A ruota liberaBasketTennis

Considerazioni sparse di un appassionato di sport

0

Le opinioni incluse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore.

Oggi è domenica 30 gennaio 2022 e, probabilmente, le ultime 12 ore della mia vita sono state tra le più entusiasmanti dal punto di vista sportivo.

Quando ero bambino non ho mai potuto (ma forse anche mai voluto) praticare uno sport che mi piacesse. A causa di molteplici problemi alla schiena, dottori e fisiatri mi hanno sempre raccomandato di praticare il nuoto, ed è così che dai 6 ai 19 anni la piscina comunale è stata l’unico palcoscenico che io abbia mai calcato – e nemmeno a livello agonistico.

Tuttavia, sin da piccolo amavo guardare lo sport in TV. E considerato che sono cresciuto negli anni ’90, l’offerta non era così estesa come al giorno d’oggi. Il mercoledì sera la partita in chiaro di Champions League, dove ancora partecipava una sola squadra italiana (o forse erano due, ma comunque non le quattro del giorno d’oggi). Poi, il sabato pomeriggio, RaiTre trasmetteva sempre una partita di basket o pallavolo.

Per una fortuita coincidenza, quegli anni vedevano la Juve di un giovane ma già fenomenale Del Piero, nato a 25 km da casa mia, giganteggiare in Champions. Inoltre, la Sisley Treviso di pallavolo e la Benetton Treviso di basket erano le grandi protagoniste dei rispettivi campionati. E il sottoscritto, proveniente da un paesino della provincia di Treviso, non poteva che appassionarsi alle imprese sportive di queste squadre.

Ma non c’erano solo calcio, basket e volley. Alla fine degli anni ’90 Valentino Rossi stava iniziando il proprio dominio nel motociclismo, la Ferrari aveva ingaggiato Michael Schumacher e stava finalmente gareggiando per il titolo mondiale, mentre l’Italia del tennis, trasmessa sulle reti Rai, riusciva a competere ai massimi livelli in Coppa Davis, con il trio Furlan-Gaudenzi-Nargiso. Ah, e siccome mio padre era un appassionato di montagna e sci, il grande Alberto Tomba non mancava mai.

Si parla, quindi, di un periodo in cui era ben difficile non appassionarsi a qualsiasi sport.

Tornando alle ultime 12 ore, lo sport mi ha regalato almeno due eventi che ricambiano di tutta la passione e il tempo dedicatovi. Il primo riguarda il basket.

Per una qualche ignota ragione, stanotte alle 3 ero sveglio. Siccome sapevo che la partita di basket NBA tra Toronto Raptors e Miami Heat si giocava all’incirca a quell’ora, mi ci sono sintonizzato. Inoltre, Pascal Siakam dei Raptors faceva parte anche della mia squadra del Fantabasket Dunkest, motivo in più per seguirne le prestazioni. E il match ha regalato un’altalena di emozioni come solo lo sport al massimo livello sa fare.

Tre tempi supplementari, 63 minuti giocati, i titolari dei Raptors che hanno giocato tutti più di 53 minuti (un record), partita tiratissima, quasi fossimo ad una gara 7 delle Finals, in cui le difese hanno recitato un ruolo da protagoniste – la partita è terminata 124-120, punteggi che certe volte vengono superati in soli 48 minuti. Una scarica di adrenalina da cui ho impiegato un’ora per riprendermi – e per rimettermi a dormire.

Poi, dopo essermi svegliato e aver fatto colazione, ecco la finale degli Australian Open di tennis. Una manifestazione che non avevo mai guardato in vita mia. Tuttavia, grazie agli ottimi risultati dei nostri Berrettini e Sinner – che spiegano la diretta correlazione tra atleti di alto livello e aumento degli appassionati – e alla disponibilità di tempo, ho deciso di guardarmi la finale tra Nadal e Medvedev. Non me ne pentirò mai.

Una partita che va oltre il tennis, una match che rappresenta il più alto livello sportivo a cui uno spettatore possa assistere. Cinque ore e mezza di puro spettacolo, continui cambi di leadership, adrenalina e tensione che sopperiscono alla stanchezza. Nadal che si fa sfuggire di mano il 2°set, dopo averlo condotto a lungo, ma conserva abbastanza energie mentali per rimontare fino al 2-2. E poi quel 5° set dove, in vantaggio di un break, si fa recuperare da Medvedev, ed ecco che sembra poter crollare sotto la pressione dell’avversario ma, in qualche incomprensibile – e forse extraterrestre – modo riesce a strappare il servizio al russo, andando avanti 6-5 e chiudendo poi la pratica 7-5.

