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Storia delle 10 medaglie d’oro italiane a Tokyo 2020

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Vito Dell’Aquila (Taekwondo)

Di Marco Ferraris

La prima medaglia d’oro alle Olimpiadi è arrivata con Vito Dell’Aquila nel taekwondo. Il giovane carabiniere proviene da Mesagne, proprio come Carlo Molfetta, olimpionico a Londra 2012. Ha iniziato a praticare il taekwondo all’età di otto anni, nella stessa palestra di Carlo Molfetta e con lo stesso maestro. Il primo podio internazionale arrivò ai mondiali di Muju nel 2017 in cui prende il bronzo nella categoria 54kg. Altro bronzo nel 2018 agli europei di Kazan sempre nei 54 kg. Sale di categoria e nei 58 kg vince l’Europeo senior a Bari che lo qualifica all’Olimpiade. Olimpiade in cui arriva questo oro bello e inaspettato per tutti. Prima Olimpiade e subito un oro. Tra le varie vittorie, il Gran Prix di Mosca, in cui vinse sul coreano Jun Jang numero uno nel ranking. Dovrà fare di tutto per qualificarsi per Parigi 2024 e provare a difendere il titolo. Anche se la strada è ancora lunga. Poi nel suo futuro studio e diventare giornalista per scrivere del suo taekwondo.

Federica Cesarini e Valentina Rodini (doppio pesi leggeri, Canottaggio)

Di Luca Montanari

Valentina Rodini il sogno olimpico l’aveva già vissuto cinque anni fa, nella stessa imbarcazione su cui è appena diventata campionessa, il doppio pesi leggeri. È cambiata la compagna, sono cambiate le aspirazioni: Federica Cesarini quel sogno lo aveva soltanto cullato prima di Tokyo, dedicandoci una tesi con la quale si è laureata in Scienze Politiche. Questa volta ha scritto una pagina di storia a quattro remi: insieme sono diventate le prime italiane a conquistare una medaglia olimpica nel canottaggio, per giunta del metallo più pregiato. Il segreto? Credere nei propri mezzi. Lo avevano già capito ad aprile, vincendo agli Europei e convincendo anche noi nelle loro potenzialità dapprima del grande appuntamento.

Gianmarco Tamberi (Atletica leggera, salto in alto)

Di Marco D’Onorio

“Tokyo 2020 sarà tutta la mia carriera”. Così diceva Gianmarco Tamberi nell’intervista dopo la finale mondiale di Doha conclusa all’ottavo posto. Una finale vinta da Mutaz Essa Barshim, grande rivale e amico di Gimbo, con il quale poi finirà anche per condividere l’oro olimpico a Tokyo. E sì, perché tutte quelle attese e quelle aspettative verso i Giochi Olimpici nipponici non si sono ritorte contro il saltatore marchigiano. Anzi, quel countdown cominciato dalla settimana terribile post-infortunio Montecarlo 2016, allungato ancora dal rinvio delle Olimpiadi al 2021, non ha fatto altro che aumentare intensamente il desiderio di Gimbo verso quella gara. La Gara. E i salti che attendeva da una vita si sono rivelati quelli più belli di tutta la sua carriera. Tamberi non hai mai nascosto le sue forti speranze, ai limiti dell’ossessione, verso Tokyo 2020, come dopo che l’ha fatta sua non ha celato la gioia esasperata per una vittoria pazzesca. Un trionfo arrivato con una prestazione che Gimbo non aveva mai sfornato sin da quel maledetto infortunio. Cinque anni di alti e bassi, un avvicinamento caratterizzato da tante incertezze, rimandando sempre l’appuntamento a Tokyo. Nelle ultime uscite pre-Giochi era sembrato insicuro e tutt’altro che al massimo della forma. Poi a Tokyo è successo l’immaginabile. Almeno per noi, perché Gianmarco chissà quante volte l’avrà sognato. Infatti ora, da dichiarazione post-finale olimpica, non dormirà mai più. Il simbolo di tutto ciò è stato il gesso dell’infortunio con la scritta “Road to Tokyo 2020”, poi diventato 2021, che l’ha accompagnato sempre, perfino durante l’atto conclusivo dei Giochi a bordo pedana. Simbolo di sofferenza e resilienza che dopo la vittoria si trasforma in una medaglia da esibire mentre esulta a squarciagola. Immagini da brividi.

