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Jack Johnson, il razzismo al tappeto

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Il 26 dicembre del 1908 Jack Johnson scrisse una pagina di storia, destinata a restare indelebile. Il leggendario pugile afroamericano fu infatti il primo atleta di colore a vincere il titolo dei pesi massimi, mandando KO Tommy Burns e soprattutto i pregiudizi razziali, diffusissimi all’epoca.

Le origini del mito

Nato a Galveston, in Texas, da una famiglia di ex schiavi, iniziò la carriera pugilistica nelle tremende battle royal, combattimenti massacranti tra pugili neri, nate con il solo scopo di intrattenere la popolazione bianca. In seguito ad un incontro professionistico, perso contro Joe Choynski, finì in prigione proprio insieme al suo rivale, visto che gli incontri di box remunerati erano ancora illegali in Texas. I due sfidanti ebbero occasione di conoscersi bene durante la detenzione, e proprio Choynski, capendo le sfavillanti potenzialità di Johnson, iniziò ad allenarlo.

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Johnson vs Burns: l’incontro che scioccò il mondo

Il 26 dicembre 1908, in Australia, precisamente al Sydney Stadium, la storia della boxe cambiò per sempre. 20000 spettatori all’interno dell’arena e 30000 in trepidante attesa all’esterno, resero l’atmosfera spettacolare e colma di tensione. Il match fu di una intensità abbacinante, tanto che venne fermato dalla polizia durante il quattordicesimo round, con Burns vacillante. L’arbitro dichiarò vincitore Jack Johnson, che sovrastò Burns durante tutto l’incontro, durato 14 riprese. Divenne così il primo atleta di colore a vincere il titolo mondiale dei pesi massimi.

Il rifiuto dell’America razzista

La vittoria mondiale di Jack Johnson fu rigettata da un’America in cui il razzismo dilagava sempre di più. Non riuscirono ad accettare il fatto che un atleta nero potesse essere sul tetto del mondo. Così convinsero, a suon di dollari, James Jeffries, pugile ormai ritirato dalle competizioni da più di 6 anni, a tornare a combattere per togliere lo scettro del più forte al gigante di Galveston. Nacquero i presupposti per l’incontro del secolo. Le tensioni razziali aumentarono a dismisura in vista del match, definito dai mezzi di informazione come “bianco vs nero”, per polarizzare l’opinione pubblica ed aprire le porte ad un vero e proprio scontro, che andava decisamente oltre la contesa sportiva.

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Jack Johnson vs James Jeffries: “The fight of the century”

Il 4 luglio del 1910, davanti a 20000 trepidanti spettatori, andò in scena lo scontro del secolo, tra tensioni inenarrabili, insulti razzisti e spari di pistola in direzione di Johnson. Nonostante questo, il gigante di Galveston dominò in lungo e in largo, e Jeffries non poté fare altro che inchinarsi allo strapotere del suo avversario. I fendenti di Johnson non gli lasciarono scampo, lo tramortirono già nei primi round. L’America bianca uscì distrutta dalla sconfitta, e di conseguenza aumentarono le tensioni razziali e l’odio verso la popolazione afroamericana.

Simbologia di Jack Johnson: l’uomo che ridicolizzò il potere

Il pugile di Galveston, oltre ad essere un fenomeno del combattimento, fu un maestro nel provocare il mondo bianco che tanto lo vituperava. Adottò infatti uno stile di vita molto sopra le righe, anticonvenzionale, provocando i bianchi, che si sentivano superiori di diritto. Fu il primo atleta a mettere in discussione lo status quo vigente. Tra gli altri tabù che infranse, quello di sposare una donna bianca fu particolarmente dirompente e disturbante, in un’epoca in cui i matrimoni misti non erano visti di buon occhio. I potenti tentarono in tutti i modi di eliminarlo, e con l’ingiusta applicazione della Legge Mann, ci riuscirono.

Lo stile di combattimento

Jack Johnson sembrava nato per stare sul ring. Dotato di un fisico stellare, faceva della straordinaria difesa il suo principale punto di forza, lasciando sfogare gli avversari, per poi esplodere in una raffica stordente di ganci, che molto spesso mandavano KO gli sventurati che lo dovevano affrontare.

Il lascito di Johnson

“I’m Jack Johnson. Heavyweight champion of the world. I’m black. They never let me forget it. I’m black all right! I’ll never let them forget it!”. Jack Johnson fu un avanguardista a tutto tondo, coniugò alla perfezione una tecnica pugilistica senza eguali, a una coscienza sociale e a una ribellione costante verso il potere. Fu divisivo e volutamente provocatorio, ma consapevole dell’importanza di fare da “cassa di risonanza” per tutti quegli afroamericani che subivano vessazioni continue, senza avere la forza e la possibilità di ribellarsi.

L’indimenticabile tributo di Miles Davis

Nel 1971 Miles Davis, uno dei più importanti e influenti trombettisti jazz della storia, gli dedicò un album, che divenne una delle pietre miliari nella storia dell’ electric jazz. La geniale ruvidezza della tromba di Davis sembra far riecheggiare il furore agonistico dei colpi di Johnson. I due condividevano un carisma eccezionale, una personalità dirompente e la tenacia di lottare per i diritti degli ultimi. Miles con la sua graffiante tromba e Jack con i suoi ganci fulminei, due modi diversi per raggiungere lo stesso obiettivo, l’uguaglianza e la fine delle discriminazioni.

Immagine in evidenza: © XoneFr, Twitter

Davide Rossit

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