Mentre Tokyo dorme

Di medaglie e delusioni. Splendori e miserie di una giornata olimpica.

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Day 3

Terza giornata, seconda con medaglie in palio. Era una di quelle in cui ci si aspettava qualcosa, anche di importante. Si guardava soprattutto al judo, al nuoto e alla scherma, ma anche al ciclismo e ai tuffi. Sono quelle giornate in cui rischi di mischiare dolce e amaro fino a non distinguerli più. Un po’ come stiamo facendo noi col giorno e la notte.

Stavolta dormo tre orette abbondanti prima di lanciarmi nella maratona, devo essere sicuro di resistere. Si parte alle 2.00 con le ragazze della pallavolo che sfidano la Russia. Questo è l’oro che desidero più di tutti. Mi piace questa squadra, ha talento ed è sfacciata. Mai arrogante. E oggi ha pure il merito di non far durare troppo la partita per farci godere più tranquilli il nuoto.

Sissignori, la regina della prima metà dei giochi inizia ad assegnare le medaglie. Ieri si ironizzava con un senso di malcelata rivalsa sullo zero nel medagliere USA del primo giorno. Alla prima finale in piscina fanno subito oro e argento. Caso chiuso.

Siamo tutti svegli ad aspettare Gabriele Detti, ma capiamo subito che la giornata potrebbe non essere esattamente come ce la immaginavamo. In corsia esterna il tunisino Ahmed Hafnaoui fa il colpo della vita. Di mille vite. Tunisia, piscina, la mia testa riesce a pensare soltanto Oussama Mellouli. Scopro incredibilmente che c’è anche lui a Tokyo, alla sua sesta Olimpiade. Gareggerà in acque libere.

La nottata si trascina così, un po’ stanca. In piscina Martinenghi ci ridà vigore. Io mi aiuto con un po’ di pizza rimasta dalla sera prima. Non so quali scompensi alimentari e del ritmo sonno/veglia avrò a fine Giochi, ma ne sarà valsa comunque la pena. Iniziano anche le ragazze del fioretto, ho delle aspettative.

Quando sono passate da poco le 5, mi rendo conto che forse posso perfino riposare un’oretta, per affrontare col giusto piglio uno dei pezzi forti di giornata. Sveglia alle 6.30, qualche minuto per riprendermi, poi ci sono. Aspetto da diciassette anni l’Inno di Mameli a cinque cerchi sotto canestro. Ed è subito un pensiero a Franco Lauro. Sti ragazzi hanno firmato un’impresa epocale per arrivare fin qui. E poi è Italia-Germania, e per me vuol dire soprattutto il celebre striscione “Noi covvoi c’avemo perso solo quanno eravamo alleati”. Gallinari, Melli, Mannion e compagni ci permettono di tirarlo fuori un’altra volta. Che bella squadra!

Ma torniamo alle aspettative di cui si accennava all’inizio. Nella prima mattinata col secondo schermo rimbalzo un po’ tra judo e scherma (lo so che guardate più cose contemporaneamente anche voi). Metto su Alice Volpi che tira per andare ai quarti e alla prima stoccata caccia un urlo disumano che sveglia mio fratello. Quello sguardo non credo indichi che mi vuol bene. Su Twitter ci si domanda se una stoccata sia ritenuta valida anche se non seguita da urla strappa corde vocali. In effetti. Ma andiamo oltre.

Dicono che il judoka Manuel Lombardo sia un forte candidato all’oro. Alla fine rimarrà a mani vuote, ma ci avrà indirettamente fatto vivere uno dei momenti più esilaranti di giornata. Durante il combattimento di ripescaggio per la medaglia di bronzo il suo avversario lo atterra e sembra aver vinto. Scoramento. Però c’è il VAR. L’arbitro va al monitor, invalida la mossa e assegna perfino la vittoria a Lombardo. Noi non ci abbiamo capito un cazzo, per questo è ancora più bello.

A proposito di arbitri e judo. Non so se sia la mancanza di sonno, ma penso di aver capito che al palazzetto c’è uno dei figli di Fidel Castro a fare non so bene cosa.

Anche altri alimentano speranze di medaglia: Odette Giuffrida sempre nel judo, Volpi ed Errigo nel fioretto, Santarelli nella spada. Quando sta per aprirsi la sessione serale del nuoto, ho già capito che la montagna partorirà un topolino. Giuffrida è l’unica a salire sul podio, medaglia di bronzo; gli altri sentiranno uno strappo all’anima. La chiamano delusione. Mi interrogo un po’ su come ci si fa i conti nella vita, se si rimargini mai del tutto.

Ecco, quando passerà ad Annemiek Van Vleuten. La ciclista olandese taglia il traguardo seconda ma esulta pensando di aver vinto. Dietro di lei Elisa Longo Borghini, che bissa il bronzo di Rio e lo sa. È una giornata un po’ così, di bronzo appunto. In chiusura arriva anche quello di Mirko Zanni nel sollevamento pesi. Credo sia l’unico sport olimpico che non ho mai guardato nemmeno per sbaglio.

È una giornata un po’ così, dicevamo. Se la ricorderà la baby prodigio Benedetta Pilato. Benny fa il suo debutto olimpico nei 100 rana, siamo tutti lì per lei. Solo che forse avevamo dimenticato che ha 16 anni. La meglio gioventù italiana, scrivevo ieri. Non cambia di una virgola, Benedetta Pilato ne è l’esempio più folgorante.

Le emozioni a tinte azzurre sono finite, allora mi butto a guardare team USA di basket contro la Francia. Ma gli americani hanno la stessa voglia di giocare che ho io di indossare giacca e cravatta in Sicilia ad agosto. “La cosa meno simile ad una squadra che abbia visto finora” (cit. Giulia Picciau). Sottoscrivo.

A Tokyo fa buio, qui è l’ora della siesta. Per seguire le Olimpiadi oggi ho sfanculato un pranzo di famiglia. Me la faranno pagare.

Ora riposiamoci un po’ e pensiamo a come evitare il divorzio, il licenziamento o di perdere gli ultimi amici che ci sono rimasti in queste prossime due settimane. Se avete idee, fatemele arrivare.

Ci si trova qui domani. Stesso posto, stessa ora. Mentre Tokyo dorme.


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Vincenzo Bruno
Laureato in Lingue e Letterature Moderne, nato a Palermo nel 1983, vive a Isola delle Femmine, piccola località costiera alle porte del capoluogo siciliano. Aspirante insegnante e appassionato di sport, letteratura e storie, nella sua pagina Instagram “Gente di Sport” alimenta l’amore per la scrittura facendovi convergere spesso le sue più grandi passioni. Due suoi racconti brevi, Notti Bianche e La Prima Volta, sono stati inseriti nella raccolta Pausa caffè: letteratura espressa, pubblicata da Prospero Editore nel 2016.

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