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#BarSportVS: Tour de France 106

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Un’altra edizione del Tour de France si è conclusa, per la precisione la 106esima come leggete dal titolo. Noi abbiamo discusso sui temi più caldi dopo queste tre intense settimane di corsa in un nuovo numero di #BarSportVS. Lo schema è molto semplice: ad ogni domanda rispondono più membri della redazione di Vita Sportiva, proprio come un gruppo di amici seduti ad un tavolino di un bar. Buona lettura!

 

Julian Alaphilippe ha rischiato di far saltare il banco a sorpresa. La sua presenza ha cambiato le carte in tavola tra i big?

DAVIDE (@BottaDavide): Julian Alaphilippe è stato più di un semplice protagonista di questo Tour de France. Ne è stato lo sceneggiatore. Ha preso un copione già scritto e l’ha stravolto, regalandoci tre settimane di spettacolo puro. Per questo lo ringraziamo noi ma, ne sono certo, anche Egan Bernal. Il francese della Deceuninck è stato l’avversario da rincorrere per il Team INEOS che ha così liberato Bernal da ogni vincolo interno. Senza la straordinaria cronometro di Pau, Alaphilippe avrebbe ceduto la maglia gialla a Geraint Thomas e a quel punto con ogni probabilità avremmo assistito ad una lunga e lenta processione verso i Campi Elisi. Difficilmente in carriera avrà di nuovo l’occasione di lottare per un GT, ma la capacità di accendere e infiammare una corsa, quella gli resterà per sempre. Grazie Julian.

MARCO (@Laemmedimarco): Julian Alaphilippe mi ha esaltato come nessuno in questo Tour de France. Nella prima settimana gli uomini di classifica l’hanno lasciato fare senza porre troppe attenzioni alla sua maglia. Le carte in tavola tra i big sono cambiate dopo la cronometro di Pau dove “Loulou” si pensava che rischiava di perdere la maglia gialla. Poi sappiamo tutti come sono andati quei 27km contro il tempo e da lì solo l’attacco di Bernal sull’Iseran ha scalzato Alaphilippe dal primo gradino del podio. L’aspetto più bello rimarrà la naturalezza di Julian. Ha attaccato dove e quando voleva, ha corso seguendo il suo istinto. Solo tanti complimenti!

Alaphilippe con il premio di Super Combattivo del Tour de France 2019. ©Deceuninck-QuickStep, Twitter

ANDREA (@AndreCardi): Alaphilippe è stato semplicemente eccellente già a partire dalle “sue” tappe, poi ancora di più nei giorni successivi. Certamente è diventato una mina vagante e l’entusiasmo dei francesi era ormai diventato palpabile. Poteva far saltare il banco e sarebbe stata una straordinaria novità, ma credo sia cambiato poco per i big. Probabilmente solo la INEOS ha dovuto modificare qualcosa, andando all’attacco soprattutto con Bernal, ma se Thomas avesse indossato la maglia gialla dopo la crono di Pau, forse staremmo parlando di un Tour diverso con il gallese a festeggiare il bis. Gli altri si sono ritrovati ad inseguire il fuoriclasse della Deceuninck-Quick Step prima e Bernal poi, ma erano già pronti a farlo per i due capitani (o uno dei due) del team britannico. Forse avremmo assistito a un corsa meno scoppiettante senza Alaphilippe come autentica sorpresa della generale e un pensierino l’avrà sicuramente fatto per il futuro.

 

Chi ti ha stupito di più e chi invece ti ha deluso nel corso di questo Tour?

PAOLO (@PaoloMancini30): Colui che mi ha stupito è certamente Alaphilippe, non mi aspettavo un tale fondo, una tale resistenza soprattutto dopo una prima settimana corsa all’attacco spendendo molte energie.
Chissà che in futuro gestendosi nella fase iniziale, allenandosi maggiormente in altura non riesca a giocarsi fino alla fine la corsa!
La delusione sicuramente Quintana che per l’ennesima volta fallisce miseramente al Tour, con lui anche la Movistar e le loro strategie rivedibili, salvo Landa che dopo il Giro trova le forze per salvare il team anche in Francia.

RICCARDO (@PRiccardo96): Difficile trovare un nome diverso da Julian Alaphilippe come sorpresa di questo Tour. Il ciclista francese della Quick-Step disputa un Tour straordinario, partendo come totale outsider, come cacciatore di tappe, dimostra soprattutto nella prima e nella seconda settimana una condizione invidiabile. Paga a cavallo tra la fine della seconda settimana e l’inizio della terza, sui Pirenei e sulle Alpi, sulle lunghe salite con pendenze proibitive. Chissà che non possa trasformarsi in un corridore da grandi giri, ad ora solamente applausi.
Per quanto riguarda la delusione più grande ci sarebbero tanti nomi da citare, su tutti Enric Mas. Capitano unico della Quick-Step per la classifica generale, si trasforma ben presto un gregario di lusso per Alaphilippe, riuscendo a dare solo in alcuni casi un contributo utile al suo capitano. Si stacca su quasi tutte le salite più dure e alla fine conclude al di fuori della top 20. Avrà modo di rifarsi vista la giovane età.

