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Bar Sport VS – il Motomondiale 2020 a mente fredda

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“Bar Sport VS” prova a riprodurre l’atmosfera di un gruppo di amici seduti ad un tavolino di un bar che si confrontano sui temi più caldi del momento. Ad ogni domanda rispondono più membri della nostra redazione, facendo così emergere i diversi punti di vista. Viene affiancato a questa rubrica l’omonimo programma che va in onda sul nostro canale YouTube.


Terminata la stagione 2020 del Motomondiale, è tempo di analisi. Joan Mir, Enea Bastianini e Albert Arenas hanno trionfato nelle rispettive classi in un’edizione condizionata dall’emergenza Covid-19 e ristretta a soli 14 Gran Premi (15 per Moto2 e Moto3 che hanno corso in Qatar prima della lunga pausa), ma non per questo meno esaltante, anzi, ancor più equilibrata del solito, come dimostra ad esempio il record eguagliato di vincitori diversi nella classe regina. Oltre ai tre nuovi campioni del mondo, questo Motomondiale ha offerto tantissimi spunti in vista del prossimo anno. Ne discutiamo insieme nelle prossime righe…

1) Dopo una stagione di MotoGP davvero anomala, Joan Mir e la Suzuki ne escono sorprendentemente vincitori. Un successo meritato?

DAVIDE (@BottaDavide): Il titolo mondiale per la Suzuki è il punto di arrivo di un progetto che, dal rientro in top class della casa di Hamamatsu, ha sposato la linea verde, portando all’esordio i giovani più promettenti della Moto2. Tra questi c’è il campione del mondo Joan Mir, che ha dimostrato di essere, se non il più veloce, il più intelligente e il più furbo. Ha costruito il suo successo con la sequenza di podi a metà campionato dove ha saputo gestirsi per poi raccogliere punti preziosi nei giri finali. Si ricordano i sorpassi ai danni Miller in Austria, di Rossi a Misano, la gestione nella lotta a tre con Espargaro e Quartararo a Misano-2. Con Marquez sarebbe andata probabilmente diversamente, ma Marc è stato solo il primo di una lunga lista a sbagliare e chiamarsi fuori dalla lotta iridata. Anzi, pardon, il secondo. Il primo è stato Alex Rins, il suo compagno in Suzuki, velocissimo ma incapace di trovare la giusta costanza. Chapeau Joan, il tempo ci dirà se un fuoco di paglia o il primo di tanti.

ALESSIO: Assolutamente sì. Bravi a sfruttare una stagione nata sotto la stella dell’anomalia, rinforzata dall’infortunio di Marquez, che non toglie smalto a quanto fatto dal Maiorchino. La Suzuki si è dimostrata una moto veloce ed efficace, con la differenza che Mir ha saputo marciare in maniera costante portando a casa sempre punti utili per il campionato, cosa che Rins, anche complice la clavicola fratturata a Jerez, non ha saputo fare; sicuramente Alex può recriminarsi la scivolata in Austria 1 e Le Mans, quando si stava giocando punti pesanti per la classifica.

FEDERICO (@Fedeb0lla1): Assolutamente, soprattutto perché alla vigilia non erano nemmeno considerati per la vittoria finale. Mir si è rivelato una dolce sorpresa: non è il più talentuoso nella nuova generazione, ma è uno che fa sempre il risultato, anche quando è in giornata no, caratteristica fondamentale per vincere i campionati. Poi, come in ogni sport motoristico, la moto ha la sua importanza: la Suzuki si è dimostrata perfetta per un pilota come Mir, sempre costantemente adatta al tipo di circuito, asfalto e temperatura, al contrario di Yamaha e Ducati.

2) Yamaha e Ducati sono le grandi deluse di un Mondiale alla loro portata. Avranno possibilità di riscattarsi già dal prossimo anno?

CAROLINA (@carolinacamata): Guardando indietro al mondiale appena concluso il team giapponese e quello di Borgo Panigale sembrano essersi fatti sfuggire il tanto agognato titolo mondiale proprio in un anno in cui questo era decisamente possibile raggiungerlo. Proprio Dovizioso, che per diverse stagioni (2017, 2018, 2019) ha mantenuto il suo secondo posto nel mondiale dietro al campionissimo Marc Marquez, si ritrova quest’anno a mangiare la polvere di Rins e dei giovanissimi Mir e Morbidelli. Un 2020 da dimenticare per il romagnolo, dopo un inizio stagione che potrebbe avergli dato false speranze dopo l’incidente e il conseguente allontanamento di Marquez dalle corse. Un finale di stagione probabilmente inaspettato e piuttosto deludente, in cui neanche Maverick Viñales e Valentino Rossi, in sella alla loro Yamaha rispettivamente 6° e 15°, sono riusciti a strappare il titolo alla Suzuki di Mir. I grandi delusi sono sicuramente Dovizioso e Viñales, probabilmente i piloti più papabili al titolo 2020, ma la Yamaha potrebbe avere grandi chances già nel corso della prossima stagione, anche con l’arrivo di Quartararo.

