Ciclismo

Spunti e analisi di un Tour Down Under del solito Porte

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Il Tour Down Under 2020 ha dato il via a un’annata già fortemente caratterizzata da ciò che accadrà a Tokyo in estate, l’aperitivo della stagione è un cocktail di conferme e un buffet che parla anche italiano, tra alti e bassi. Neanche a dirsi, guarda un po’, ha vinto Richie Porte e questa volta non c’è Impey che tenga. Per il Diavoletto della Tasmania è il secondo successo nella breve corsa a tappe australiana, Diego Ulissi e Simon Geschke completano il podio distanziati di 25″.

Fa notizia che Porte non abbia vinto a Willunga Hill, non è riuscito a piazzare il settimo centro dopo i trionfi ininterrotti totalizzati dal 2014. Per una volta si rompe la tradizione in favore di Matthew Holmes (giovane talento da tenere in forte considerazione), il re è costretto ad abdicare, ma poco importa. Ha vinto a Paracombe e va bene così, perché è sempre piacevole vincere davanti al proprio pubblico, ma l’aperitivo non deve guastare il pranzo e le pietanze prelibate per il corridore Trek-Segafredo dovranno essere altre. Forse si dovrebbe pensare a spostare il Tour de France – ma anche il Giro – a gennaio considerando la sua carriera, costernata da rimpianti, corse concluse in anticipo, ritiri, tanta sfortuna.

Ad onor del vero, Porte ha avuto la prontezza e la sagacia di saper capitalizzare quanto conquistato a Paracombe, per poi sbarazzarsi degli avversari – bravissimo Elissonde a lanciarlo ai -2 dal traguardo – quantunque Holmes l’abbia battuto in volata nella tappa conclusiva. Nulla hanno potuto i vari Simon Yates, Ulissi, Dennis, lo stesso Impey che ha provato ad assaporare il terzo successo consecutivo, naufragando però a 26″ dalla maglia ocra finale. A lui, comunque, va l’onore delle armi per aver vestito l’ocra e lottato ogni giorno da protagonista.

 

Ottimo secondo Ulissi, sorpresa Geschke

Ulissi conquista un bel secondo posto nella generale, dimostrando di avere una certa regolarità nelle giornate impegnative. Non sarà il risultato della stagione, ma le prime pedalate del 2020 sono positive e fanno accrescere la fiducia in un corridore, sempre tra i migliori nei traguardi congeniali ai big. A Willunga Hill è riuscito a gestirsi al meglio, non ha avuto problemi a staccare avversari del calibro di Simon Yates e George Bennett. Questa condotta di gara non fa che ben sperare in vista degli appuntamenti più importanti.

Geschke è forse la sorpresa di questo Tour Down Under con un ottimo terzo posto e una corsa che l’ha reso protagonista nella caccia agli abbuoni. Per il tedesco della CCC non sarà stata una prestazione straordinaria, tuttavia non ha mai risposto in una maniera differente dal “Presente!” quando la strada diventava dura e chiamava a raccolta i grandi nomi. Ben fatto per lui, anche per il duo della Ineos Dennis-Van Baarle. Se per l’australiano, al ritorno alle corse dopo la paradossale esperienzia alla Bahrain-Merida, è stata un’importante occasione di fornire indicazioni da non sottovalutare per il team come opzione primaria per le brevi corse a tappe, l’olandese ha mostrato notevoli miglioramenti in salita.

 

Ewan e Bennett vista Sanremo, Viviani rimandato dalla sfortuna. L’Italia gioisce

Il merito del Tour Down Under è quello di offrire spunti per certi versi accattivanti, certamente in grado di destare particolare interesse quando si provano a fare ragionamenti a lunga gittata. Questo accade soprattutto se l’obiettivo della prima parte della stagione è la Milano-Sanremo, lo sanno bene le ruote veloci.  La prima grande occasione per testarsi viene offerta proprio dalle strade australiane, ma i responsi, purtroppo, non sempre sono completi.

Caleb Ewan è chiamato a ripetere un grande 2019 e ha tutte le intenzioni di farlo nel migliore dei modi, se non addirittura a migliorarsi. Ha la gamba migliore, conquista due tappe dagli arrivi piuttosto differenti tra loro e già lancia la sfida alla Milano-Sanremo del 21 marzo prossimo, romanticismo permettendo in favore di Gilbert. Sam Bennett e la Deceuninck-Quick Step però non vogliono essere da meno: il treno c’è, Morkov fa di tutto per lanciarlo e il suo lavoro è alquanto egregio, l’irlandese ringrazia e alla prima tappa finalizza il primo obiettivo. Poi deve arrendersi accontentandosi dei piazzamenti che non scalfiranno la sua fiducia, né la sua straordinaria velocità.

Chi deve fare i conti con la sfortuna è il nostro Elia Viviani, al debutto tra le file della Cofidis. Dopo il quarto posto a Tanunda, il suo Tour Down Under diventa una via crucis a seguito della caduta nella tappa di Stirling. Stringe i denti e prosegue la corsa fino alla fine, ma è provato da dolori fisicii e ferite varie. Un peccato per lui che ha ancora bisogno di affinare l’intesa con i compagni di squadra.

l’Italia ha comunque motivi per sorridere con una fantastica doppietta Nizzolo-Consonni a Victor Harbour. ll corridore besanese della NTT interrompe un digiuno lungo ben sette anni al World Tour, sceglie forse la tappa più dura per quanto riguarda il fattore risparmio. La sua è una vittoria toccasana che fa morale per chi ha avuto a che fare con diversi tormenti fisici, una bella iniezione di fiducia in vista di una stagione di rilancio dopo le ultime due annate sottotono. Anche il compagno di squadra di Viviani ha motivi per gioire, arrivare davanti a un velocista come Bennett, non è roba da tutti i giorni. Sfiora il successo, ma dimostra di poter esserci nei momenti topici e di avere tutte le qualità per dare una svolta alla propria carriera.

Menzione speciale va a un buon Alberto Dainese (Sunweb), alla sua prima corsa tra i professionisti. Si muove bene, non ha problemi a farlo al pari del suo essere schietto. Colleziona un decimo posto nella prima frazione e addirittura un quinto nella volata di Murray Bridge, segno evidente della sua grande voglia di emergere e buttarsi nella mischia, oltre a saper cogliere le occasioni quando si presentano. Il ragazzo ha un bel talento, è partito bene, può soltanto migliorare e i margini sono ampi.

 

 

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