©Coni, Twitter

Marcell Jacobs (Atletica leggera, 100 metri)

Di Davide Negro

Lamont Marcell Jacobs, classe ’94, si è laureato campione olimpico dei 100 metri a Tokyo con il record europeo migliorato due volte: 9.80 finale dopo il 9.84 della semifinale; nonché ha vinto l’oro anche nella 4×100 con i compagni Patta-Desalu-Tortu. Nel 2021 era già diventato campione europeo indoor dei 60 metri a Torun con il record nazionale di 6.47, nonché al meeting di Savona a maggio è diventato il secondo italiano di sempre sotto i 10 secondi nei 100. Nato da Madre italiana e padre texano, ha vissuto fin dai primi anni di vita in Italia dove da ragazzo ha praticato prima il basket, seguendo le orme paterne, e il calcio, poi a 10 anni si è lasciato tentare dall’atletica leggera per consiglio del suo insegnante di educazione fisica frequentando la pista di Desenzano del Garda, città dove viveva. A partire dal 2011 pratica la disciplina del salto in lungo con ottimi risultati a livello giovanile. Da settembre 2015 è seguito da coach Poalo Camossi, ex iridato indoor del 2001 nel triplo. Nel 2016 ai tricolori promesse ha realizzato il salto più lungo di sempre per un italiano con 8.48m ventoso (+2.8). Dopo un significante problema al ginocchio che lo costringe a saltare le Olimpiadi di Rio 2016, Marcell torna a gareggiare nel 2018 cambiando specialità passando ai 100 metri. Dall’autunno 2018 si trasferisce a Roma dove da lì partirà il suo sogno olimpico, poi realizzato, grazie ad una eccellente lavoro di un’equipe di professionisti che lo ha seguito nei minimi dettagli fino a fargli raggiungere i risultati che tutti noi conosciamo. La sua vittoria (un po’ inaspettata) alle Olimpiadi di Tokyo 2020 nella gara regina dell’Olimpiade rappresenta una delle imprese sportive più grandi della storia dello sport italiano.

Ruggero Tita e Caterina Banti (Vela, Nacra 17)

Di Giovanni Oriolo

Ruggero Tita nato a Rovereto il 20 marzo 1992 e Caterina Marianna Banti nata a Roma il 13 giugno 1987 hanno portato l’Italia a vincere il primo oro olimpico nella vela mista. Ruggero è un atleta che fin da giovane trova subito successi importanti: come il titolo di campione italiano nella classe Optimist a 13 anni e successivamente anche campione europeo. Successivamente passa prima in classe 29er e  poi alla classe 49er dove diventa pluricampione italiano e convocato fisso nella nazionale dal 2009 al 2016, nella quale è stato di gran lunga l’elemento più giovane. Dopo l’argento Mondiale del 2015 passa alle Fiamme Gialle e si presenta ai giochi di Radio in copia con Pietro Zucchetti nella classe 49er. Dal 2017 cambia ancora regata e passa nella classe Nacra 17 dove con Caterina Banti vince 1 oro e 1 bronzo ai campionati Mondiali, 2 titoli Europei consecutivi, 2 ori, 1 argento e 1 bronzo in Coppa del Mondo. Ma soprattutto raggiungono l’oro a Tokyo e occupano il primo posto nella Ranking Mondiale. Caterina è una velista iscritta al Circolo Canottieri Aniene dal 2013 ed una specialista della classe mista Nacra 17, dal 2017 rega con Ruggero Tita, mentre prima Caterina era in coppia con Lorenzo Bressani. Dopo il bronzo al Campionato del Mondo del 2018, la velista si è portata a casa praticamente tutte le principali competizioni. Ma da bambina non aveva mai sognato un futuro al timone di una vela. Caterina aveva iniziato a fare la vela da bambina per poi abbandonare a 13 anni per provare altri sport: scherma, danza classica e equitazione a livello agonistico, infine ha accantonato lo sport per concentrarsi sullo studio. Solo verso i 20 anni, Caterina ha deciso di riprovarci con la vela. Dopo anni di lavoro il successo è arrivato quando l’atleta romana ha incontrato Ruggero Tita, con il quale forma una delle coppie miste di vela più vincenti degli ultimi anni.

Filippo Ganna, Simone Consonni, Francesco Lamon, Jonathan Milan (Ciclismo su pista, inseguimento)

