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I GANEFO: quando le dispute internazionali partorirono un’ “Olimpiade fantasma”

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La guerra è come un uragano, distrugge qualunque e colpisce chiunque trovi sulla propria strada. Non importa se mieta migliaia di vittime innocenti, cancelli decine di città dalle carte geografiche e lasci ferite insanabili nel cuore di chi le sopravvive oppure la segua con apprensione da lontano. La guerra è la guerra, non guarda in faccia a nessuno, tanto meno al mondo dello sport.

La conferma di questo drammatico atteggiamento che accompagna l’umanità dalla sua nascita è arriva dalla vigliacca aggressione compiuta dalla Russia nei confronti dell’Ucraina e che ormai da mesi tiene con il fiato sospeso il mondo intero. L’influenza rivolta dagli stati aggressori sul settore agonistico ha costretto il CIO e le Federazioni Internazionali a sospendere atleti russi e bielorussi oltre ad interrompere l’attività internazionale in quell’area, creando una sostanziale frattura fra le due parti. Lasciando per un attimo da parte i giudizi in merito alla possibilità di colpire gli sportivi (spesso coinvolti involontariamente nelle schermaglie politiche) e di ammetterli al consesso internazionale, è impossibile non preoccuparsi per l’eventuale creazione di un “contro-movimento” capeggiato dalla Russia e in contrasto con i dettami del Comitato Olimpico Internazionale.

Gli atleti presentano “We are together. Sport”, la contro-paralimpiade organizzata da Russia e Bielorussia © rg.ru

Benchè ci sia fermati soltanto a piccoli “segnali”, la “contro-paralimpiade” svoltasi lo scorso marzo a Khanty-Mansiysk potrebbe lasciar presagire una vera e propria secessione appoggiata da stati vicino al regime di Vladimir Putin come Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan e Armenia a cui potrebbero aggiungersene altri in giro per il mondo. Tutto ciò non sarebbe una novità prendendo in considerazione il caso dei Giochi delle Nuove Forze Emergenti (Games of the New Emerging Forces), comunemente conosciuti con l’acronimo GANEFO.

La competizione nacque nel 1962 in seguito alla squalifica portata avanti dal CIO nei confronti dell’Indonesia, esclusa dall’organizzazione in quanto colpevole di non aver negato la partecipazione Israele e Taiwan ai Giochi Asiatici per motivi religiosi. Questa giustificazione nascondeva in realtà fratture più profonde che separavano lo stato guidato Kusno Sosrodihardjo, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Sukarno, e il massimo organo sportivo capeggiato all’epoca dall’americano Avery Brundage. Alla base dell’ostracismo mostrato dal presidente indonesiano nei confronti del CIO vi era infatti la convinzione che quest’ultimo fosse “uno strumento degli imperialisti e dei colonialisti” atto ad indebolire gli stati liberatisi da poco dal giogo delle potenze occidentali e riunitisi sotto l’ala del cosiddetto “terzomondismo”, movimento venutosi a creare nel 1955 in occasione della Conferenza di Bandung.

Nikita Kruschev e Sukarno osservano il modello del Gelora Bung Karno Stadium, dove si svolgeranno i GANEFO © PRIVATE ARCHIVE OF IGOR KASHMADZE/COURTESY OF MIKHAIL TSYGANOV

Il provvedimento emesso dalla giunta Brundage divenne quindi un appiglio perfetto per attaccare il numero uno dello sport mondiale, accusato di contraddire “lo spirito di atleti e popoli nel rafforzare l’amicizia e la convivenza” nonché l’eccessiva vicinanza agli interessi delle grandi potenze mondiali. Questo progetto trovò una perfetta spalla nella Cina di Mao Zedong che, nonostante l’estromissione dal Comitato Olimpico Internazionale per il mancato riconoscimento di Taiwan, appoggiò prontamente la competizione coinvolgendo così indirettamente anche l’Unione Sovietica, presente con una piccola delegazione al fine di evitare il dilagare dell’influenza cinese sui paesi del Terzo Mondo. Mosca si era infatti riavvicinata nei decenni precedenti al CIO, investendo particolarmente nel settore sportivo, tuttavia il rischio proveniente da Pechino spinse gli uomini di Nikita Chruščëv a partecipare senza dare una particolare visibilità all’evento. Il medesimo trattamento venne applicato dagli organi dei principali partiti comunisti occidentali che, nonostante alcuni loro rappresentanti fossero presenti, preferirono quasi dimenticarsi dell’esistenza dei GANEFO.

