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Credere negli Unicorni con Satou Sabally

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Nel basket contemporaneo la definizione di Unicorno è stata spesso soggetta a interpretazioni più o meno varie. È cambiata con l’evoluzione del gioco, ma la ricerca spasmodica di questo tipo di profili non si è mai veramente fermata. Parliamo di giocatori ibridi, con rapidità laterale e doti tecniche fuori dal comune per il profilo fisico, da guardia nel corpo di un lungo. Il grande potenziale talvolta rimane parzialmente inespresso per differenti ragioni, spesso legate a problemi fisici, ma la caccia a queste figure mitologiche è sempre aperta. Anche la WNBA ha appiccicato questa etichetta a uno dei suoi migliori prospetti degli ultimi anni, che abbiamo seriamente rischiato di non vedere mai: Satou Sabally.

Gli infortuni e la rinascita

Nelle sue prime tre stagioni nella lega professionistica americana, dopo essere stata scelta con la seconda chiamata del draft 2020 dalle Dallas Wings, Satou Sabally è riuscita a giocare solo 44 partite su 90 disponibili. Tormentata da continui infortuni, dopo la scorsa stagione si è presa un periodo di stacco per interrogarsi sul rapporto tra il proprio corpo e la pallacanestro, che aveva ormai iniziato ad associare al dolore, per sua stessa ammissione.

Quest’anno, al termine della sua prima stagione completa, è stata una delle leader di una squadra arrivata fino alle semifinali ed è stata titolare all’All Star Game. A coronare tutto questo il meritato premio di Most Improved Player, sia per AP che per la WNBA, chiudendo con 18.6 punti, 8 rimbalzi e 4.4 assist, migliorando svariati record personali e di franchigia in diverse voci statistiche. L’eliminazione in semifinale playoff contro le Las Vegas Aces, in cui ha chiuso con un 2/15 dal campo in gara 3, non intacca la stagione della sua consacrazione. Il 2023 è stato il grande turning point di un viaggio che deve ancora vivere i momenti migliori, iniziato da molto più lontano del suo ingresso nella lega.

More than an athlete

Precisamente dal Gambia, Paese d’origine del padre di Satou Sabally, che nasce a New York il 25 aprile 1998. Qualche anno dopo si trasferisce con la famiglia in Germania, paese d’origine della madre, e proprio a Berlino avviene il suo primo incontro con la palla spicchi. “Avevo nove anni, giocavo in un playground e sono stata notata da un allenatore perché ero alta. Ha proposto a mia madre di farmi fare una prova e da lì non ho più smesso”. Da quel momento in avanti Satou pensa solo a giocare e migliorare, spinta dalla competitività, che la porta a Friburgo a 17 anni per giocare in prima divisione tedesca. Il suo obiettivo primario rimane però il college, sia per tornare negli Stati Uniti che soprattutto per poter conciliare studio e sport ad alto livello. 

La scelta ricade sull’Università dell’Oregon, dove si laurea in soli tre anni in scienze sociali con minor in legal studies. Studi che le tornano molto utili nel suo ruolo nella WNBPA, l’associazione giocatrici, in cui si è fatta promotrice di diverse iniziative per migliorare le condizioni generali delle atlete. Si è anche detta pronta a sedersi al tavolo delle trattative per il prossimo CBA. Il suo interesse per la giustizia sociale si riflette anche in iniziative in Germania: l’apertura di un campo da basket a Berlino nel 2022, in collaborazione con Jordan, con l’intento di garantire alle giovani uno spazio sicuro, in cui le varie anime multiculturali della capitale tedesca possano convivere in armonia.

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Tornando al basket giocato, quella Oregon con Maite Cazorla, Ruthy Hebard, Sabrina Ionescu e le sorelle Sabally (anche Nyara gioca attualmente in WNBA e in Eurolega), diventa immediatamente una delle più chiacchierate d’America. Non riesce mai a vincere il titolo NCAA, che però, senza lo stop per Covid del 2020, anno da junior di Satou, forse Oregon avrebbe potuto conquistare.  Al termine del draft dello stesso anno, tre giocatrici delle Ducks vengono selezionate al primo giro: Ruthy Hebard è l’ottava assoluta, Sabally la seconda dietro la compagna Sabrina Ionescu.

