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Quanta fiducia dobbiamo ancora avere nei Philadelphia 76ers?

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In NBA il processo di rebuilding è quasi fisiologico, dopo tanti anni di play-off e di lotta per il titolo: quasi tutte le squadre, dopo stagioni straordinarie, sono dovute passare per lo smantellamento e la ricostruzione di nuovi roster per ritornare a lottare per i vertici della Lega.
I Lakers hanno dovuto aspettare sette anni per riassaporare il gusto della vittoria del Larry O’Brien Trophy dopo gli anni di dominio del duo Shaq-Kobe, giusto per fare un esempio.
Nella storia recente della Lega una franchigia in particolare ha puntato sulla costante rebuild, in nome di un fantomatico Process in cui credere ciecamente ma che, nella realtà dei fatti, non ha ancora portato titoli in bacheca e ha rovinato anche tanti giocatori: i Philadelphia 76ers hanno reso il motto “Trust the Process” un sinonimo di fallimento e di strategia sbagliata, e adesso vedremo perchè.

Le origini

Sam Hinkie, GM dei Philadelphia 76ers dal 2013 al 2016 © New York Post

Il creatore del Process altri non è che Sam Hinkie, General Manager dei 76ers in carica dal 2013 che decide di adottare una particolare strategia di mercato: secondo Hinkie, per firmare i giocatori migliori bisogna puntare su numerose pedine di secondo livello (che siano scelte a draft futuri, giocatori di G-League o di livello mediocre) da inserire nell’ecosistema Phila per ottenere scelte alte nei draft.
Questo comporta molte trade con l’obiettivo di assicurarsi quante più scelte possibili e, soprattutto, il tanking, ovvero cattive performance durante la stagione che comportano probabilità maggiori di avere le prime scelte al draft tramite la lottery.
Il motto “Trust the Process” nasce per placare le contestazioni contro le stagioni perdenti, che nell’ottica di Hinkie avrebbero avuto molta importanza per il futuro sportivo dei 76ers.
La prima mossa di Hinkie è la trade che porta l’All-Star Jrue Holiday a New Orleans in cambio di una scelta al draft assicurata tra le prime 5 nel 2014 e Nerlens Noel: dal Draft arriva Michael Carter-Williams alla 11, con Philadelphia che si lascia sfuggire Giannis Antetokounmpo, ma questo è forse il minore dei mali.

Per riassumere quella stagione di Phialedlphia bastano le 26 sconfitte consecutive che la squadra infila tra gennaio e marzo 2014, record NBA (fino ad allora) di partite perse in fila da una franchigia , e le vittorie racimolate, nemmeno 20.
Una stagione così, però, porta come unica consolazione (e conferma della strategia di Hinkie) la terza scelta al draft 2014, che viene usata per accogliere in NBA Joel Embiid, che però salta le prime due stagioni nella lega a causa di un brutto infortunio al piede.
Un avvio da 0-17 e la trade che spedisce Carter-Williams a Milwaukee in cambio di una scelta al primo round del draft 2018 fanno capire ai tifosi 76ers quale sia l’andazzo della stagione 2014-15, chiusa con 18 vittorie e 64 sconfitte, al penultimo posto ad Est.
Di nuovo con la terza scelta, Philadelphia vira su Jahlil Okafor, quello che in americano è definito un “bust”, una delusione.
Durante l’offseason 2015 Phila intavola uno scambio con Sacramento, che porta in Pennsylvania scelte al primo round per i successivi 3 draft, oltre a giocatori di secondo livello.
In campo le cose non migliorano, tanto che i 76ers perdono 28 partite consecutive a cavallo tra una stagione e l’altra, iniziando di nuovo con 0 vittorie e 17 sconfitte.
I risultati sportivi imbarazzanti costringono Hinkie a dimettersi dal ruolo di GM il 6 aprile 2016 in favore di Bryan Colangelo, ponendo fine alla prima fase del Process, in cui la rebuild sembrava esser voluta solamente nelle idee del board e non nella pratica delle prestazioni sportive.