E’ il caso dell’Italia che si presentò a Jakarta con il presidente dell’Unione Sportiva Popolare (UISP), il senatore del PCI Arrigo Morandi, insieme a tre rappresentanti dell’atletica leggera Massimo Magini, Paolo Bottiglioni, Vittorio Biotti; e ai componenti della Villa D’Oro CIAM Modena, squadra di pallavolo maschile vincitrice del titolo nazionale nel 1956, 1958 e 1961. Come avvenuto in altri paesi, la copertura mediatica fu piuttosto ridotta nella Penisola e esclusivamente attribuita alla “Gazzetta dello Sport” e al mensile “Il Discobolo”, destinato ad aggiornare gli italiani sulle imprese tricolori. Se i pallavolisti riuscirono a sfiorare la medaglia perdendo però con le squadre salite sul podio (3-0 con Cina e Corea Popolare, mentre è tutt’ora sconosciuto il risultato ottenuto nel match con l’Indonesia), andò molto peggio per gli esponenti dell’atletica che finirono per esser squalificati dalla Federazione Italiana il 13 febbraio 1964, rei di aver partecipato alla competizione. Magini, Bottiglioni e Biotti furono riabilitati il 2 dicembre successivo, perdendo però l’occasione di esser presenti alle Olimpiadi Estive svoltesi quell’anno a Tokyo.

La formazione della Villa D’Oro CIAM Modena, campionessa d’Italia nel 1962 ©villadoropallavolo.it

Ciò che colpì maggiormente della kermesse andata in scena dal 10 al 22 novembre 1963 non fu soltanto la partecipazione di 2700 atleti provenienti da 51 stati, quanto piuttosto i risultati che emersero dai campi di gara indonesiani. I primi a stupire l’intero pianeta furono il cinese Li Chi-Yuang e il nordcoreano Li Heung-Chun, capaci di dominare le gare di sollevamento pesi-categoria pesi gallo sollevando rispettivamente 108 chilogrammi nello strappo e 141 nello slancio, misure da record del mondo. I tentativi di sminuire queste misure, considerata l’elevata probabilità di non esser omologate a livello internazionale, non bastarono per fermare la pioggia di record mondiali caduta su Jakarta e guidata in particolare da Sim Kim-Dan, chiamata a riscrivere la storia dell’atletica globale. La nordcoreana sfondò innanzitutto per la prima volta il muro dei due minuti sugli 800 metri, fermando il cronometro in 1’59”1, in seguito si ripetette nei 400 metri terminando le proprie fatiche in 51’4” dando vita così a vari dubbi su una fuoriclasse definita da Luigi Mengoni sulla Gazzetta dello Sport come un’ “atleta invisibile” su cui giravano “qualche voce strana sul suo conto, tra cui quella relativa ai dubbi sulla sua totale femminilità”.

Sin Kim Dan

A chiudere questa rassegna di trionfi ci pensò Li Shu-lan che distrusse il record mondiale nel tiro con l’arco a doppio giro di 30 metri femminile totalizzando 628 anelli e regalando così alla Cina l’ennesimo oro che permise agli uomini di Mao Zedong di dominare il medagliere davanti all’Unione Sovietica e alle Repubbliche Arabe Unite, nazione che univa all’epoca Egitto e Siria e che vide il successo nel torneo di calcio. Nonostante la mancata omologazione da parte delle federazioni internazionali, gli oltre sessanta record nazionali firmati nelle varie specialità rappresentarono il giusto biglietto da visita per una competizione che, osservando i mezzi di comunicazione, non si sarebbe mai disputata. Se l’esperienza di Jakarta costò all’Indonesia la squalifica dalle successive Olimpiadi di Tokyo 1964, ciò non fermò Sukarno e i suoi alleati che organizzarono una seconda edizione nel 1966 aperta tuttavia soltanto agli stati asiatici, ponendo per certi versi la fine su questa esperienza.

Un progetto che, a distanza di quasi sessant’anni, deve farci ragionare e non dimenticare come l’universalità caratteristica dello sport possa esser spazzata via da egoismi politici. Non sappiamo se la vicenda ucraina possa sfociare nella creazione di un contro-movimento in Russia, tuttavia gli indizi emersi negli scorsi mesi e questo importante precedente non possono farci escludere questo scenario.

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Marco Cangelli
Giornalista presso la testata online "Bergamonews" e direttore della web radio "Radio Statale", sono un appassionato di sport a 360 gradi. Fondatore del format radiofonico "Tribuna Sport" e conduttore del programma "Goalspeaker", spazio dal ciclismo all'atletica leggera, passando per lo sci e gli sport invernali

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