Mentre Tokyo dorme

Nello sport le parole non contano, conta la musica. Pandemonio Italia.

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Day 15

Oggi provo un’invidia selvaggia per i musicisti. Non per i grandi musicisti, non solo, ma per chiunque sia capace di strimpellare qualcosa con uno strumento qualsiasi. A me qui servirebbero parole, ma onestamente le ho finite o forse non esistono. Invece in testa e nel cuore mi gira di continuo musica che nemmeno riconosco, ma è quella giusta per tutto ciò che stiamo vivendo.

Mi metto davanti al foglio bianco poco prima che cominci la finale della 4×100 femminile. Poi toccherà a quella maschile con l’Italia. So che sarà protagonista, in semifinale li ho visti i ragazzi, ma dopo il quarto d’ora di domenica scorsa non temo più nulla. Magari la medaglia arriverà anche, le variabili in una staffetta sono tante, ma non credo riuscirà a travolgermi. Le ultime parole famose, ecco perché non ne ho più.

La rimonta di Filippo Tortu, pure troppo vilipeso ultimamente, è una sinfonia. Il modo in cui un centimetro alla volta mangia quel metro che lo separa dall’eternità sembra mettere in musica il discorso di Al Pacino in Any Given Sunday. Poi si butta all’arrivo. In quel gesto tecnico ci sono gli ultimi cinque giorni dell’atletica italiana. Crediamoci, tutto è possibile. Ce lo ripeteremo a lungo anche noi, fino a crederci davvero a volte. Forse sarà il lascito di questi Giochi Olimpici.

È un tripudio di sensazioni che mi mettono alla prova. Ci mettono tutti alla prova. E come fai a parlarne?! Adesso ho in testa Bohemian Rhapsody dei Queen, qualcosa di totale. Come Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu. Come totali lo sono queste due settimane. Pandemonio Italia.

Anche oggi l’azzurro brilla in maniera prepotente. Antonella Palmisano spiega al mondo come si marcia. Forma e sostanza. Sembra di rivedere il film di ventiquattro ore prima, un remake al femminile di ciò che ha combinato ieri Massimo Stano. L’atletica italiana che fa fatica a non vincere. Cosa stiamo vedendo!?

Ma anche l’ultimo arrivato al banchetto olimpico, il karate, si presenta bussando alla porta coi piedi, perché le mani sono piene di medaglie. Dopo il bronzo di ieri con Viviana Bottaro nel Kata, l’oro di Luigi Busà nel Kumite. Ecco le mazzate vere. A tratti ci capiamo meno che davanti a Taekwondo e judo, e non era semplice. Ma alla fine il mondo che sgorga genuino e brutale dalla gioia dell’azzurro lo percepiamo tutti. Era un ragazzino in sovrappeso, ora ha un oro olimpico al collo. E non è una medaglia qualsiasi, semmai ne esistesse una, verrà ricordata come quella che sancisce il miglior bottino italiano in 125 anni di Olimpiadi. La numero 37.

Adesso sembriamo capaci soltanto di vincere ori. Quello che voleva Frank Chamizo, l’unico che gli manca. Dalla botta dell’eliminazione di ieri in semifinale non si è ancora ripreso, il match per il bronzo è un dettaglio, Frank non c’è. Era quella per l’oro la sua finale, sente di non essere nel posto giusto. “Forse non è per me”, ha sospirato ieri con una malinconia atroce. No Frank, There Will Be Time cantano Baaba Maal e i Mumford & Sons. Ancora una volta la musica ci arriva meglio.

C’è tanto altro a pizzicarci le corde emotive, ancora più sensibili perché ci accorgiamo che i cinque cerchi stanno correndo via veloci come Ganna e Jacobs. Nelle qualificazioni della ginnastica ritmica, oltre a una splendida Milena Baldassarri, ammiro Marcia Alves Lopes, ventenne di Capo Verde a cui è concesso di calcare la scena olimpica. Non avrebbe i mezzi tecnici per stare con le migliori del mondo, ma le Olimpiadi sono e devono rimanere anche questo. Possibilità di ispirare e lasciarsi ispirare.

Olimpica è certamente l’anima di Eleonora Giorgi. Il fisico non risponde come vorrebbe, le lacrime hanno il suono delle speranze che si infrangono. Potrebbe lasciare la gara, ma marcia fino all’arrivo e trova il tempo di incoraggiare la compagna che si sta involando verso una vittoria che sognava per sé.

C’è Allyson Felix. Qualcuno avrebbe voluto farle pesare la scelta di mettere al mondo un’altra creatura, ma quel qualcuno non aveva fatto i conti con la donna che aveva di fronte. Si conquista la finale dei 400 metri a 36 anni, alla quinta Olimpiade, da mamma, e non le basta. Decima medaglia olimpica.

Se in questi ultimi giorni avvertite il tempo correre sempre più veloce, non siete soli. È la fugacità dei momenti belli, che si trasformano in attimi e ci lasciano senza chiedere il permesso. Ce li faremo bastare e faremo spazio ai prossimi.

“Se sono arrivato fin qui, è per te papà. Il sogno… si avvera!”. Sì, Filippo. Si avvera!

A domani. Mentre Tokyo Dorme.

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Vincenzo Bruno
Laureato in Lingue e Letterature Moderne, nato a Palermo nel 1983, vive a Isola delle Femmine, piccola località costiera alle porte del capoluogo siciliano. Aspirante insegnante e appassionato di sport, letteratura e storie, nella sua pagina Instagram “Gente di Sport” alimenta l’amore per la scrittura facendovi convergere spesso le sue più grandi passioni. Due suoi racconti brevi, Notti Bianche e La Prima Volta, sono stati inseriti nella raccolta Pausa caffè: letteratura espressa, pubblicata da Prospero Editore nel 2016.

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