FEDERICO: La Ducati ha cambiato entrambi i piloti – nel 2021 ci saranno Miller e Bagnania- e bisognerà dar loro un fisiologico periodo di ambientamento. L’addio di Dovizioso, poi, assomiglia molto alla fine di un ciclo che doveva essere vincente, ma che non lo è stato. Non mi aspetto dunque che la scuderia di Borgo Panigale possa essere competitiva già dal prossimo anno, anche se da italiano spero di sbagliarmi.
Discorso diverso per Yamaha: Quartararo e Morbidelli sono giovani ma sono già al top, Viñales deve dimostrare il proprio talento e Rossi può avere ancora qualche lampo. Il problema però è la costanza della moto: la Yamaha è una moto che ha ottime prestazioni solo in una determinata condizione, ma al minimo cambiamento di questa “condizione ideale” la moto stenta ad arrivare tra i primi 10. Se dovessero riuscire a risolvere questo problema, potranno considerarsi dei seri candidati al Mondiale, altrimenti prevedo un altro anno deludente.

GIULIA (@thleosw): Parlare di delusione Ducati dopo la vittoria del titolo costruttori sembra fuori luogo, ma la sensazione è quella di un’annata buttata e di un team da ricostruire. L’anno prossimo si ripartirà da Jack Miller, e per quanto il binomio Australia-Borgo Panigale provochi dolci ricordi la situazione appare complicata. Non solo per il ritorno in piena forza del colosso Honda, ma anche per la concorrenza dalle retrovie di Suzuki.
Per quanto riguarda Yamaha, invece, la situazione è già complicata da qualche anno. Viñales è un pilota talentuoso ma discontinuo, e Rossi dal 2016 in avanti non si è più trovato in sintonia con la moto. Il suo approdo in Petronas a mio avviso porterà benefici ad entrambi, ma lascia nel team principale un vuoto difficile da colmare. Quartararo, dopo un inizio sfolgorante con Petronas, ha faticato per il resto della stagione e non si sa come questo si rifletterà sul suo approdo nel team ufficiale.

3) Per la terza volta in quattro edizioni un pilota italiano conquista la Moto2, ma quest’anno l’Italia ha dominato come non mai in questa categoria. Chi di loro è davvero pronto per il salto di qualità in MotoGP? Chi invece potrà giocarsi il titolo nella classe media nei prossimi anni?

ALDO (@Kubernetes4): Dalla nascita dello Sky Team VR46, il panorama italiano ha ricevuto una forte spinta e continua a sfornare nuovi talenti di anno in anno, dato che finalmente esiste per loro la possibilità di uno sbocco internazionale senza per forza fare affidamento sulle proprie capacità economiche. Morbidelli ha dimostrato che il salto in MotoGP non per forza è difficoltoso, perciò tutti i piloti che hanno già guidato bene in Moto2 potrebbero essere pronti. Ovviamente dipende dalle condizioni in cui viene messo il pilota: la squadra, le giornate di test, la qualità della moto…
Enea Bastianini è un talento cristallino, in crescita da diverso tempo, ma ha anche mostrato che non con tutte le moto riesce a trovare facilmente il giusto feeling.
Luca Marini, per quanto abbia disputato un’ottima stagione ricca di vittorie, probabilmente necessita di più tempo in Moto2 per completare il suo percorso di formazione e stabilizzare gli ottimi risultati ottenuti. Farlo salire ora risulta un azzardo.
Bezzecchi, per quanto ottimo pilota, pecca ancora nella costanza, alternando ottime prestazioni a gare terminate a metà classifica. Meglio che sviluppi ancora il suo talento in Moto2 per alcune stagioni.
Menzione meritata anche per Lowes, Martin e Gardner, unici in grado di mettere in difficoltà i 3 italiani, di cui forse il primo veramente pronto per il salto di qualità.

