Rugby

All Blacks contro Springboks: Midnight in Paris

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Domani sera, allo Stade de France si compirà l’ultimo atto di questa lunghissima e emozionante Coppa del Mondo di rugby. Non è in palio solo la Webb Ellis Cup. È in gioco una supremazia sullo sport. Come fu nel calcio prima della finale di Usa ’94 tra Italia e Brasile. Entrambe entrano in campo con tre titoli a testa. Nessuna ne ha tanti come loro. Una soltanto però festeggerà nella notte Parigina la quarta coppa.

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È una storia che inizia negli anni ’90. Finisce l’apartheid ed il CIO riammette allo sport il Sudafrica. E la prima sfida della nazionale di rugby è proprio contro la Nuova Zelanda a Johannesburg nell’agosto 1992. 27 a 24 per gli All Blacks. Il famoso “return test”. Da quel giorno fino a oggi le due squadre si sono affrontate 105 volte tra test match, rugby championship e mondiali. 61 vittorie neozelandesi, 4 i pareggi e 40 le vittorie sudafricane.

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La più celebre tra queste sfide è senza dubbio la finale della Coppa del Mondo nel 1995. L’organizzazione viene affidata proprio al paese del neo presidente Nelson Mandela. Scriveva così l’inviato del Corriere della Sera Flavio Vanetti dopo l’esordio vincente contro l’Australia: “La partita piu’ importante si è giocata per le vie di Città del Capo, con code d’auto sulla via per lo stadio, con veglie davanti ai cancelli nella vana speranza di catturare, l’indomani, un biglietto, con gagliardetti e cappellini a volontà, con bancarelle per vendere di tutto”.

E ancora: “All’uscita dello stadio, un ragazzino dagli occhi scavati ma felici vendeva foto degli Springboks. In calce c’era scritto: “Grazie per essere stati qui in questo giorno. Che Dio vi benedica”.

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I padroni di casa arrivano in finale sospinti da un popolo che è unito nonostante le sue ancora visibili disuguaglianze, e guidati dal capitano Francois Pienaar e dal presidente Nelson Mandela. Dovranno affrontare però una squadra che ha fatto parlare molto di sé. E lo ha fatto perché tra le sue fila ha un giocatore mai visto prima: Jonah Lomu.

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Al Wesley college di Auckland si accorsero tutti che fosse un ragazzo speciale, anche a causa della difficile infanzia in un quartiere povero e pieno di criminalità. Talmente speciale che esordì negli All Blacks a soli 19 anni; il più giovane debuttante di sempre. E come racconta Angelo Carotenuto nel suo podcast “Rimbalzi”, proprio in quella Coppa del Mondo ci fu l’epifania di Lomu come archetipo del giocatore di rugby del nuovo millennio. Forte come una roccia, ma allo stesso tempo veloce e tecnico come un felino. Gli bastarono 25 passi e tre minuti di gioco contro l’Inghilterra in semifinale per segnare a detta di molti la meta del secolo.

Potete solo immaginare le notti insonni dei giocatori Sudafricani, passate tra il sogno di un titolo insperato per l’alba di una nuova nazione e gli incubi di affrontare un essere inarrestabile appena atterrato sul pianeta rugby.

“Sempre almeno in tre”, ricordava il capitano sudafricano ai compagni, come un mantra. Sempre almeno in tre per arrestare quella onda d’urto tutta nera. E ci riuscirono! Dopo un match equilibratissimo, un drop di Joel Stransky diede la vittoria agli Springboks per 15 a 12.

Ai mondiali si affrontarono ancora nel 1999 in una sfida che valse il bronzo al Sudafrica, nel 2003 ai quarti di finale dove avanzarono i neozelandesi. Poi nel 2015 dove Dan Carter portò la Nuova Zelanda alla finale che valse il terzo titolo e nell’ultima Coppa del Mondo dove nel gruppo B vinsero ancora gli All Blacks 23 a 13. L’ ultima volta che queste due squadre si sono affrontate è stato lo scorso agosto con la peggior sconfitta mai registrata per la nazionale della Felce argentata: 35 a 7.

L’epica di questi match è rimasta viva nella memoria di appassionati e tifosi; dopo aver visto quarti e semifinali e le emozioni vissute, siamo però altrettanto sicuri che anche questa finale farà parlare di sé per molti anni a venire.

Matteo Festa

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