato opposto. Ho quindi capito che un record vissuto con il sostegno di persone al tuo fianco ha un’altra valenza e da qui è nata l’idea di realizzare una sorta di allenamento al Motovelodromo, consentendo così al pubblico di comprendere cosa significhi vivere da vicino una prova di un’ora affrontata al massimo delle proprie capacità”.

Vittoria Bussi impegnata nella simulazione al MotoVelodromo di Torino © Edoardo Frezet

Quando ti vedremo all’opera per questo nuovo record?

Ci vorrà ancora qualche mese, quindi parliamo del 2023. Sulla location stiamo ancora ragionando perché mi piacerebbe tornare in Messico dove quattro anni fa mi sono trovata bene, ma sto valutando anche alcune località europee per essere più vicina a casa. In pochi lo sanno, ma il principale problema di un tentativo di record del mondo è il costo”.

Quanto costa svolgere un record di questa tipologia?

Spesso mi capita di dire che l’aspetto più semplice di un primato del genere sia pedalare. Di base partiamo infatti da cifre che si aggirano attorno ai 30.000 euro in cui sono compresi l’affitto del velodromo, lo stipendio dei commissari UCI, il costo per le procedure antidoping, il viaggio e spese varie. Non essendoci un velodromo attualmente agibile in Italia, siamo costretti a spostarci all’estero. A ciò si aggiungono gli sponsor tecnici, chiamati a fornire tutta l’attrezzatura. Per cui se si vogliono fare le cose per bene, con ogni probabilità si supera quel tetto di spesa. Abbiamo infatti visto come la Ineos abbia investito parecchio su Ganna, ma questo conferma come per puntare a un obiettivo simile sia necessario avere alle spalle un colosso di questa portata”.

A livello di preparazione fisica, cosa è necessario compiere per giungere pronti ad affrontare questa sfida?

Per molti versi è simile a una cronometro perché si gareggia comunque contro il tempo. Come ho già fatto nel 2018 mi piacerebbe mantenere la preparazione su strada e tornare ad affrontare questa tipologia di competizioni. E’ inoltre necessario rimanere molto tempo in bicicletta e in particolare in posizione per abituarsi a questa condizione, lavorando quindi anche a livelli meno intensi. Bisogna inoltre provare l’ora prima di scendere effettivamente in gara, perché è qualcosa di indescrivibile visto che le cronometro su strada durano massimo quaranta minuti a livello femminile e il percorso è più variegato”.

Dovendo girare per sessanta minuti attorno a un anello di parquet, come si riesce a rimanere sempre concentrati?

Sicuramente bisogna fare grandi esercizi di concentrazione simulando situazioni simili a ‘l’ora’ oppure stando parecchio tempo in pista. Per esempio durante il record precedente pensavo a tutto tranne che a pedalare, perché se ti concentri solo sul gesto o sulla fatica, allora sì che l’ora diventa interminabile. Per esempio durante la competizione ho inserito della musica e ho iniziato a cantare dentro di me oppure facevo dei conti. Ovviamente bisogna lavorare con qualcuno che ti aiuti a superare tutta la pressione che si viene a creare perché si tratta pur sempre di un record del mondo con tanto di pubblicità, di persone che ti osservano e che si aspettano qualcosa da te. Arrivare leggeri dal punto di vista mentale è fondamentale”.

Vittoria Bussi impegnata al Velodromo di Aguascalientes

Più volte durante il tentativo compiuto da Filippo Ganna abbiamo sentito parlare del muro dei ‘quaranta minuti’. Ci spieghi concretamente cosa significa per un atleta?

Si tratta di un muro reale. Nel mio caso si raggiunge tra i trentacinque e i quaranta minuti, perché i primi venti minuti li passi facilmente, devi avere quasi la sensazione di trattenerti un pochino. Poi inizi la mezz’ora con un po’ di fatica e cominci a renderti conto che hai di fronte a te ancora trenta minuti. Credo quindi che vi siano anche motivazioni fisiologiche per spiegare il perché: quando si arriva attorno ai trentacinque minuti il corpo non riesca a smaltire l’acido lattico. Dipende chiaramente dalla strategia, se si va in progressione come Ganna e poi si accelera sul finale, oppure chi, come me, preferisce invece imporre subito un ritmo costante sino alla fine. Superati quei cinque minuti nel momento in cui arriva la soglia della fatica, ci si rende conto che il peggio è passato e si inizia a vedere la fine del tunnel. Questo offre quella spinta che, se anche a livello di gambe non ne hai più, ti consente di mantenere la velocità”.

Rimanendo su Ganna, la “Locomotiva di Verbania” ha sfiorato il limite dei 58 chilometri orari. Secondo te è possibile superarlo e nel caso converrebbe provarci già nei prossimi mesi?

Nei prossimi anni sicuramente il ciclismo seguirà il progresso tecnologico per cui i record molto probabilmente verranno battuti. Ci sarà probabilmente un limite, anche se vedremo quasi sicuramente una progressione. Starà all’UCI regolarizzare lo sviluppo scientifico al fine di offrire possibilità uguali per tutti, soprattutto a livello di divario economico. Più si va avanti, più le bici saranno costose e sempre meno atleti potranno ambire a questo traguardo”.

Facendo un balzo indietro nel tempo, nel 2016 hai deciso di lasciare l’attività accademica a favore di quella sportiva. Perché hai preso questa scelta?