LUCA (@Luca_Monta_): Personalmente, il paradosso di un campionato così equilibrato anche in Moto2 è l’impressione di non trovare un pilota con costanza e padronanza della moto completamente pronto per il salto di categoria. In questo momento vedo più “adatto” alla MotoGP Luca Marini piuttosto che Enea Bastianini, ma entrambi ancora troppo acerbi prima di riuscire a conquistare punti con regolarità. Allo stesso tempo farli rimanere un altro anno nella classe media sarebbe stato poco allenante per loro che hanno assolutamente bisogno di crescere. Ripeto, è una mia impressione e spero vivamente che con il passaggio ad un team senza grandi pressioni possano smentirmi.
Giusto invece tenere almeno per un altro anno in Moto2 Marco Bezzecchi, che soltanto da metà campionato sembrava aver trovato la quadra e addirittura involarsi verso la conquista del campionato, salvo poi incappare in due cadute in altrettante gare consecutive nel circuito di Aragon, di cui una mentre era in testa a due giri dal termine. Una stagione in più da favorito gli permetterà di accumulare maturità ed imparare a gestire la pressione.

4) Il mondiale della Moto3 è andato ad Albert Arenas alla sua quinta stagione completa nel motomondiale. Titolo meritato senza dubbio ma lottando contro avversari ben più giovani e inesperti. Pensi sia meglio abbassare l’età massima per la entry class?

ALESSIO: Se esaminiamo il percorso fatto da Albert non è stato quello solitamente più consono: arrivato soltanto a tempo pieno in Moto3 a quasi venti anni dopo una lunga trafila nel CEV. La sua vittoria non è data soltanto dall’esperienza maturata nella categoria e dall’età ormai più avanzata, la sua velocità era ormai nota all’interno del Circus. Prendiamo l’esempio di Antonelli, Fenati e McPhee: nonostante siano nella categoria da quasi un decennio, e siano coetani di Arenas (Fatta eccezione per lo scozzese, due anni più grande e con l’inizio di carriera addirittura in 125) hanno messo nel bottino soltanto qualche vittoria, arrivando al Top nei loro anni migliori, ma veramente mai costanti per cercare di raggiungere l’alloro massimo. Dunque possiamo dedurre che l’età, e di riflesso l’esperienza, non siano i soli elementi fondamentali per arrivare al titolo iridato della classe minore. Se prendiamo i nove vincitori mondiali della Moto3, la loro media di età è pari a 20 anni, motivo per cui non c’è necessità di abbassare il limite massimo di anni.

ALDO: Non è una novità che alcuni piloti facciano più fatica di altri a capire la moto, Arenas ha impiegato anni ed in più alla guida di una KTM, moto dominante. Inoltre i ragazzi iniziano intorno ai 15 anni con la Pre-Moto3 e proseguono con la Moto3 nei campionati nazionali e continentali, una volta arrivati al mondiale conoscono bene il mezzo. È probabile, quindi, per Arenas che guidare dei prototipi si sposi male con il suo stile. Dato l’ormai consolidato canale di passaggio tra i due grandi circuiti del motociclismo su pista, potrebbe far bene al giovane spagnolo un’avventura in Supersport, con eventuale passaggio in Superbike, che apre anche a sbocchi come le endurance, dove non commettere errori e mantenere un buon passo è più importante della velocità fine a sé stessa.
Per il limite di età fissato a 26 anni in Moto3, invece, abbassarlo non porterebbe a molti miglioramenti: piloti ancora grezzi sarebbero costretti a salire in Moto2 o uscire dal giro del motomondiale, mentre piloti che non hanno i mezzi per passare ad altre categorie hanno meno tempo di mettersi in mostra. Al contempo, avere piloti meno esperti abbasserebbe il livello del campionato e offrirebbe meno riferimenti per capire le reali capacità di ogni pilota. In conclusione, è giusto il limite di età, ciò che si potrebbe fare in Moto3 è garantire maggior ricambio e incentivare il trasferimento in Supersport, così come aiutare i talenti della SSP300 a passare in Moto3, proposta che, essendo tutti i campionati sotto la stessa federazione (FIM) e la stessa holding (Dorna) non risulta difficilmente realizzabile.

