Ciclismo

Pauline Ferrand-Prevot, una vita a caccia dell’iride

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Quando si parla di multidisciplinarità nel ciclismo si pensa subito ai tre massimi tenori del mondo maschile, Pidcock, van Aert e Van der Poel. Ma considerando anche il ciclismo femminile c’è una ciclista che ben prima di loro tre è riuscita a completare il famoso trittico iridato tra strada, mountain bike e ciclocross. Si parla della ormai quasi solo biker francese Pauline Ferrand-Prevot. Pauline non solo riuscì a vestire le maglie iridate di tutte e tre le discipline, ma riuscì nell’impresa di vestirle tutte contemporaneamente. Andando a vincere il mondiale in linea del 2014 a Ponferrada davanti alla tedesca Lisa Brennauer e alla svedese Emma Johansson, il mondiale di mountain bike del 2015 a Vallnord davanti alla russa Irina Kalanteyeva e all’ucraina Yana Belomona, e infine il mondiale di ciclocross del 2015 a Tabor davanti alla belga Sanne Cant e all’olandese Marianne Vos. Una tripletta storica, tutt’ora unica nel mondo del ciclismo, che viene resa ancora più impressionante dal fatto che la francese ha concluso la tripletta ad appena 23 anni.

Highlights del mondiale su strada a Ponferrada, primo titolo iridato tra le elite

Un palmares invidiabile

Agli inizi della carriera, la multidisciplinarità era alla base del programma stagionale di Pauline. Poi una volta capito di poter diventare veramente forte in una delle tre discipline, decise di proseguire solo con la mountain bike lasciando da parte le altre due discipline, malgrado alcuni buoni risultati su strada. Scelta migliore però non poteva prendere. In poco tempo è diventata un punto di riferimento per tutte le biker francesi e nonostante l’ancora giovane età dimostrò fin da subito che poteva competere con chiunque si potesse trovare accanto.

La particolarità della sua carriera è stato il fatto che lei puntasse dichiaratamente solamente ai mondiali e fin da subito iniziò a inseguire quella che poi più avanti negli anni dichiarò essere quasi un’ossessione. Ma alla fine ha avuto ragione lei. Non si ripeté più su strada e nel ciclocross, ma in mountain bike, ancora appena trentunenne, vince altri sei mondiali individuali, quattro nella disciplina olimpica (2019, 2020, 2022 e 2023) e due nello short track (2022 e 2023) a cui si vanno ad aggiungere due mondiali XCM marathon (2019 e 2022) e il mondiale gravel dell’anno scorso.

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Se allarghiamo il computo dei titoli mondiali anche alle categorie giovanili e alle gare a squadre, otteniamo un totale di diciassette titoli mondiali che rapportati a un’altra ciclista dedita alla multidisciplinarità come Marianne Vos, ferma “solamente” a 13 titoli iridati, fa capire quanto sia ricercata da parte sua la maglia iridata.

La paura di dover abbandonare

Ma non è oro tutto quello che luccica, dietro a una grande carriera sportiva ci sono anche grosse delusioni e passi falsi che hanno portato la francese addirittura al ritiro ancora in giovane età. Su tutte c’è la debacle totale a Rio alle olimpiadi. Dopo l’ormai storica tripletta tra 2014/2015, in Pauline iniziò a crescere il sogno della doppietta MtB/strada a Rio, sogno che rischiò di interrompersi bruscamente per un lungo periodo a fine 2015 a causa di un brutto infortunio. Una terribile frattura da stress al ginocchio che ha portato la biker francese a pensare addirittura al ritiro:

“I end my season (2015) on abandonment. I do not know when I will go back on a bike. The bike was what I loved to do the most, but it became my biggest nightmare.”

Rimarcando anche il fatto che la tripletta iridata le abbia procurato parecchio stress fisico e mentale:

“Being World Champion in three disciplines in one year may have been the worst thing that ever happened to me. Even injured, I was working harder every day without giving up. I abandoned race after race, thinking my bad luck would eventually stop.”

Delusione olimpica

Nonostante questo periodo buio della sua carriera, decise comunque di non mollare anzitempo e di presentarsi comunque ai nastri di partenza per entrambe le prove alle Olimpiadi. Le due gare olimpiche non hanno avuto però esito fortunato, la prova su strada la concluse al 26esimo posto, mentre la prova di MtB non la concluse neanche.

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“I wanted to finish this race which I dreamed about, but my body could not. It was really impossible for me. I am extremely disappointed, there are no words to express it. I left the race crying… I did not think to go in the media zone to explain my abandonment reporters, this is really the last thing you think about in those moments.”

Il 2017 e il 2018 continuano ad essere anni bui per la sua carriera, nonostante il passaggio in Canyon-SRAM per rilanciarsi.. Infatti dopo aver strappato una medaglia di bronzo ai mondiali di MtB nel 2017, passò un anno passato a rincorrere le avversarie. A fine 2018 le venne diagnosticata la causa che le provocava tutto il dolore che provava mentre pedalava, endofibrosi dell’arteria iliaca. Venne operata e poté tornare a pedalare ad alto livello solo 5 mesi dopo l’operazione.

Il riscatto dopo anni bui

Il 2019 rappresenta un anno di riscatto per Pauline che torna a fare quello che le riesce meglio, vincere e convincere. Ai mondiali di MtB in Canada torna al successo iridato davanti alla svizzera Jolanda Neff e successivamente a Grachen vince il suo primo mondiale di MtB marathon. Questi due successi mondiali la rilanciarono subito come principale favorita per l’Olimpiade di Tokyo. Ma di nuovo il problema all’arteria iliaca si ripresenta ed è costretta a rioperarsi minacciando nuovamente un ritiro anticipato. La pausa obbligata dal Covid-19 favorisce il suo rientro alle gare a fine anno, tant’è che a Leogang, in Austria, vince il suo terzo titolo iridato individuale nella MtB scacciando definitivamente tutti i fantasmi legati agli infortuni.

Nel 2021 incentra tutta la stagione sull’Olimpiade di Tokyo ma non è autrice di una bella gara, terminando lontana anche dal podio.

“Disappointed but not dejected. Since the media takes such pleasure in knocking athletes down, and since there are a fair few ’Mr know-it-alls’, I want to speak about my race yesterday. I’m proud to have come to these Games at 100% and that’s my primary personal satisfaction. I’ve never been in such form in my career as this week. I’ve never felt as happy to be at such an event, surrounded by a top team and staff. But yes, elite sport is thankless, and the reward is not always what we’d like. If it were, that’d be too easy”

La nuova vita in Ineos

A fine 2021 avviene quella che molto probabilmente è la svolta che permette alla sua carriera di crescere ulteriormente come atleta, infatti il Team Ineos (ex Sky), decise di voler investire pesantemente su Pauline come figura per la multidisciplinarità. Grazie alla collaborazione con Pinarello, Pauline si costruì la bici su misura e i risultati arrivarono subito, cinque mondiali di cui due di XCO, due di XCC e uno di XCM che la rilanciano dopo la delusione olimpica del 2021 e oggi la proiettano sempre di più nella storia della MtB.

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E proprio con le imminenti Olimpiadi in casa a Parigi che Pauline può andare a chiudere il cerchio della sua carriera, andando a caccia dell’ultimo grande scalpo che manca al suo palmares. Dopo le Olimpiadi, qualora andassero a buon fine, non ha nascosto la volontà di ritornare alle origini tornando a competere nuovamente su strada.

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Matteo Salina

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