F1

Monza: il tempio della velocità e i suoi segreti

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The show must go on cantavano i Queen e la F1 non fa certo eccezione. Dopo l’intenso weekend sulle alture di Spa Francorchamps si passa immediatamente al GP d’Italia sul circuito di Monza, un tracciato che emoziona gli appassionati come pochi altre piste sanno fare nel corso della stagione. Sarà una tappa fondamentale per gli equilibri del mondiale, con una Ferrari in netta crescita, una Mercedes che dovrà ribattere colpo su colpo e una Red Bull che non vuole più restare in disparte. Cerchiamo quindi di conoscere meglio la storia di questo mostro sacro dell’automobilismo mondiale e di scoprire come percorrere al meglio i 5793 metri che lo compongono.

L’autodromo nazionale di Monza, terzo circuito permanente più antico al mondo, nasce nel 1922 per celebrare il 25° anniversario dell’Automobile Club di Milano e si pone da subito l’obiettivo di essere uno dei più veloci al mondo. Obiettivo centrato in pieno, tanto da guadagnarsi il soprannome di “tempio della velocità”. A riprova di questo nel 2004 Rubens Barrichello fece registrare 260,395 km/h di media oraria sul singolo giro, la più alta ad oggi su un circuito di F1 (il record non è ritenuto ufficiale perché ottenuto durante le prove libere e non in gara).

 

Berger e Alboreto, autori della doppietta Ferrari del 1988.

Il tracciato originale era formato da due parti ancora esistenti, seppur rivisitate, unite da quello che oggi è il rettilineo dei box. La prima parte presentava una forma molto simile a quella della pista odierna fatta eccezione per le varianti, che verranno aggiunte in seguito, mentre la seconda corrisponde all’anello ad alta velocità, dalla forma simile al Motor Speedway di Indianapolis. Nel corso degli anni venne rinnovato in varie occasioni, in maniera più o meno drastica ma sempre allo scopo di aumentare la sicurezza e diminuire i molti incidenti dovuti alle altissime velocità raggiunte dalle monoposto. Alcuni di questi incidenti furono addirittura mortali come nel caso di Alberto Ascari (al quale venne intitolata l’omonima variante), Wolfgang von TripsJochen Rindt Ronnie Peterson, di cui ricorrono i quarant’anni dalla scomparsa. Gli ultimi ritocchi furono effettuati nel 2009 con l’aggiunta di dissuasori all’interno della variante della Roggia, dando così al tracciato la sua configurazione attuale.

 

Mika Hakkinen e Michael Schumacher in lotta durante il GP del 1998.

Tuttavia, Monza non è famosa solo per il gran numero di incidenti ma anche per essere stata teatro di gare entrate nella storia. Ricordiamo ad esempio la famosa doppietta Ferrari del 1988 firmata Gerhard Berger e Michele Alboreto, a meno di un mese dalla morte di Enzo Ferrari, dopo che Ayrton Senna gettò al vento una vittoria certa a pochi giri dalla fine o ancora il GP del 1998, con il sorpasso di Michael Schumacher nei confronti di Mika Hakkinen alla prima di Lesmo. A queste possiamo aggiungere il GP del 2008, dove, in un weekend condizionato dalla fortissima pioggia, un giovanissimo Sebastian Vettel stupì tutti conquistando la prima pole e vittoria della sua carriera a soli 21 (record all’epoca).

 

Sebastian Vettel, vincitore nel 2008, sul podio insieme a Heikki Kovalainen e Robert Kubica.

Dopo aver rievocato la storia del circuito, cerchiamo ora di carpirne i segreti e di vedere come i piloti affrontano al meglio un giro lanciato. Si parte percorrendo il lungo rettilineo dei box fino ad arrivare alla prima variante (variante Goodyear o del rettifilo), passando da 340 km/h a 70-80 km/h in circa 150 metri. Si affronta un cambio di direzione destra-sinistra molto stretto, dove si cerca di sfruttare il più possibile i cordoli per aprire il prima possibile il gas e si arriva al Curvone (curva Grande o curva di Biassono), una lunghissima curva a destra che si percorre in piena accelerazione. Si frena bruscamente per arrivare alla variante della Roggia e affrontare due curve sinistra-destra, dove si evita di essere troppo aggressivi per via dei cordoli molto alti e dei dissuasori all’interno della traiettoria. Passata la variante si dà gas e ci si approccia alle curve di Lesmo, due curve a destra di media velocità. Si cerca di affrontarle mantenendo la più alta velocità possibile, prestando attenzione a non uscire sulla ghiaia dopo la prima e ad avere la massima ripresa dopo la seconda. Avere una buona ripresa è fondamentale per scaricare tutta la potenza del motore sul rettilineo in discesa che segue, a metà del quale troviamo una leggera piega a sinistra (curva del Serraglio). Alla fine di questo tratto velocissimo troviamo la variante Ascari. Si frena tardi, passando da 340 km/h a circa 200 km/h, si affronta la serie di tre curve sinistra-destra-sinistra, si apre il gas sfruttando tutto il cordolo esterno in uscita e ci si immette nel rettilineo opposto ai box. Al termine del rettilineo ci si trova all’imbocco della celeberrima curva Parabolica, lunghissima curva a destra con raggio variabile. Si percorre la prima parte a circa 180-190 km/h fino all’apice della curva per poi aprire il gas e affrontare la seconda parte, che immette sul rettilineo del traguardo, in piena accelerazione.

 

L’attuale configurazione dell’autodromo di Monza.

Il GP di Monza è quindi un evento pieno di storia, che sa regalare emozioni incredibile grazie ad un mix di velocità, adrenalina e tifo appassionato, su un circuito in cui ogni singolo metro è stato protagonista di sfide al limite. E siamo sicuri che anche quest’anno terrà fede alle nostre aspettative e non ci deluderà.

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La Redazione
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