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#BarSportVS: Mondiale di basket 2019

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Domenica scorsa si è concluso il Mondiale di basket 2019. Noi abbiamo discusso sui temi più caldi lasciati da questo torneo emozionante. Sono molti gli aspetti su cui riflettere e discutere con diversi punti di vista. Il tutto in un nuovo numero di #BarSportVS. Lo schema è molto semplice: ad ogni domanda rispondono più membri della redazione di Vita Sportiva, proprio come un gruppo di amici seduti ad un tavolino di un bar. Buona lettura!

Dietro al fallimentare Mondiale di Team USA, è legittimo affermare che sia anche, se non soprattutto, colpa di Coach Popovich?
Aldilà del risultato, sorprende che non sia riuscito a convincere giocatori di 2^/3^ fascia a partecipare alla competizione.

LORENZO (@ropino_46): “Non ci sono altri giocatori all’infuori di questi”, così ha commentato Greg Popovich dopo la sconfitta di Team USA contro la Francia. Quella che poteva essere la sagra degli alibi, visto la mancanza delle star NBA, si è spenta in una semplice frase.
Ma quale é il motivo per cui gli All Star NBA non sono partiti per la Cina?
La risposta é solo una, il mondiale per i giocatori NBA rappresenta un obbligo e a differenza delle Olimpiadi è privo di fascino.
Per questo motivo giocatori del calibro di Harden, Curry, Lebron e colleghi hanno preferito godersi le vacanze con le proprie famiglie piuttosto che partire per la spedizione cinese .
Il secondo aspetto del fallimento USA riguarda il gioco. La squadra a stelle e strisce non aveva alcun aspetto di una squadra di Popovich.
Troppa Hero Ball con Mitchell e Walker e zero gioco di squadra.
Se a tutto ciò aggiungiamo centri inconsistenti e giocatori non abituati a prendersi responsabilità nei momenti decisivi, la frittata è fatta.
Il prossimo anno per i giochi di Tokyo 2020 cambieranno molte cose con già Curry e Green che si sono candidati per un posto in squadra.

La nazionale statunitense. ©Usa Basketball, Twitter

PAOLO (@PaoloMancini30): Sicuramente ha anche lui molte responsabilità, grandissimo coach a livello NBA ma ha dei limiti nel gioco FIBA, sorprende che non abbia avuto al suo fianco neanche un tecnico che conosca la zona, utilizzatissima da gran parte delle nazionali. Al contrario di coach K non é riuscito a convincere le superstar a partecipare, ciò influenzato dal suo particolare carattere. Team USA non ha bisogno di imparare da nessuno al completo ma, quando (come in questi Mondiali) ha grandi defezioni entra in gioco la compattezza e l’organizzazione, settori in cui hanno peccato. Nelle prossime competizioni sicuramente ci sarà desiderio di rivalsa e mi aspetto gran parte dei big sul parquet.

FERDINANDO (@Ferdinandgagl3): In molti si aspettavano senza dubbio una gestione differente da parte di Pop, specialmente dal punto di vista tattico. La gara con la Francia, ad esempio, ha mostrato evidenti lacune nei meccanismi di Team USA, che ha concesso troppo a Gobert&Co., risultando inefficiente su entrambi i lati del campo. Per quanto riguarda la gestione mentale ed emotiva del gruppo, si può dire poco o nulla: Popovich è riuscito a mantenere alto l’entusiasmo nonostante gli evidenti problemi presentatisi prima dell’inizio della competizione, come appunto le grandi assenze (che, a mio modesto parere, sono colpa degli stessi assenti). Inoltre, quando si tratta di queste competizioni tra nazionali, puntare il dito contro i coach non è mai una scelta saggia in quanto si ritrovano ad allenare un gruppo di giocatori non abituati a lavorare insieme, in tempi per giunta molto ristretti.

Al termine della finale per il 3^/4^ posto, Evan Fournier ha sottolineato come la sua Francia fosse venuta in Cina per vincere l’oro.
Tra le 4 semifinaliste, è la squadra che meno ha sfruttato la propria occasione?

DYLAN (@DylanMungul): Decisamente si, dopo la stupefacente vittoria contro gli Stati Uniti la nazionale francese sembrava lanciatissima verso la prima finale mondiale della sua storia. Il tonfo clamoroso contro l’Argentina credo che abbia colto di sorpresa chiunque, percentuali dal campo troppo brutte per essere vere, 7/31 da tre punti (22.6%) e 13/25 ai liberi (52%)!
Il giocatore che più ha deluso è Rudy Gobert, il centro degli Utah Jazz dopo la prestazione mostruosa nella vittoria contro Team USA ha concluso la gara contro l’Albiceleste con soli 3 punti, 3 tiri dal campo e 1 su 4 ai liberi, decisamente troppo poco per il giocatore che doveva essere l’ago della bilancia di questa nazionale.
La Francia ha chiuso il torneo comunque con una medaglia di bronzo e il pass olimpico, il terzo consecutivo, ma non basta a cancellare la delusione per non aver capitalizzato l’occasione di portare a casa il primo trofeo mondiale in un’edizione in cui le due grandi favorite (Serbia e Stati Uniti) erano già state eliminate.