MARCO: Facile citare Julian Alaphilippe tra le sorprese. Personalmente mi ha stupito ancora una volta Geraint Thomas che ha confermato di essere davvero competitivo nelle corse di tre settimane. Ha ormai definitivamente cancellato quell“aurea” di illusione che gli era stata attribuita col successo dello scorso anno al Tour. Dopo il trionfo del 2018 anch’io credevo gli fossero capitate tre settimane di grazia e che fosse più merito della squadra, allora Team Sky, che del britannico. Quest’anno “G” si era visto pochissimo in gruppo prima del Tour ed ero scettico potesse far bene in questa Grande Boucle (veniva anche da un recente infortunio alla clavicola). I gregari INEOS si sono visti poco e lui è sempre stato presente nei momenti che contavano. Un secondo posto davvero meritato! Chi mi ha deluso è invece Nairo Quintana. Sembra che fare classifica in un GT non si addice più a lui e così è meglio concentrarsi sulla conquista una vittoria di tappa. Cosa riuscitagli molto bene, vedi il successo nella 18esima tappa tra Izoard e Galibier.

 

Egan Bernal vince il Tour a soli 22 anni. Dove può arrivare questo ragazzo? Proverà la doppietta con la Vuelta già quest’anno? Come vedi la convivenza INEOS con Thomas, Froome e Sivakov?

GIUSEPPE (@realpeppons): Signori, siamo di fronte ad un fenomeno tecnico e mediatico. Viso pulito, nato a 2650 slm nel paese in cui Gabriel García Marquez studiava dai preti, ha i geni del predestinato. Cresciuto in Italia alla corte di Gianni Savio, uno che di talenti sudamericani se ne intende. Esploso nello squadrone più forte al mondo dal 2011 a questa parte. Rivedo in lui la leggerezza di Pantani e la testa di Contador, non proprio due qualunque. Paragone azzardato, ma ci calza tutto. Si era preparato per il Giro ed ha vinto il Tour. Nulla è precluso a questo ragazzo che senza dubbio tenterà l’assalto alla Vuelta con Sivakov luogotenente. A mio parere la INEOS deve puntare su di lui, da qui a sempre. Se così non sarà, chiunque lo prenda fa l’affare della vita. Può benissimo convivere con Froome, Thomas e Sivakov. Il primo non si sa come tornerà dall’infortunio, stesso che mise fuori gioco per sempre Beloki, il secondo si è dimostrato un gregario eccellente e allo stesso tempo solido al massimo nei grandi giri e il terzo, alla stessa età, ha solo da imparare dal colombiano.

Egan Bernal in maglia gialla sugli Champs-Elysées. ©Ouest-France Sports, Twitter

DAVIDE: Il Team INEOS (ex Sky) ha iniziato spesso un Grande Giro con più di un capitano ma nel 2020 si troverà di fronte ad una situazione senza precedenti con ben 3 vincitori di Tour in squadra.
La scelta più logica sembra essere quella di mandare Bernal (che potrebbe partecipare con ambizioni di successo alla Vuelta tra poche settimane) al Giro per provare l’assalto ad una clamorosa tripletta. Al Tour il capitano sarà, recupero permettendo, Chris Froome con lo stesso Bernal e Geraint Thomas pronti a subentrare. Dopo l’1-2 di quest’anno chissà che a Sir Dave Brailsford non venga la pazza idea di monopolizzare il podio di Parigi.

LUCA (@Luca_Monta_): “Uno come lui nasce ogni 20 anni” disse a suo riguardo Gianni Savio, direttore sportivo della Androni-Sidermec che ha lanciato nel mondo del professionismo colui che oggi è divenuto campione in carica del Tour de France. Non possiamo che dargli ragione, ad ora. E il Team INEOS deve tenerselo stretto, anche se e quando diventerà difficile gestire i rapporti con i due britannici. Personalmente, in una “scala di importanza” Bernal dovrebbe occupare il gradino più alto, seguito da Froome e Thomas, quest’ultimo come gregario di lusso oppure, se vuole tornare a vincere, gareggiando nella corsa eventualmente “lasciata scoperta” dagli altri due. Sivakov, salvo un pizzico di fortuna come accaduto prima dell’ultimo Giro d’Italia, rischia di rimanere chiuso per i prossimi due-tre anni, nonostante il suo potenziale.

 

Come giudichi la gestione Movistar a due punte più un gregario di lusso come Valverde?

GIUSEPPE: La Movistar ha combinato un mezzo macello. Senza la menata di Soler, Quintana avrebbe probabilmente fatto podio perché la condizione era abbastanza in crescendo. Landa è il classico corridore da piazzamento e nulla più, poi dopo le fatiche del Giro, non poteva chiedere altro dal suo fisico e Valverde, inutile parlarci, può fare quello che vuole a 39 anni. Lo dimostra il podio ottenuto a Val Thorens dietro ad un altro fenomeno come lui. Squadra fortissima ma poca tattica. Mi aspettavo il podio di un loro uomo. Sono rimasto deluso.