Di Edoardo Brunello

A Tokyo 2020, la parola Italia è stata associata a velocità. La spedizione azzurra è andata veloce, soprattutto il quartetto dell’inseguimento a squadre nel ciclismo su pista. Un’oro elettrizzante, travolgente, condito da un record del mondo. Un quartetto energico, affiatato, potente. Il primo nome è sicuramente quello della locomotiva: Filippo Ganna, verbanese classe ’96, già tre volte campione del mondo nell’inseguimento individuale, nonché campione del mondo a cronometro, nel 2020 a Imola, e vincitore di svariate tappe al Giro con il team Ineos. Ormai uno dei grandi del ciclismo mondiale. Il secondo uomo del quartetto è un altro che solitamente corre su strada, ma che sa esaltarsi quando entra nel velodromo: Simone Consonni, bergamasco classe ’94, corre attualmente con il team Cofidis ed è uno degli uomini fidati del treno di Viviani nelle volate. Pluricampione italiano nell’omnium e nell’americana, è un corridore dallo spunto veloce nelle tappe in linea, ma che unisce anche un grande motore, che utilizza magistralmente in pista. Il terzo vagone è un giovane veramente sorprendente: Jonathan Milan, friulano, addirittura classe 2000. Un passistone di un mentro e novantaquattro centimetri, dispone di un motore assolutamente sorprendete: già campione italiano nell’inseguimento individuale U23 e medaglia d’argento agli europei, Milan corre anche nelle corse in linea con il team Bahrain-Victorius, e a soli 21 anni può vantare ora un oro olimpico. E infine, il quarto elemento del nostro treno: Francesco Lamon, classe ’94, proveniente dalla provincia di Venezia. La sua è probabilmente la storia di redenzione più bella: nel suo cuore è da sempre presente la pista, ma nel ciclismo serve anche un contratto su strada. Per molti anni faticò a trovare contratti e tutt’ora gareggia con un team continental, l’Arvedi Cycling. Le gambe però sono quelle da pistard, tant’è che quando Francesco era piccolo il padre fuse addirittura una macchina per seguirlo negli allenamenti. A giugno non era ancora sicuro della convocazione, ma il CT Villa ha premiato il suo impegno e i suoi sacrifici, alternando continuamente allenamenti su pista e su strada. E oggi è campione olimpico.

 

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Massimo Stano (Atletica leggera, 20 km di marcia)

Di Guido Broglio

Il marciatore classe ’92, cresciuto a Palo del Collo, un paesino con poco più di ventimila anime in provincia di Bari, inizia la sua carriera da atleta nel 2003.
I primi successi arrivano fin dalle categorie giovanili, a partire dal campionato mondiale per allievi nel 2009, dove conquistò una 14° posizione nella 10 km.
Nel 2013, all’età di 21 anni, entra a far parte del gruppo delle “Fiamme Oro” cioè il gruppo sportivo degli agenti della polizia di stato.
Altri traguardi sportivi conseguiti nella sua carriera sono la medaglia d’argento nel 2013 negli europei U23 a Tampere, il terzultimo posto al campionato europeo di Zurigo nel 2014.
La prima chiamata per i mondiali arriva nel 2015, tenutosi a Pechino, dove riesce peraltro a classificarsi 19°. Una partecipazione ai mondiali anticipata dalla vittoria del titolo nazionale nella gara tenutosi a Cassino.
Il secondo titolo nazionale arriva nel 2018, nella marcia tenutasi a Roma percorrendo 20 km con il tempo di un’ora, ventuno minuti e due secondi
Partecipa ad altre due competizioni durante quella stagione. Competizioni che portarono a diversi risultati positivi come l’argento conquistato nei mondiali di marcia a squadre a Taicang. Trasferta poi coronata dal bronzo nella classifica singola con un tempo di poco superiore a quello fatto registrare nella competizione in Italia.
Per concludere il 2018, partecipò anche alla trasferta tedesca, tenutasi a Berlino, per la competizione europea dove si classificherà 4.
La sua esperienza come atleta tricolore ha altri due eventi importanti: La conquista del record nazionale nel giugno 2019 con un tempo di un ora, diciassette minuti e quarantacinque secondi, mentre nelle olimpiadi appena trascorse, conquista uno dei 10 ori dell’Italia con una prestazione superba.

Antonella Palmisano (Atletica leggera, 20 km di marcia)

Di Valentina Carlini

Il quinto oro dell’atletica italiana a Tokyo arriva da Antonella Palmisano. L’azzurra, originaria di Mottola ma trasferitasi a Roma dal 2012, dopo un passato da pallavolista, ha trovato nella marcia la sua strada, sotto la guida del tecnico Tommaso Gentile. Nel suo palmarès vanta la vittoria in Coppa del Mondo juniores nel 2010, il bronzo ai Mondiali di Londra nel 2017 e agli Europei di Berlino l’anno successivo.
Il suo segno distintivo? Gareggiare con il fiore di feltro realizzato dalla mamma tra i capelli.
Dopo aver sfiorato il podio ai Giochi di Rio 2016 (4° posto per lei), a Tokyo Antonella mette in scena un capolavoro: una gara condotta magistralmente, staccando tutte le avversarie e l’arrivo trionfale cinta dal tricolore. Antonella Palmisano è campionessa olimpica, proprio nel giorno del suo 30esimo compleanno.