GIUSEPPE (@realpeppons): La Francia si è presentata in Cina con un roster molto forte, lungo e completo. Eppure non ha mai dato l’impressione di poter eccellere conquistando l’oro. Già il quarto conquistato ai danni della Lituania ha visto momenti di blackout inspiegabili nei transalpini. La partita con gli USA li ha emotivamente svuotati. Come se il loro mondiale l’avessero già vinto. Gobert non a caso ha fatto il fenomeno contro Turner e soci sotto canestro. Quando hanno trovato una squadra più solida sono usciti più per meriti dell’Argentina che per demeriti loro. Quindi no, non è la squadra che ha sfruttato meno la propria occasione. Un bronzo mondiale è stato il coronamento di un bel cammino, al di sotto delle due finaliste.

La Francia conquista la medaglia di bronzo. ©RudyGobert27, Instagram

MICHELE (@MMoretti24): Vista l’assenza in cabina di regia del leader Tony Parker (ritiratosi in estate) e un roster mediamente giovane – sebbene in diversi abbiano già esperienza da protagonisti in NBA o in coppe europee – la Francia non si presentava al Mondiale da prima della classe, ma comunque con ambizioni di medaglia.
Nonostante questo, la vittoria contro Team USA nei quarti e la contemporanea uscita di scena della Serbia, aveva logicamente elevato le possibilità di vittoria finale dei transalpini. In semifinale, però, sono apparsi svuotati fisicamente e mentalmente e non hanno mai dato l’idea di poter realmente battere Luis Scola & compagni, complice anche le deludenti prestazioni di Gobert e Fournier.
Il Bronzo e la Qualificazione Olimpica sono comunque un buon bottino, ma resto dell’idea che la Francia vista contro gli statunitensi sarebbe potuta arrivare in finale lottare per l’oro, nonostante l’evidente disparità di esperienza con gli spagnoli.

Il Quarto di finale tra Argentina e Serbia ci ha regalato uno spunto interessante: in una competizione come il Mondiale, non sempre la squadra dotata globalmente di maggior talento e con giocatori NBA a roster, riesce ad avere la meglio, nonostante la disparità di valori tecnici sia sulla carta evidente. Cosa ci insegna l’incredibile cavalcata dell’Albiceleste? Il risultato dei ragazzi di Coach Djordjevic è persino più deludente di quello degli statunitensi?

GIUSEPPE: Non è stato un mondiale quello dell’Argentina. È stata vita pura! È stato un amarcord incredibile. Un insieme di fattori che li ha portati ad avere una cavalcata inarrestabile e inattesa. Prima la conquista del secondo turno, poi la conquista dei quarti e delle Olimpiadi, poi la sonora vittoria contro la squadra meglio allestita del Mondiale, la Serbia, e poi la prova di forza tra garra e huevos contro la Francia, fino alla finale, persa, contro una Spagna ingiocabile. L’Albiceleste insegna a non mollare mai. E un giocatore come Scola insegna che l’età è solo un numero e si può dominare il mondo anche a 40 anni! La Serbia di contro, è stata una delusione. Anche peggio degli Stati Uniti per i due roster messi a confronto. Molte delle colpe sono da attribuire a Jokic, arrivato al mondiale in una forma a dir poco pessima e con una voglia pari a zero. Ci sarà tempo però per fare meglio.

Uno scatto durante Argentina-Serbia. ©FIBA WC, Instagram

PIERLUIGI (@pierfino21): FIBA is not NBA basketball. Considerando questo assunto iniziale, il paragone non può e non deve reggere: nonostante l’aumento degli international players nella Lega statunitense, le evidenti differenze tra i regolamenti e le tattiche di gioco mettono in mostra come le competizioni FIBA, ed in particolare il Mondiale, assottiglino i gap presenti tra medie e grandi squadre. Il percorso di Argentina e Serbia è la perfetta rappresentazione di questo scenario: nonostante l’inferiorità tecnica abbastanza evidente, la fisicità e l’aggressività sulla palla dell’Alma ha condizionato e ridimensionato il corale attacco serbo. Per la corazzata serba di Sasha Djordievic una cocente delusione, non tanto per le aspettative della vigilia non rispettate, ma per come la selezione balcanica abbia lasciato la competizione dopo le due brutte prestazioni con Spagna e la stessa Albiceleste. A pagarne le spese è stato il coach della Virtus, ma la vera causa del fallimento parte da molto più lontano a mio parere: questa Serbia non ha mai dimostrato di essere squadra nei momenti decisivi fin da Rio 2016: è mancato sempre quell’ultimo step che consentisse a Bogdan Bogdanovic e compagni di vincere un trofeo internazionale, quello che scatta anche negli spogliatoi e non solo in campo, per intenderci.