PIERLUIGI (@pierfino21): Possiamo dirlo ad alta voce: il Tour de France 2019 rappresenta l’ultimo ballo dello squadrone Movistar. La tattica della squadra di Unzué è stata a tratti indecifrabile, manifestando una colossale confusione in alcuni dei punti salienti della corsa. La vittoria di Nairo Quintana a Valloire non può essere un salvagente su cui appigliarsi, così come la vittoria nella classifica a squadre e i 3 corridori piazzati in top-10. La Movistar ha dimostrato di essere la squadra più coesa ed organizzata in salita, ma non ha mai realmente sfruttato questo vantaggio. Un vero e proprio peccato, soprattutto per Mikel Landa, che in molti frangenti si è visto ‘tagliare la strada’ dalla sua stessa ammiraglia (vedi la già citata tappa di Valloire, o la tappa del Tourmalet) a causa di decisioni rivedibili. Il basco, in un Tour del genere, poteva benissimo andare alla caccia del podio sfruttando le tantissime salite presenti nell’ultima settimana e i gregari di lusso Alejandro Valverde, Andrey Amador e Marc Soler, oltre che dello stesso Quintana. In conclusione, l’addio di Richard Carapaz potrebbe non essere il solo e questo Tour non ha fatto che alimentare questa suggestione. D’altro canto, con Nairo Quintana più fuori che dentro, la Movistar potrebbe puntare tutto su Mikel Landa come unico capitano di riferimento nei grandi giri.

La Movistar premiata come Miglior Squadra del Tour de France 2019. ©Tino Pohlmann, Twitter

ANDREA: Hanno vinto ancora una volta la classifica a squadre, hanno portato a casa una vittoria di tappa con Quintana e tre uomini nella top ten (Landa 6°, il colombiano 8° e Valverde 9°, ma sono soltanto soddisfazioni di facciata. La tattica in generale – anche nello specifico prendendo le singole frazioni – è stata a dir poco imbarazzante, nell’ultima settimana il loro atteggiamento è da biasimare perché era diventata una lotta fratricida. Ho visto una squadra lontana anni luce da quella che ha trionfato al Giro d’Italia con Carapaz, la stessa vittoria di tappa di Quintana a Valloire non può essere considerata una vittoria di squadra. Con corridori come i tre sopracitati più il giovane talentuoso Soler era doveroso puntare almeno al podio e il risultato poteva essere centrato. Peccato che nessuno di loro, a conti fatti, abbia realmente dato l’impressione di poter ottenere un risultato del genere.

 

Tre tappe e una maglia gialla ma nessuno in top 10, un commento sul Tour degli italiani?

PAOLO: Era noto già prima dell’inizio della Grand Boucle che gli italiani non avrebbero fatto classifica.
Aru al rientro dall’infortunio l’ha affrontata senza alcuna ambizione pagando nella 3 settimana la mancanza di fondo.
Ciccone e Nibali reduci dalle fatiche del Giro non potevano fare di più, probabilmente entrambi sono stati “forzati” alla partecipazione, nonostante tutto maglia gialla per 3 giorni e vittoria di tappa portate a casa.
Trentin è stato magnifico con una grande vittoria di tappa e tante buone prestazioni, infine abbiamo Viviani con una vittoria e ottima condizione finché non è stato utilizzato da gregario di Alaphilippe, quest’ultimo compito lo ha bruciato nella seconda parte di Tour.
In generale un bilancio positivo viste le premesse che non vedevano italiani in lotta per il podio.

RICCARDO: Il Tour degli italiani a posteriore può definirsi positivo: tre tappe vinte, tre tappe diverse, una vittoria in volata classica con Viviani, ottimo anche come gregario in pianura per Alaphilippe, una tappa mista in cui Trentin fa un grande in numero giungendo al traguardo in solitaria dopo una lunga fuga e una vittoria in montagna al Val Thorens nella tappa più breve di questo Tour da parte di Vincenzo Nibali, un acuto a seguito di un Tour quanto mai difficile per il siciliano. Da non dimenticare la prestazione di Giulio Ciccone, per due giorni maglia gialla e secondo nella tappa con arrivo alla Planche des Belles Filles.

LUCA: È un’Italia più cacciatrice di tappe che da grandi giri. Un dato di fatto tutt’altro che negativo in vista dei prossimi grandi eventi (Mondiali a settembre ed Olimpiadi nel 2020), dove nutriamo grandi ambizioni per il titolo in entrambi nonostante due tipologie di tracciato completamente differenti. Nonostante la carenza di uomini da classifica, non c’è da preoccuparsi più di tanto per ora: in questa prima parte di stagione il Bel Paese ha “scoperto” Giulio Ciccone come ottimo prospetto per il futuro; allo stesso tempo Fabio Aru sembra essersi lasciato alle spalle il periodo più buio della propria carriera, il 14° posto finale (precedendo pure il suo capitano Daniel Martin) darà sicuramente morale.

 

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