DAVIDE: La crescita di Arenas nelle ultime stagioni è stata evidente e per questo non stupisce che al quinto anno nella categoria sia finalmente riuscito a trovare la quadra per lottare per il titolo. Si potrebbe certamente discutere sul fatto che abbia battuto avversari ben più inesperti come Arbolino, Ogura, Fernandez e Vietti ma è anche vero che gli altri veterani della Moto3 sono finiti ben distanti dalle posizioni di vertice. Senza il talento o la mentalità giusta, l’esperienza conta ben poco. Personalmente lascerei invariato il limite di età dando la possibilità anche a chi ha bisogno di più tempo per esprimere il proprio talento, rispettando la dicitura di categoria propedeutica, che ha l’obiettivo di portare alle classi superiori piloti ben formati. Volendo andare controcorrente invece metterei un vincolo di almeno 2 stagioni in Moto3 prima del passaggio in Moto2.

5) Morbidelli, Bagnaia, Marini, Bezzecchi, Vietti, Foggia. Sono solo alcuni dei nomi provenienti dalla VR46 Riders Academy protagonisti della stagione appena terminata. Qual è il potenziale della “generazione post-Rossi”?

FEDERICO: Valentino e il suo team hanno fatto un lavoro ineccepibile. Sono andati a scovare i migliori talenti e li hanno coltivati a modo loro, facendoli allenare sempre insieme. In questo modo si migliorano a vicenda, sviluppando i loro punti deboli, e il livello inevitabilmente si alza. Ma ancora più importante è la loro durezza mentale: a differenza di altri piloti, ai giovani italiani poche volte durante la stagione ho visto fare errori grossolani che hanno compromesso i loro sogni iridati, e questo è un aspetto fondamentale in un Motomondiale dove i ritiri per guasti tecnici sono sempre meno. I tifosi italiani possono dormire sogni tranquilli: il futuro ci porterà soddisfazioni.

GIULIA: Gli ultimi tre-quattro anni non sono stati pieni di gloria per l’Italia della MotoGP, che comunque negli anni precedenti era stata trainata principalmente da Valentino Rossi. Il suo declino e la mancanza di un ricambio alla sua altezza ha lasciato un “vuoto di potere”. Una carriera come la sua ovviamente provoca divisioni nette tra detrattori e chi lo idolatra, e probabilmente non si arriverà mai ad un compromesso sul come valutare universalmente il Valentino pilota, ma il suo operato per lo scenario motociclistico italiano al di fuori delle gare ci sono ben pochi dubbi: con la sua VR46 Riders Academy ha gettato le basi per un ricambio generazionale all’altezza. Per chi segue Moto2 e Moto3 i nomi di Marini, Morbidelli, Bagnaia, Foggia non sono certo una novità. Tra di loro, quelli che hanno già fatto il loro esordio in MotoGP non hanno certo sfigurato: Morbidelli è reduce da una stagione convincente e continua che gli è valsa il secondo posto nel mondiale. Anche Bagnaia, nonostante l’infortunio, ha fatto vedere qualcosa di convincente; un po’ di continuità aiuterebbe a fargli fare il salto di qualità.

CAROLINA: Risultati contrastanti da parte della VR46 Riders Academy si evincono dal mondiale della classe regina: con 158 punti la Yamaha Petronas di Morbidelli ottiene il secondo posto nel campionato piloti, mentre Bagnaia solo 16esimo. Sono la coerenza e la solidità con cui il 25enne di Roma, Frankie, è riuscito a concretizzare i grandi passi avanti della Yamaha Petronas a dargli la possibilità di entrare in corsa per il mondiale, a differenza del compagno di squadra Fabio Quartararo, che aveva iniziato la stagione nel migliore dei modi, salendo sul gradino più alto del podio nei primi due GP dell’anno, ma concludendola con l’amaro in bocca. Un confronto meno evidente è forse, d’altra parte, quello della Moto2, con Luca Marini 2° e Bezzecchi invece a poco più di 10 punti dal fratello di Valentino Rossi. In Moto3, invece, Vietti 5° e Foggia 10°. Sono risultati incoraggianti quelli della VR46 Riders Academy, soprattutto considerando i passi avanti di Marini (6° nel 2019, 2° nel 2020), Morbidelli (10° nel 2019, 2° nel 2020) e Bezzecchi (23° nel 2019, 4° nel 2020), mentre forse meno impressionante è la performance di Bagnaia (15° nel 2019, 16° nel 2020).

Hanno collaborato Federico Bollani, Davide Bottarelli, Carolina Camata, Aldo Coletta, Alessio Coniglio, Luca Montanari, Giulia Picciau.

Immagine in evidenza: ©Twitter, FIM

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