NICCOLO‘ (@NFrangipani): I mondiali non sono una competizione come le altre, non si gioca solo per una medaglia o per la gloria ma si gioca per rappresentare un intero popolo e l’Argentina ha rappresentato al meglio questo spirito lungo tutta la manifestazione. Una squadra coesa con delle splendide individualità (Campazzo e Scola su tutti) e allenata magistralmente da Oveja Hernandez. Questa impresa ci ha detto che spesso il lavoro di squadra batte le individualità se queste sono accompagnate anche da poca voglia di applicarsi e a poca abnegazione. Per quanto mi riguarda la Serbia è stata la più grande delusione di questi mondiali, una squadra con così tanti giocatori NBA e con un allenatore così preparato doveva arrivare a medaglia. L’emblema del fallimento è da ricercare nel atteggiamento di Jokic che ha rinunciato al suo ruolo di leader per nascondersi quando le partite dovevano essere decise.

Ora che è calato il sipario sul Mondiale di Cina 2019, da italiani possiamo affermare che l’ItalBasket è stata avanti fino a 4′ dalla fine contro i futuri Campioni del Mondo. Il giudizio del nostro Mondiale assume un valore diverso in base al risultato della Spagna?

GABRIELE (@canovi_gabriele): Senza fare inutili giri di parole, sintetizzando nella maniera più schietta possibile il Mondiale dell’Italbasket, si può dire che Gallinari e compagni abbiano svolto il cosiddetto “compitino”.
Può sembrare un’eresia dire ciò di un gruppo che è stato a 4’ dal battere i futuri Campioni del Mondo, ma la rassegna iridata degli azzurri può essere riassunta in questo modo: hai perso con le squadre più forti e hai vinto con le squadre meno attrezzate.
Mi sento di dare qualcosa in più di una striminzita sufficienza a questo gruppo e a questo allenatore (nonostante tutte le critiche ricevute) che hanno saputo riportare il Belpaese a giocarsi un Mondiale dopo un periodo di astinenza lungo ben 13 anni.
I rimpianti ci sono e ci saranno dato che eravamo nella condizione di poter battere una corazzata come la Spagna e di accedere ai quarti di finale, ma il cammino delle Furie Rosse deve far accendere un campanello d’allarme nella testa di tutti quelli che hanno criticato la Nazionale.
Forse, e ripeto forse, spingersi oltre il risultato ottenuto era davvero complicato.

VINCENZO (@Enzobruno9): Il mondiale dell’Italia è stato quello che ci si poteva aspettare alla vigilia, Spagna e Serbia erano squadre nel complesso ben più forti e attrezzate della nostra. Questo non vuol dire che non sarebbe stato possibile arrivare ai quarti, come per esempio ha dimostrato l’Argentina superando la Serbia, anche noi avevamo le nostre possibilità di fare l’exploit. Ma appunto, sarebbe stato un exploit.
A 4’ minuti dalla fine eravamo avanti di 4 punti sulla Spagna e con l’inerzia emotiva della gara dalla nostra parte, dopo la tripla di Gallinari e la stoppata di Datome. È stato a quel punto che si sono presentati i limiti che hanno accompagnato questa generazione. Come già al pre-olimpico 2016 contro la Croazia o ai quarti di Euro 2015 contro la Lituania, nei minuti finali i nostri si sono sciolti. Possessi mal gestiti, le nostre punte cercate poco e male, e forse anche un po’ troppo timide, tiri forzati.
Quella di questi anni è stata una Nazionale con delle star, diversi limiti e un po’ di sfortuna, ma credo sia stato soprattutto il peso dei finali di gara nelle partite decisive a fare la differenza in negativo.
Quindi, per tornare alla domanda di partenza, penso che il mondiale dell’Italia sia da considerarsi dignitoso nel complesso, perché restare fuori dai quarti per mano della Spagna campione del mondo e di questa Serbia era normale. Peccato non essere riusciti nello straordinario, che poteva comunque essere alla nostra portata.