Riportare la competitività

Bryan Colangelo, l’uomo che ha posto le basi per la rinascita di Philadelphia e per il parziale compimento del Process © Bleacher Report

Il record di 10 vittorie e 72 sconfitte della stagione 2015-16 sono inaccettabili per una piazza come Philadelphia, che però festeggia con la prima scelta arrivata grazie alla lottery.
Il nuovo Gm, Bryan Colangelo, punta tutto su Ben Simmons, che diventerà uno dei giocatori più discussi dal punto di vista puramente tecnico della storia del gioco.
Per un infortunio al piede che guarisce, quello di Embiid, eccone subito un altro, che mette fuori dai giochi per tutta la stagione proprio Simmons, a conferma di un certo alone di sfortuna che aleggia attorno alla Pennsylvania, ulteriormente avvalorato dall’infortunio al ginocchio che pone fine all’annata di Embiid a febbraio.

Il record finale di 28-54 rappresenta un miglioramento rispetto alle tremende stagioni precedenti, ma è ancora molto lontano dal record che ci si aspetta da una piazza che vuole competere.
Tramite l’ennesima trade, Philadelphia riesce ad ottenere di nuovo la prima scelta al draft del 2017, regalando a Boston la terza chiamata di quell’anno e un’altra al primo giro del 2019.
Colangelo stavolta sceglie Markelle Fultz (un altro giocatore che si rivelerà inutile per la causa philadelphiana) e decide di rinnovare Embiid per 5 anni al massimo salariale, elevandolo a pietra d’angolo su cui basare la ricostruzione della rosa.
La sfortuna si ripresenta presso i 76ers colpendo di nuovo la prima scelta, Markelle Fultz, infortunatosi alla spalla: poco importa, perché Philadelphia torna a registrare una stagione vincente, con 52 vittorie totali, grazie alle prestazioni di Embiid, votato per l’All-Star Game, e di Ben Simmons, eletto Rookie dell’anno.
Ai play-off i 76ers eliminano Miami al primo turno, salvo poi uscire contro Boston in 5 gare: è un netto miglioramento rispetto alle stagioni precedenti, ma è evidente che manchi ancora qualcosa per competere al titolo NBA.

I fallimenti ai playoff dei Philadelphia 76ers

Ben Simmons, simbolo dei fallimenti ai play-off dei 76ers © ESPN

Uno scandalo su Twitter con protagonista la moglie di Colangelo spinge lo stesso GM a dimettersi in favore di Elton Brand, ex-giocatore NBA di buon livello.
Il 12 novembre 2018 Phila intavola la più grossa e importante trade degli ultimi anni, portando in Pennsylvania l’All-Star Jimmy Butler in cambio di Dario Saric e Robert Covington, entrambi spediti a MInnesota.
Ora Phila ha ben tre giocatori di livello assoluto, ovvero Embiid, Simmons e Butler: a questi si aggiunge anche, grazie ad un’altra trade, Tobias Harris, ottimo tiratore, che arriva dai Clippers, i quali ricevono dai 76ers tre giocatori e due future scelte al draft.
Questa sembra essere la stagione per coronare il Process e che giustificherebbe gli anni di tanking selvaggio dei 76ers: le trade che abbiamo citato rappresentano il compimento dell’idea che aveva Sam Hinkie, ovvero l’assicurarsi buoni giocatori puntando su scambi che coinvolgessero tante scelte al draft e tante seconde linee.

Un altro segno che il Process sta per terminare è la cessione di Markelle Fultz, prima scelta dell’anno precedente, agli Orlando Magic.
Un’altra stagione da oltre 50 vittorie prepara tutto lo Stato della Pennsylvania ad un’altra run per i play-off: Phila elimina i Brooklyn Nets, ma perde alla settima partita contro Toronto in maniera assurda.
Solo la sfortuna sembra fermare i 76ers, o così sembra: il 6 luglio 2019 viene ufficializzata una trade tra Miami e Philadelphia che spedisce Jimmy Butler in Florida dopo solo un anno.
Quella trade è tornata in auge l’anno scorso durante i play-off, ma ci arriveremo tra poco.
Dopo l’addio di Butler, arriva la decisione di offrire un quinquiennale a Tobias Harris e Ben Simmons per, rispettivamente, 177 e 180 milioni di dollari, dando ulteriore conferma su quali giocatori Phila punti per arrivare al titolo.
Al roster dei Philadelphia 76ers si aggiunge anche Al Horford, non più un giovincello ma ancora in grado di dare il suo contributo alla causa.

