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Classic F1: Suzuka 2005, il samurai Raikkonen

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L’impressione comune è che quando si parla di Kimi Raikkonen si metta maggiormente in luce il personaggio, gli iconici team radio, e le perle fuori pista. Una prassi nella quale tendono a cadere soprattutto le ultime generazioni di appassionati.
Kimi è stato molto di più. Trattasi di uno dei più grandi talenti precoci della Formula 1 moderna, un concentrato di velocità pura tale da ammaliare la McLaren di Ron Dennis, che gli offrì il sedile appena alla sua seconda stagione assoluta.

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La stagione 2005: Kimi vs Fernando

Con la scuderia di Woking, la prima opportunità di puntare concretamente al titolo l’ebbe nel 2003. Circostanza che si ripropose due anni più tardi, nel 2005.
Una stagione intensa contrassegnata dalla concorrenza di un arrembante Fernando Alonso.
Sia lo spagnolo che il finlandese erano alla ricerca del primo iride, ed entrambi si contraddistinsero come gli astri nascenti della categoria.
Le loro carriere procedettero quasi in parallelo.

Fernando esordì con la poco competitiva Minardi nel 2001, salvo rimanere ai box la stagione seguente, per poi ritornare, trovandosi tra le mani una macchina che nell’immediato futuro gli avrebbe dato non poche soddisfazioni: la Renault, capitanata da Flavio Briatore il quale, dopo l’intuizione di portare Michael Schumacher in Benetton nel 1992, credeva di ripetersi con l’iberico. E naturalmente ebbe di nuovo ragione, dato che non tardò ad arrivare la prima vittoria, a Budapest, che rese il suo nuovo pupillo il più giovane di sempre a riuscire nell’impresa fino ad allora.
Pure per Kimi, quella del 2003 fu la stagione della definitiva esplosione, con la prima vittoria arrivata in Malesia, che lo porterà a lottare come già detto, con Schumacher e Juan Pablo Montoya per il titolo.
Due piloti che si contraddistinsero anche dal punto di vista umano, con la vulcanicità ed esuberanza dello spagnolo che si contrapponevano alla glacialità e schiettezza del nativo di Espoo.

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La stagione 2005 fu contrassegnata da una rivoluzione del regolamento: furono vietati i cambi gomme in gara, se non per forature o ragioni di sicurezza. L’evidente scopo, come accade al presentarsi di supremazie incessanti delle scuderie, era quello di rimescolare le carte, cercando di riavvicinare la concorrenza ad una Ferrari che nel 2004 fu autrice di uno dei più estenuanti domini mai visti nella storia della Formula 1. L’effetto fu devastante per le performance della scuderia italiana, che ebbe a che fare con problemi di gestione degli pneumatici, dato che le Bridgestone erano fatte apposta per essere competitive sugli stint brevi.

A guadagnare sicuramente furono i gommati Michelin, tra cui Renault e McLaren. Il team francese partì alla grande, con Alonso che accumulò un corposo vantaggio nelle prime 4 gare. Ma la McLaren non era da meno, specialmente nelle mani di Iceman che, a differenza del pur scomodo compagno Montoya (arrivato dalla positiva esperienza Williams), sapeva interpretare al meglio la velocissima MP4-20.
Il team inglese aveva però a che fare con un grande problema: l’affidabilità del pur potentissimo motore Mercedes. Tuttavia, nonostante ciò gli fosse costato in termini di punti in chiave mondiale, ciò non impedì al finnico di portarsi a casa ben sei gran premi, tenendo vive le speranze iridate, fino alla matematica conquista del titolo dell’impeccabile rivale della scuderia transalpina, al quale bastò il terzo posto di Interlagos.
A campionato sostanzialmente chiuso, si potrebbe pensare che le motivazioni possano venire a meno. Non è il caso di Raikkonen.
Suzuka 2005 sarà destinata ad essere una pietra miliare della Formula Uno moderna.

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare

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La pioggia accorsa nelle qualifiche scombussolò i piani dei team, specie per Renault e McLaren, con i due mattatori del mondiale che furono relegati alla 16 e 17 casella, con Fernando davanti a Kimi. La prima fila fu appannaggio di Ralf Schumacher su Toyota e di Giancarlo Fisichella, su Renault.
Le fasi iniziali del Gran Premio furono piuttosto turbolente.
Alla partenza il beniamino di casa Takuma Sato e il ferrarista Rubens Barrichello arrivarono lunghi alla prima curva, mentre all’uscita della chicane prima del traguardo, Montoya tenta l’attacco sulla Sauber di Jaques Villeneuve ma, una volta appaiati, quest’ultimo nel difendersi costrinse il colombiano a toccare l’erba in uscita di curva per poi urtare le barriere.
Queste dinamiche favorirono le rimonte di Raikkonen e Alonso.
A fare la differenza saranno le strategie. Ralf Schumacher, fermatosi molto anticipatamente rispetto ai rivali al giro 13, uscirà quasi subito dai giochi. La strategia a tre soste non si rivelerà particolarmente redditizia, bensì quella a 2, comportando che fosse necessario partire con un gran quantitativo di carburante.
Al compimento del 18 giro, si presenta un trio piuttosto di livello: Fernando e Kimi sono alla caccia di Michael Schumacher, il cui Impero è definitivamente caduto.
Quasi a voler rimarcare questo concetto, Alonso compie un sorpasso straordinario alla 130R, all’esterno del teutonico, che diventerà un classico per coraggio e correttezza tra i due.

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Raikkonen farà fatica, nonostante un miglior passo sulla carta, a sopravanzare Michael, ma con le varie soste del 23esimo giro, i due comanderanno il gran premio fino al giro 27. La loro gara sarà improntata per entrambi su una strategia a 2 soste, ma Michael non avrà vita lunga davanti al finnico, che lo passerà appena 2 giri dopo. Intanto Alonso, che prima della girandola delle soste era davanti, si ritrovò dietro ad entrambi per difficoltà a districarsi nel traffico.
Con le soste di Fisichella, Webber (Williams) e Button (BAR-Honda), al giro 42 Kimi si porta in testa, con la possibilità di allungare il suo stint con aria pulita, salvo poi rifornire per la seconda ed ultima volta quattro giro dopo.
Il passo gara della sua McLaren gli permette di rientrare in pista alle spalle del solo Fisichella, ma con gomme nettamente più fresche.
La vittoria non è impossibile, è alla sua portata.
Giro dopo giro rosicchia secondi, che lo porteranno a ridosso della Renault.

Il capolavoro di Kimi Raikkonen

Penultimo giro: Raikkonen bracca l’italiano, che si difende all’interno della chicane prima del rettilineo del traguardo, concedendo su un piatto d’argento la possibilità a Kimi di passarlo. All’uscita dell’ultima curva Kimi sfrutta questo vantaggio in trazione, e come un caccia si invola nel prendere la scia per poi sverniciarlo dopo un ruota ruota mozzafiato all’esterno alla prima curva.
Dopo quello di Alonso, abbiamo un altro sorpasso iconico. Con la differenza che quest’ultimo è quello che suggella una delle rimonte più clamorose della storia. Il tutto, ricordiamo, in un epoca dove il drs non c’era: sorpassi veri dunque, non frutto di artifici. Una gara che alla fine non risultò essere decisiva per il mondiale, ma che senza dubbio ha regalato un momento di estasi non solo a Raikkonen (visibilmente soddisfatto, una rarità per lui) e la McLaren, ma anche a tutta la comunità della Formula 1.
Per dirla alla James Allen, ex telecronista per la BBC, Gran Prix racing at its absolute finest.

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Tommaso Palazzo

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