Le tre stelle azzurre. ©Italbasket, Instagram

PAOLO: Possiamo dire che l’Italbasket é stata avanti fino a 4 minuti dalla fine prima di assistere ad un suicidio tecnico e tattico con zero palloni toccati dal nostro miglior giocatore, con un fallo in attacco e due tiri da centrocampo allo scadere di Belinelli.
Aumentano i rimpianti a mio parere, potevamo giocarcela alla grande, non sarebbe stato abbastanza per vincere probabilmente, ma la curiosità di vedere la nazionale giocarsela al suo meglio cresce sempre di più. Ora testa al preolimpico sperando di avere i vari Melli, Mannion, Di Vincenzo e magari Moretti, giocatori che possono consentirci di fare un piccolo salto di qualità rispetto alla rotazione mediocre avuta in questo Mondiale.

Sono tanti i giocatori che escono da questa rassegna iridata con una consapevolezza diversa, pronti a dimostrare sui parquet NBA di valere decisamente di più di quanto mostrato sinora.
Tra quelli osservati al Mondiale, da chi vi aspettate un vero e proprio exploit nella prossima stagione della National Basketball Association?

ALESSIO (@a_cattaneo): Tomas Satoransky è il primo della lista avendo giocato un super Mondiale con la sorprendente Repubblica Ceca. Per lui, non c’è miglior biglietto da visita da poter esibire a Chicago in vista del training camp che lo attende con i Bulls. Nella Windy City proverà infatti a rilanciarsi e trovare lo spazio che merita; una buona chance dopo tre anni (fra luci e ombre) nel particolare contesto tecnico di Washington che non lo ha valorizzato al meglio.
Chi non ha bisogno di farsi conoscere nel mondo NBA sono Bogdan Bogdanovic e Ricky Rubio. Il serbo, già molto apprezzato a Sacramento e nella Lega, può però sfruttare il grande Mondiale a livello realizzativo per fare il salto di qualità e diventare, con ottime probabilità, il giocatore di riferimento dei Kings.
Di Rubio invece sono noti pregi e difetti da anni. Ma aver vinto il Mondiale da MVP può aver sbloccato quelle doti di leadership che risulteranno utili nel difficile ambiente dei Phoenix Suns. Se lo spagnolo dovesse fare bene all’interno di un contesto perdente, occhio a una possibile trade di metà stagione verso una squadra di vertice. Dipenderà tutto da lui.

Il miglior giocatore del Mondiale, Ricky Rubio. ©mbrondiphoto, Instagram

FERDINANDO: Di nomi se ne possono fare molti: primo su tutti Rubio, MVP di questo Mondiale che molto probabilmente si presenterà in maglia Suns come un giocatore del tutto rinato. Stessa cosa vale più o meno per Bogdanovic, a tratti inarrestabile durante questa competizione, autore di prestazioni di altissimo livello che potrà aggiungere al suo bagaglio cestistico. Inevitabile la menzione per Patty Mills, arma letale di una sorprendente Australia, giocatore già stimato nell’universo NBA ma forse ancora troppo poco, che dopo aver preso per mano i “Boomers” (insieme ad Ingles) ha dato ulteriore prova di poter essere un leader per gli Spurs di Popovich. Infine mi aspetto personalmente molto da Satoransky, nuovo innesto dei Bulls, il quale ha saputo alzare il livello della sua Repubblica Ceca quando ce n’era il bisogno e adesso dovrà a farlo anche in quel di Chicago.

PIERLUIGI: Sapevamo fin dall’inizio che non sarebbe stato il Mondiale dei grandi nomi, viste le numerose assenze. Molti dei protagonisti attesi hanno reso al di sotto delle aspettative, vedi Giannis Antetokounmpo e Nikola Jokic. Un’occasione d’oro per quei profili meno apprezati in NBA per mettersi pienamente in mostra davanti agli occhi di tutto il mondo. Tomas Satoransky l’ha sfruttata al meglio quest’occasione, dimostrando di essere quel giocatore carismatico e tuttofare che a Chicago manca da anni. Un Mondiale da secondo quintetto assoluto, un cammino storico che fa salire ancor di più le quotazioni di un giocatore spesso sottovalutato o almeno non così considerato come meriterebbe. Non così tanto rilievo è stato dato al grande Mondiale di Aron Baynes: il nuovo lungo dei Phoenix Suns ha fatto vedere un incredibile miglioramento del suo range di tiro, tirando 2.6 volte dall’arco con il 52% di realizzazione. Intrigante l’evoluzione dell’ australiano, che negli ultimi 12 mesi ha tirato 89 triple in NBA dopo le 3 tentate nei primi 5 anni di carriera a stelle e strisce. A mio parere, l’ex Celtics è pronto per una standout season e le minori pressioni dell’ambiente Phoenix potrebbero permettergli di fare il definitivo salto di qualità nel basket di oggi.

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