Perché si trattava di due lavori particolarmente faticosi. Da un punto di vista mentale e fisico è impossibile portare avanti due professioni ad altissimi livelli. Io mi ritrovavo in quel periodo a fare la post-dottoranda all’ICTP di Trieste, per cui ricerche di matematica pura ad alti livelli. Quel ruolo richiede un impegno mentale costante che ti spreme fisicamente come se stessi su una bicicletta. D’altro canto il ciclismo come l’ho interpretato io, quindi in maniera molto indipendente e senza appoggiarmi su grandi squadre, significa che prendersi carico anche del ruolo di manager. Tutto ciò comporta che prenda contatti con gli sponsor, mi organizzi i voli, parli direttamente con l’UCI, i commissari e l’antidoping, prendendomi quindi un impegno che a livello di tempo non consente di spendere tempo in altro. Già in passato presi una scelta a favore degli studi e contraria all’atletica leggera, sport che praticavo da ragazzina con una passione incredibile: una decisione che mi è sempre pesata molto. Quando la vita mi ha messo nuovamente di fronte a questo bivio, non ho avuto dubbi e ho puntato su questa strada. Magari più rischiosa a livello economico, ma che mi consentiva di non ripetere lo stesso errore”.

Vittoria Bussi con il cartellone del record dell’ora © Endura

A distanza di sei anni, ti puoi quindi dire soddisfatta di questa scelta?

Assolutamente sì, perché negli anni non è tanto il lavoro che facciamo a portare felicità nelle nostre vite, ma il modo in cui facciamo ciò in cui ci impegniamo. Possiamo svolgere qualsiasi professione, ma se lo facciamo sempre con lo stesso modo, la stessa professionalità, penso che ciò possa dar un senso alla nostra vita”.

A proposito di questioni economiche, a differenza del calcio, nel ciclismo femminile il professionismo non è ancora stato riconosciuto. Quali passi è necessario compiere per raggiungere questo storico traguardo?

Purtroppo è una questione economica. Il ciclismo femminile è uno sport di nicchia rispetto al maschile perché girano meno soldi. Questo perché vi sono meno sponsor a causa della minor visibilità che viene offerta a questa disciplina. Se banalmente quattro anni fa il mio tentativo fosse stato trasmesso dalla televisione di Stato, probabilmente avrebbe avuto risalto pari a quello di Ganna. Alcuni quotidiani si sono addirittura dimenticati del record dicendo come il primato di Pippo fosse il primo della storia per il Piemonte. Ciò mi ha fatto riflettere su quanto la visibilità conti e su come questa influisca anche sull’apporto economico, tant’è che con un terzo del costo della bici di Ganna io potrei completare l’intero tentativo. Rimanendo proprio su questo esempio, paradossalmente tutti hanno ricordato come Ganna abbia battuto Chris Boardman, ma nessuno si è ricordato che Joscelin Lowden ha battuto Jeannie Longo che non mi pare fosse un’atleta di livello inferiore”.

Tornando alle competizioni su strada, dopo gli Europei di Trento dello scorso anno, nel 2022 ti abbiamo vista impegnata in poche competizioni. Quale motivo ti ha spinto a ridurre la tua attività in questo settore?

Purtroppo sono successe varie cose, in primis a giugno e luglio erano in programma due importanti cronometro che sono state cancellate. Questo ha fatto sì che avessi come gara d’esordio il Campionato Italiano, unica prova utile per mostrare al commissario tecnico tutto il mio valore. La gara è andata sotto le mie aspettative e, andando a fare una serie di analisi, ho scoperto che avevo contratto il Covid e me lo sono trascinata anche per parecchio. Ciò mi ha impedito di farmi notare e essere convocata per Europei e Mondiali per cui l’ultima occasione in mio possesso era la Crono delle Nazioni. Sino al decimo chilometro ero in linea per ottenere un risultato nelle prime posizioni, tuttavia ho forato la gomma anteriore e, per mancanza d’esperienza, sono finita nel panico più totale. E’ stato tremendo perché la bici ha iniziato a sbandare e a quel punto mi sono fermata perdendo però minuti importanti”.

Vittoria Bussi affronta il Campionato Italiano a cronometro 2022

Osservando le prestazioni su strada e a cronometro, chi ti assomiglia maggiormente è con ogni probabilità Vittoria Guazzini. La si può definire l’erede di Vittoria Bussi?

Ho sempre fatto il tifo per lei. L’ho conosciuta in modo particolare al Mondiale di Imola nel 2020 ed è stato molto bello perché entrambe condividiamo la passione per le gare contro il tempo. Nonostante sia più giovane di me, lei è probabilmente più esperta gareggiando in bici da più anni. Entrambe siamo bionde, ricce e un po’ matte, per cui è stato molto divertente incontrarci. Le faccio i miei più sentiti auguri per una carriera lunga e virtuosa”.

In conclusione, cosa vorrebbe fare da grande Vittoria Bussi ?

Sicuramente vorrei riallacciarmi con la matematica perché è una cosa in cui ho investito moltissimo, almeno sino a ventisette anni. Però non vorrei lasciare lo sport. Ci sono moltissime applicazioni, a partire dai regolamenti UCI che ha un settore intero sugli sviluppi tecnologici. Mi piacerebbe offrire il mio contributo interno da scienziata per dare un feedback a questo mondo”.

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Marco Cangelli
Giornalista presso la testata online "Bergamonews" e direttore della web radio "Radio Statale", sono un appassionato di sport a 360 gradi. Fondatore del format radiofonico "Tribuna Sport" e conduttore del programma "Goalspeaker", spazio dal ciclismo all'atletica leggera, passando per lo sci e gli sport invernali

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