Nonostante il talento sconfinato della prima scelta assoluta, ora stella delle New York Liberty, Sabally viene definita da molti la più “league ready” della classe. Nel suo gioco colpisce la dimensione perimetrale (38% da 3 negli anni al college), la capacità di mettere palla per terra e creare dal palleggio come una guardia, pur essendo una forward, teoricamente più power che small, di 6-4 (193 cm). Nei report viene definita “WNBA Unicorn“, appunto. Ma non tutto andrà come previsto.

La svolta in offseason

Ho associato il basket al dolore, è stata una cosa molto triste e mi sono ripromessa di non passarci più. Ogni volta che pensavo di dover essere in campo pensavo di farmi male, e questo era tutto il mio discorso ogni volta, non ne potevo più. Gli atleti imparano a giocare sul dolore, ma ho oltrepassato il limite e non vedevo più il piacere nel basket. Ma credo sia stato un bene, è stato un momento utile per realizzare che quello era un punto che non volevo più raggiungere, e proteggerò sempre il mio corpo.”

Dopo un 2022 complicatissimo, tra i tanti infortuni e un contesto di squadra piuttosto instabile, che ha portato le Wings a cambiare head coach per la terza volta in quattro anni, Sabally ha deciso di fare un passo indietro per la sua salute.

Innanzitutto, al termine della stagione WNBA, ha deciso di rimandare a gennaio il suo arrivo al Fenerbahce, squadra con cui ha giocato la stagione europea fin dal suo primo anno da pro. Il passo più importante della sua offseason è stato però quello di affidarsi a Susan King Borchardt, già allenatrice personale di superstar come Sue Bird e Breanna Stewart. Grazie al suo aiuto ha costruito una routine personalizzata per dare più importanza all’attivazione e al recupero, accompagnata da un percorso di terapia, intrapreso per cambiare l’approccio psicologico e il self-talk dentro e fuori dal campo. 

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Un reset psicofisico, necessario per affrontare al meglio la stagione del riscatto, di cui ha parlato a lungo con Latricia Trammell, la nuova head coach di Dallas:

“Non saremmo nella posizione in cui siamo senza di lei, è il collante di questa squadra. Dopo che sono stata assunta, parlando con lei mi ha detto subito che sarebbe stato il suo anno, e ha mantenuto lo stesso mindest. È una donna determinata e competitiva, sono molto orgogliosa di lei. Ha tolto a chiunque ogni scusa per non salire sul suo carro.”

Il focus di Satou era tutto sulla stagione 2023, ma questo non le ha impedito di vincere da protagonista Eurolega e campionato turco con il Fenerbahce. I risultati si sono visti fin da subito: gli highlights della sua stagione sono la tripla doppia contro le Washington Mystics, la prima della storia della franchigia, e i 40 punti con 7 triple e il 68% al tiro nella vittoria sulle Indiana Fever, che ha certificato la qualificazione ai playoff delle Wings.

A impressionare non sono tanto i career high in tutte le voci statistiche (che la rendono l’unica con almeno 18, 8 e 4 in una stagione dopo Candace Parker), quanto la sicurezza con cui ha guidato, insieme a Natasha Howard e Arike Ogunbowale, la squadra più giovane della lega a una stagione di grande successo. La fiducia che ha acquisito negli ultimi dodici mesi è evidente dall’aumento delle percentuali al tiro (dal 25% al 38% da dietro l’arco), nell’impatto difensivo, che spesso passa inosservato se confrontato a quello che fa in attacco, ma soprattutto influisce positivamente sul rendimento di tutta la squadra.

Il suo status è ormai quello di un’autentica superstar, che si candida ad essere uno dei volti della lega nei prossimi anni, anche per quello che fa fuori dal campo nel sociale. Questa nuova versione 2023 di Satou Sabally ci dimostra ancora una volta che l’equilibrio corpo-mente è essenziale nello sport ai massimi livelli, ma soprattutto che sì, è ancora possibile credere negli unicorni.

Foto in evidenza: ©WNBA/Dallas Wings

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Giovanni Valenzasca

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