La stagione 2019-20 è segnata dalla pandemia di Covid-19, che porta ad una conclusione ritardata della stagione all’interno della Bolla in Florida.
Phila chiude al sesto posto ad Est, ma perde Ben Simmons a causa di un infortunio al ginocchio e, senza uno dei suoi giocatori principali, esce al primo turno contro i Boston Celtics con un secco 4-0.
Un ruolo che, nel continuo cambiamento di Philadelphia, è sempre rimasto stabile è quello del coach, ricoperto per 7 anni di fila da Brett Brown: dopo i play-off del 2020, però, il board decide di esonerarlo, in favore di Doc Rivers, già vincitore di un titolo NBA con i Celtics nel 2008.
I risultati di questo cambio sembrano arrivare subito, infatti Phila chiude al primo posto ad Est e parte da favorita per i Play-off NBA: al primo turno si sbarazza dei Wizards in 5 partite, salvo poi uscire da favoritissimi contro gli Atlanta Hawks in 7 partite.

Quella serie contro Atlanta pone sotto i riflettori le pessime prestazioni di Ben Simmons, soprattutto nella metacampo offensiva, tanto che si inizia a dubitare del suo effettivo valore tecnico.
Un giocatore che si merita la riconferma, invece, è Joel Embiid, oramai uno dei migliori giocatori della Lega, tanto che Phila gli offre un rinnovo quadriennale a 196 milioni di dollari.
Ad ottobre 2021 Phila si ritrova a gestire una situazione molto delicata, infatti Simmons si rifiuta di giocare per problemi di salute mentale e chiede la cessione: la richiesta del giocatore si concretizza solamente a febbraio 2022, con una trade che porta Simmons a Brooklyn e James Harden a Philadelphia.
Harden è un giocatore straordinario, uno degli attaccanti più micidiali della sua generazione, ma nelle ultime stagioni è parso un po’ in declino: Phila, tuttavia, punta su di lui e su un suo possibile rilancio per arrivare all’obiettivo grosso, il titolo NBA.
Di nuovo Philadelphia si qualifica contro i play-off, di nuovo supera il primo turno e di nuovo si arena alle semifinali di Conference, questa volta contro i Miami Heat.
A Miami, ricordiamolo, gioca Jimmy Butler, scambiato tre anni prima da Phila perchè ritenuto non essenziale nell’organismo 76ers: proprio Butler ci terrà a ricordare questa scelta negli spogliatoi dopo gara-6, la partita che sancisce l’eliminazione di Philadelphia da quei play-off.
La stagione 2022-23 vede di nuovo i 76ers chiamati ad un ruolo da protagonista, soprattutto durante i play-off: quest’anno Phila conta anche sul fresco MVP della regular season, ovvero Joel Embiid.
Il canovaccio, però, non cambia: ai play-off Philadelphia esce di nuovo al secondo turno, stavolta contro Boston.

Le conclusioni

Joel Embiid scopre, insieme ai suoi compagni, di aver vinto l’MVP 2022-23. Da lui i Philadelphia 76ers ripartono per raggiungere il titolo NBA. @sixers

Come spiegarsi questa costante tendenza al fallimento da parte dei Philadelphia 76ers? Se guardiamo nel complesso, il Process ha portato i suoi frutti, anche se molto in ritardo, dato che Phila ha buttato 4 stagioni per assicurarsi materiale fresco da scambiare e per tornare competitiva.
Quello che è mancato è sempre stato il passo nei play-off, comprensibile nei primi anni di postseason ma che si è trasformato in qualcosa di quasi cronico nelle ultime annate.
Anche alcune scelte del board sono state molto discutibili, come l’aver preferito Tobias Harris a Jimmy Butler proponendogli un onerosissimo contratto pluriennale.
Vedremo se nelle prossime stagioni Phila riuscirà a rimediare a questi difetti, puntando su un Joel Embiid ogni anno sempre più dominante nella Lega ed un core di buoni giocatori ad affiancarlo, oppure se questa tendenza al fallimento rimarrà parte integrante del DNA moderno di Philadelphia, una città che non vede un titolo NBA dal 1983 e che, per la sua storica cultura sportiva, meriterebbe sicuramente scenari migliori.

Immagine in evidenza: ©Philadelphia 76ers, Twitter

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