Un campione dentro il campo, e forse anche fuori.

Credits: AusOpen Twitter

E sottolineo la parola “fuori” perché da essa partono le principali considerazioni di questo articolo. Difatti, rimanendo all’Australian Open, l’edizione inizialmente è stata dominata dalla querelle Djokovic. Pertanto, vale la pena spendere due parole sul “presunto” campione serbo. Uso la parola presunto perché, come spesso accade, si tende a sovrapporre la dimensione sportiva a quella umana. Mi spiego meglio.

La popolarità che hanno i campioni dello sport esula, solitamente, dai confini nazionali. Ed ecco che gli sportivi assurgono a personalità addirittura più importanti di alcuni politici, o scienziati, o qualsiasi altra categoria che tende a rimanere conosciuta esclusivamente nel proprio Paese di provenienza. Di conseguenza, gli sportivi dovrebbero rappresentare un modello a cui ispirarsi. O, perlomeno, dovrebbero prendere coscienza che le loro azioni, opinioni, parole, hanno un peso considerevole.

E qui arriviamo agli episodi che hanno riguardato Novak Djokovic. Perché, in tutta questa faccenda, la scelta di non vaccinarsi è quasi ininfluente, proprio perché è una scelta (condivisibile o meno). Il governo australiano ha tenuto il pugno duro sulla questione vaccinazione, anche per ragioni politiche, poiché a breve ci saranno le elezioni in Australia. Di conseguenza, la querelle Djokovic è servita, e non poco, a orientare l’opinione pubblica australiana.

Credits: Tennis World Italia Twitter

Tuttavia, il vero nocciolo della questione, che ha in qualche modo compromesso la reputazione di Djokovic, sono le menzogne e le violazioni delle regole. Le false dichiarazioni nel compilare i documenti di ingresso in Australia sono un reato. Una situazione che è pure peggiorata quando lo stesso Djokovic ha parlato di errore umano, cercando una inutile giustificazione. Un comportamento da persona che, per qualche incompresa ragione, si sente al di sopra della legge.

A tal proposito, aprendo una parentesi personale, ricordo, nelle occasioni in cui ho avuto modo di viaggiare in Australia, o in un altro paese dove bisognasse compilare documenti d’ingresso, come alcuni colleghi mi dicessero sempre di barrare la casella NO alle domande come quella a cui ha (mal)risposto Djokovic, riguardo i viaggi precedenti. Tuttavia, ho sempre preferito rispondere con sincerità a tali domande, proprio perché gli effetti di una semplice crocetta possono essere esponenzialmente problematici.

Tornando a Djokovic, quali potrebbero essere le conseguenze di un tale atteggiamento? Se una persona di tale popolarità trasmette il messaggio che le regole si possono aggirare, o peggio ancora si possono deliberatamente violare, con la presunzione di non temerne le conseguenze, o addirittura pensando di “fare fessi” (passatemi il termine, ma è il più adatto) gli altri, allora questo non sembra esattamente un comportamento da campione.

Come si può concludere un articolo dove chi scrive ha parlato “a ruota libera”, sciorinando argomenti che forse possono apparire sconnessi tra di loro?

Forse non esiste una conclusione appropriata. Sicuramente molti di voi penseranno ad altri sportivi, tra cui lo stesso Valentino Rossi, che hanno provato ad aggirare le regole. Altri di voi, invece, ritorneranno agli anni ’90 di cui parlavo all’inizio, dove anche i giocatori della Juventus finirono in mezzo alla bufera del doping.

E allora la conclusione adatta è quella a cui penso da qualche giorno a questa parte. Che, nonostante i nostri idoli, i nostri beniamini, gli sportivi a cui ci appassioniamo, possano sembrarci campioni anche nella vita, o in altre materie, molte volte non lo sono. Pertanto è giusto celebrarli qualora vincano dei trofei, ma è anche giusto riconoscere che non sono esenti da colpe qualora commettano infrazioni o azioni ingiuste.

E’ sacrosanto chiamarli campioni nel loro sport, ma è opportuno ricordarsi che, negli altri campi della vita, non è detto che abbiano studiato abbastanza, o dimostrato abbastanza rispetto e senso civico, per poter essere chiamati campioni.

 

 

 

VS su Telegram

Mauro Saccol
Cresciuto con Del Piero, "High Fly" Williams, Valentino Rossi e le partite di Basket e Pallavolo in onda al Sabato pomeriggio su RaiTre. Ora cerco di tramutare in parole questa grande passione.

Comments

Comments are closed.

Login/Sign up
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: