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Gigi Riva si racconta: dal trasferimento in Sardegna al leggendario 4-3 tra Italia e Germania

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«La mia storia d’amore con il calcio nasce sul campo della parrocchia vicino casa mia, a Leggiuno. Fin da bambino passavo ore e ore con la palla tra i piedi. Appena avevo un momento libero correvo lì e mi mettevo a giocare».

Così esordisce “Rombo di Tuono”, all’anagrafe Gigi Riva, nella chiacchierata con la quale ripercorriamo la sua carriera. Una vita da leggenda, legata al Cagliari e al suo unico storico scudetto.

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Riva con la maglia del Cagliari nel 1970

Riva nasce in Lombardia, a Leggiuno, in provincia di Varese, lungo le rive del Lago Maggiore. Ma a soli 19 anni si trasferisce a Cagliari, città da cui mai più si muoverà. La Sardegna è una terra così lontana e così diversa dalla sua Leggiuno e l’impatto con questa nuova realtà non è facile per Gigi.

«Devo dire che nel periodo in cui mi trasferisco a Cagliari stavo vivendo un momento difficile della mia vita e della mia famiglia. Avevo perso il papà da piccolino e da poco tempo anche mia madre ci aveva lasciati. Quindi per me quello era un periodo negativo a cui si aggiungeva un trasferimento abbastanza pesante. Però, una volta arrivato, qui in Sardegna ho ricevuto tutto l’affetto di cui avevo bisogno e questo non l’ho mai dimenticato».

Il giovane talento lombardo, dopo aver superato le prime diffidenze, si innamora della Sardegna, tanto che una volta preso residenza, non l’ha più cambiata. Neanche dopo il ritiro da calciatore.

«Sì. Qui a Cagliari ho ritrovato un luogo sicuro e quel senso di familiare che avevo perso su».

Un sentimento sicuramente dovuto anche al legame che si creò in quella squadra, in quel gruppo magico che era il Cagliari tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70.

«Quella squadra lì è rimasta molto legata con lo scorrere degli anni. Tanto che anche oggi, a distanza di diverso tempo, siamo molto vicini l’uno con l’altro. Poi si trattava di un gruppo particolare, perché non c’erano sardi. Noi eravamo tutti piemontesi, lombardi, veneti o al massimo toscani. Quindi nessuno aveva un legame con Cagliari o parenti da andare trovare. Si stava tutto il tempo insieme e si faceva gruppo».

Questa particolarità è stata probabilmente la vera forza di quella squadra. I giocatori di quel Cagliari erano arrivati tutti come “ospiti” in Sardegna e nel tempo si sono trasformati in figli di quella fantastica terra.

«Siamo stati accolti dalla gente e dai tifosi in maniera favolosa. Il rispetto verso di noi e le nostre vite veniva prima di tutto. Questo ambiente non lo trovi ovunque».

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La formazione del Cagliari dello scudetto

Riva ha più volte espresso tutto il suo amore verso la città, la squadra, i tifosi e gli abitanti di Cagliari. Ma mai dichiarazione fu più grande agli occhi dei sostenitori sardi del rifiuto ripetuto alle offerte della Juve e soprattutto al pressing asfissiante dell’Inter. L’allora patron Angelo Moratti stravedeva per il classe ‘44 e avrebbe fatto carte false pur di riportare Gigi in Lombardia. Il compagno di squadra, Ricky Albertosi, ha raccontato che i neroazzurri fecero un’offerta per avere entrambi e che lui insistette tanto con Riva per accettare. Ma Rombo di Tuono non ha mai ceduto, neanche alle tentazioni del compagno.

«Sono sempre stato sicuro della mia scelta e non la rimpiango. Qui a Cagliari mi trovavo troppo bene e non vedevo alcun motivo per spostarmi. Dopo il periodo buio passato da giovane avevo finalmente trovato un posto adatto per me. Avevo creato legami forti in Sardegna che non volevo lasciare. Non volevo ricominciare tutto da capo».

Il 1970 è un anno che nessun sardo scorderà mai: quello dello storico scudetto del Cagliari. Il campionato venne vinto matematicamente il 12 aprile del 1970, con la vittoria per 2-0 contro il Bari allo stadio Amsicora di Cagliari, con tre giornate di anticipo. Si trattava della prima vittoria del campionato di una squadra del sud, o comunque geograficamente sotto la Capitale.

«Quella fu un’impresa, anche se già l’anno prima meritavamo di vincerlo noi. Ma questo ai tifosi interessò il giusto. Le persone erano entusiaste della squadra che avevano, anche perché con l’anno dello scudetto aprimmo un ciclo di vittorie consecutive abbastanza lungo. E di quelle vittorie non gioivano solo i cagliaritani, ma tutti i sardi si sentivano coinvolti in quei successi».

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Riva con la maglia della nazionale

L’ex numero 11 è stato una bandiera del Cagliari, ma anche della nazionale italiana, con la quale si è tolto diverse soddisfazioni. Il successo all’Europeo del 1968, la vittoria nella soprannominata “partita del secolo” (il 4-3 contro la Germania ai Mondiali del 1970), oltre che la possibilità di giocare la finale della Coppa del Mondo contro il Brasile di Pelé.

«Il Mondiale del 1970 fu una competizione davvero dura. Le partite pesavano tutte in maniera significativa e abbiamo affrontato avversari fortissimi. Abbiamo dovuto giocare tutti i match dando il massimo. Però noi eravamo una bella squadra e si giocava bene. Anche quel gruppo, come quello del mio Cagliari, era fatto di uomini veri e capaci di creare legami profondi. Da quel Mondiale, infatti, tornai con tante nuove amicizie, che poi ho conservato per tutta la vita».

Nonostante una sconfitta in finale bruci sempre, la sfida contro quel Brasile e contro un mito assoluto del calcio come Pelé ha lasciato qualche bel ricordo in Gigi (cosparso da un po’ di rammarico).

«Quella gara, purtroppo, arrivava solo qualche giorno dopo la partita vinta con la Germania. Partita che sicuramente ci aveva dato tanto morale per come era finita, ma che ci aveva anche richiesto un dispendio enorme di energie fisiche e mentali. Quindi arrivammo scarichi contro il Brasile, anche perché eravamo andati al massimo per tutto il Mondiale e probabilmente ci è mancato qualcosa a livello di energia in quell’ultimo atto. D’altro canto, giocare contro quel Pelé lì non era facile neanche se fossimo stati al 100% della condizione».

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Riva e Pelè in un contrasto durante la finale dei Mondiali 1970

In maniera goliardica proviamo anche ad azzardare la fatale domanda: “Chi è stato il più forte tra Pelé o Maradona?”, ma la risposta è prevedibile…

«Scegliete voi (ride, n.d.r.), io non so rispondere».

Quella nazionale italiana, oltre a Riva, era piena di stelle del calibro di Bonisensegna, Mazzola, capitan Facchetti, Rivera… Proprio quando parla della leggenda rossonera, il nativo di Leggiuno racconta un simpatico aneddoto riguardante la sfida contro la Germania.

«Eravamo sul 3-2 per noi e la Germania tirò una punizione a fil di palo. Lì c’era Gianni che doveva coprire quella parte di porta. Però lui non riuscì a spazzarla, i tedeschi pareggiarono e Albertosi andò su tutte le furie. Gianni però, con massima serenità, si avvicinò al nostro portiere e gli disse: stai tranquillo che ora vado di là e gli restituisco il gol. Detto fatto, l’azione dopo Rivera segnò il 4-3 per l’Italia e vincemmo la partita».

Il rapporto tra le due storiche bandiere di Cagliari e Milan (oltre che dell’Italia) è sempre stato ottimo, come confermato dallo stesso Riva.

«Con Gianni c’è un rapporto speciale e importante. Ci siamo trovati tante volte a giocare per la stessa maglia, quella azzurra. Lui aveva una classe sconfinata ed era sempre bello condividere il campo. Gianni è proprio uno di quei giocatori che definirei: un grande della storia del calcio».

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Riva e Rivera con la maglia della nazionale nel 1970

La carriera della leggenda dei rossoblu si interruppe a causa di due brutti infortuni. Il primo nel 31 ottobre del 1970 quando, durante la prima partita di qualificazione agli Europei del 1972 tra Italia e Austria, il difensore Norbert Hof effettuò un’entrata killer, che costò a Riva la frattura del perone e il distacco tra i legamenti della caviglia. Mentre il secondo si verificò il 1 febbraio 1976, durante una partita di campionato con il Milan al Sant’Elia. In questo caso la diagnosi fu distacco del tendine dell’adduttore della coscia destra. Purtroppo quest’ultimo problema si rivelò quello decisivo per la carriera di Gigi, il quale non ritornerà più su un campo da calcio. Il nativo di Ribera, però, ha più di qualche rammarico soprattutto sul primo lungo stop.

«Il primo infortunio è stato molto brutto e doloroso. A causa di quel problema sono stato fuori dal campo molto a lungo e abbiamo lasciato un paio di scudetti agli altri, che invece avremmo potuto vincere noi. Il secondo è stato più decisivo, perché ho dovuto smettere di giocare, ma quando l’ho subito venivo da anni tormentati da problemi fisici».

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Riva, Capo Delegazione della nazionale, durante il Mondiale 2006 con Fabio Cannavaro e Gianluigi Buffon

Una volta ritirato dal calcio giocato, Riva è stato mentore di diversi talenti italiani, che nel corso degli anni hanno scritto pagine di storia con i propri club e con la maglia azzurra come Gianfranco Zola, Roberto Baggio, Gigi Buffon e Nicolò Barella.

«Sì, questi sono solo alcuni dei tanti ragazzi che sono cresciuti con me e che io ho avuto la fortuna d’incontrare nel mio post-carriera. Barella ha iniziato nelle giovanili della mia squadra qui a Cagliari, con Buffon abbiamo vissuto l’avventura del Mondiale del 2006… Ma con tutti ho vissuto legami e momenti speciali. Se devo dire un ragazzo con cui ho un rapporto particolare? Non posso, farei un torto troppo grande agli altri».

Riva è stato un uomo di rilievo a tutto tondo e i suoi rapporti non si limitavano solo al mondo del calcio, ma aveva anche un bellissimo legame con Fabrizio De André. Tanto che il cantautore genovese regalò alla stella del Cagliari una delle sue preziose chitarre. Regalo che Riva custodisce gelosamente a casa sua.

«Io ero un suo fan. Di Fabrizio mi piacevano tutte le sue canzoni, sia da un punto di vista del ritmo, sia per il linguaggio che usava. Inoltre eravamo parecchio simili caratterialmente e questo ci faceva andare molto d’accordo».

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Riva durante un Cagliari-Roma nel 1969

Passando al presente, a giugno il Cagliari ha vinto i playoff di Serie B ed è tornato nella massima competizione italiana a distanza di un solo anno dalla retrocessione. Ecco il parere di Riva sull’attuale rosa dei rossoblu.

«Sono in contatto con la squadra e, salvo piccoli aggiustamenti, il nucleo centrale è rimasto quello dell’anno scorso. Questo aspetto è molto importante, perché la base era buona e la continuità del progetto dovrebbe dare buone garanzie per la prossima stagione».

Abbiamo visto tutti il bellissimo legame che c’è tra Claudio Ranieri e la squadra, oltre che la regione. Proprio per questo Riva crede che il mister possa essere l’uomo giusto per riportare in alto il Cagliari.

«Io credo molto in Claudio e penso sia la persona giusta per riportare il Cagliari dove merita di stare».

Proviamo anche un azzardato paragone tra Ranieri e Scopigno, storico suo allenatore negli anni d’oro dei rossoblu, ma qui Gigi ci blocca.

«Sicuramente sono due grandi menti calcistiche, ma Scopigno era veramente un fenomeno della panchina. Un fuoriclasse, difficile da paragonare a chiunque e a cui io devo molto della mia carriera».

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Giovanni Oriolo

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