Luigi Busà (Karate, 75kg)

Di Mauro Saccol

In molti quel 6 agosto ci siamo probabilmente chiesti: “Ma da dove è uscito questo campione?”.
Chi segue il karate, tuttavia, già immaginava che Luigi Busà potesse regalarci emozioni olimpiche.
Perché da piccolo si allenava costantemente con il padre Nello, campione italiano nel 1985. Perché Luigi era stato il più giovane a vincere un titolo mondiale nel 2006. Perché il suo palmares è qualcosa di straordinario: 6 medaglie ai Mondiali (2 ori, ma anche 3 argenti e un bronzo), 15 medaglie agli Europei, di cui è Campione in carica (5 ori in totale). E perché dal 2006 domina incontrastato nel campionato italiano (più un argento nel 2005).
Un peccato che nel 2024 il karate non sarà disciplina olimpica perché, proprio a Parigi, Luigi Busà conquistò nel 2012 l’oro ai Mondiali, battendo guarda caso l’azero Aghayev (sì, lo stesso di Tokyo), in una finale dove giocò infortunato e, al termine, festeggiò davanti a 20mila persone con una curiosa danza stile Gangnam.

Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Eseosa Desalu, Filippo Tortu (Staffetta 4×100, Atletica leggera)

Di Marco D’Onorio

La scuola della velocità siamo noi. Sembra un sogno e infatti il leitmotiv dell’atletica azzurra a Tokyo è “non svegliateci più”. Perché sì, la nazione che nella stessa edizione olimpica conquista la finale individuale dei 100 metri e la staffetta 4×100 può definirsi il centro dello sprint mondiale. Non è un caso che già da tempo molte altre nazioni studiano le nostre modalità di allenamento nel passaggio del testimone, il punto chiave di ogni staffetta, a maggior ragione della compressa ed esplosiva 4×100. A Tokyo abbiamo dato la lezione decisiva. Un oro olimpico giunto dopo quattro frazioni e cambi superbi ad opera di Lorenza Patta, Marcell Jacobs, Fausto Eseosa Desalu e Filippo Tortu. Lorenzo, sconosciuto al grande pubblico, ha scoperto l’atletica nel 2016 e si dedica a pieno a questo sport solo dal 2018. Un ascesa verticale fino all’esordio stagionale del 2021 sui 100 metri in 10″13, attuale settima prestazione italiana migliore di sempre. Da qui gli allenamenti con e per la 4×100 olimpica, la conquista dell’oro. Per Lorenzo, classe 2000, è solo l’inizio. Di Marcell Jacobs abbiamo già parlato prima e possiamo solo aggiungere che da campione olimpico in carica nella specialità, il suo ruolo in staffetta è stato fondamentale, oltre che ovviamente per la mostruosa frazione, per il punto di riferimento e guida del gruppo. Avere l’oro individuale in squadra ha dato uno stimolo in più a tutti, oltre che una maggiore acquisizione di fiducia. Fausto Eseosa Desalu, per tutti Faustino, si presentava ai suoi primi Giochi Olimpici come il secondo miglior italiano di sempre nei 200 metri con il tempo di 20″13, dietro solo a Pietro Menna (19″72, record europeo da più di quarant’anni). Da grande duecentista qual è ha dipinto una curva perfetta, come se avesse aggirato, superando, gli ostacoli che la vita fin dall’infanzia gli aveva posto. Nato a Casalmaggiore (Cremona) da una famiglia partita dalla Nigeria per cercare una vita migliore, cresciuto solo con la madre che ha fatto di tutto per permettere a Fausto di proseguire con l’atletica. Filippo Tortu è invece colui che ha riposto in questa medaglia gli ultimi anni ricchi di difficoltà, in ombra dopo lo straordinario successo del 2018 per via del nuovo record italiano dei 100 metri fatto registrare al Meeting di Madrid (9″99). Da lì le cose non sono andate come ci si poteva aspettare, complici anche alcune scelte tecniche, oggetto ancora di lunghe discussioni. Poi è arrivato anche Marcell Jacobs a strappargli il primato fino a migliorarlo di 19 centesimi, prendendosi lo scettro della velocità azzurra e di quella mondiale. Brutti colpi per qualsiasi atleta competitivo, al di là dell’amicizia fra i due e della stima reciproca. Forse è proprio questo leggero gusto amaro e di sana invidia che ha spinto Filippo, in ultima frazione, ad una rimonta mitica verso l’oro della 4×100 azzurra. Fluido ed esplosivo come tre anni fa, la leggerezza torna a risplendere nella corsa di Filippo. Pesante, pesantissima è invece quella medaglia d’oro al collo tra le lacrime di gioia e incredulità.

Immagine in evidenza: ©Olympics, Twitter

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