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Il capolavoro di Simone Deromedis: “Ho rimesso gli sci appena prima di andar ai Mondiali”

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Intervista a cura di Marco Cangelli e Mirko Efoglia

La gioia di Simone Deromedis al traguardo di Bakuriani potrebbe esser tranquillamente rappresentare un’istantanea raffigurata da un autore rinascimentale deciso a dipingere il sogno di ciascun tifoso.

Perchè quanto accaduto nella mattinata del 26 febbraio scorso sulle nevi georgiane ha probabilmente dell’incredibile se si pensa che sino a qualche anno fa sarebbe stato quasi impossibile soltanto immaginare di veder un italiano vincere il Mondiale di skicross.

Eppure il 22enne di Predaia ha saputo sovvertire anche i pronostici della vigilia e, dopo aver conquistato il quinto posto alle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022 e aver colto il primo podio in Coppa del Mondo la stagione precedente, è salito sul gradino più alto del globo.

Un risultato che ha confermato la caparbietà del giovane trentino, in grado di riprendersi a tempo di record da un infortunio alla clavicola patito a Idre Fjall e di regalare un sogno all’Italia in vista delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026.

Simone Deromedis mostra la medaglia d’oro

Simone, come ti sei approcciato allo skicross ?

Come la maggioranza degli atleti che fanno skicross ho iniziato con lo sci alpino affrontando le discipline classiche, quindi slalom, gigante e supergigante. A 16 anni ho avuto l’occasione di partecipare al Trofeo Topolino di skicross a Folgaria. Ho partecipato più per divertimento che per altro perchè non sapevo nemmeno di preciso quali sci servissero, tuttavia la gara è andata bene così gli allenatori della Nazionale mi hanno invitato a svolgere degli allenamenti sul ghiacciaio. Ho provato, ho visto che ero portato e che mi piaceva di più rispetto allo sci alpino così ho proseguito su questa strada”.

Da dicembre è entrato a far parte delle Fiamme Gialle. Qual è la differenza a livello di preparazione fra un gruppo sportivo civile e uno militare ?

Tendenzialmente non ci alleniamo con i gruppi sportivi militari perchè, a differenza dello sci alpino, prima approdiamo in Nazionale e i più meritevoli approdano in queste società. A livello tecnico la differenza è nulla, l’unico vero cambiamento è la responsabilità che si ha di gareggiare con i colori di un gruppo di questo tipo”.

Lo scorso anno ti sei rivelato al grande pubblico ottenendo il quinto posto alle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022. Ci racconti il tuo esordio nella rassegna a cinque cerchi ?

I Giochi Olimpici li avevo inizialmente un po’ sottovalutati perchè pensavo che comunque fosse una gara come un’altra, le persone e la pista erano le stesse di una prova di Coppa del Mondo. Quando sono arrivato lì ho capito poi il valore della rassegna nonostante si gareggiasse in Cina e ci fosse una grande attenzione per la questione Covid. L’esperienza è stata bellissima perchè, da completo outsider, ho dimostrato che se le condizioni fossero state perfette, avrei anche potuto vincerla quella gara. L’incidente in semifinale dove mi sono letteralmente venuti addosso mi è costata la finale e per questo c’è un po’ di rammarico, ma al tempo stesso ho dimostrato a tutti quanto valga e che non ho paura dei grandi eventi”.

 

Simone Deromedis sul gradino più alto del podio insieme a Florian Wilmsmann e Erik Mobärg

Tornando alla stagione 2022-23, durante la tappa di Idre Fjall ti sei purtroppo infortunato alla clavicola. Non hai avuto paura di non riuscire ad andare ai Mondiali e soprattutto come sei riuscito a recuperare da questo infortunio in un tempo così breve ?

Appena caduto la prima cosa che ho pensato è stata la delusione per aver ottenuto nuovamente un quarto posto. Già avevo ottenuto lo stesso risultato a San Candido, il peggio che si possa ottenere in questa disciplina perchè alla finale partecipano in quattro e soltanto uno non sale sul podio. Successivamente ho sentito male alla spalla e ho capito subito che la clavicola visto come si muoveva. A quel punto ho iniziato a pensare che la stagione fosse ormai finita, anche se era difficile rimanere lucidi con il grande dolore che stavo provando. Ho fatto le lastre il giorno stesso e, vedendo l’esito, mi sono convinto che non ci fosse più nulla da fare. Mandando le lastre al medico della Federazione, il dottore Gabriele Thiébat, mi ha immediatamente smentito confermandomi che per i Mondiali ce l’avrei fatta. Ciò mi ha rassicurato perchè mi fido di lui così sono tornato in Italia, mi sono operato e mi hanno messo una placca. I primi quindici giorni sono stati complessi perchè i punti sei molto limitato nello svolgimento degli esercizi per tornare in forma. Tolti i punti, ho iniziato a lavorare meglio in palestra adattandomi perchè non potevo porre il bilanciere sulle spalle e quindi ho dovuto puntare sulla pressa. Nel corso dell’ultima settimana ho potuto finalmente muovere la spalla per riattivare la mobilità, fondamentali per l’uscita gate e la spinta con i bastoni e alla fine eravamo veramente stretti con i tempi per cui ho messo gli sci il giorno prima di partire al Passo San Pellegrino. Ho fatto delle prove di partenza e, avendo riscontrato sensazioni buone, sono partito per la Georgia”.

Hai sottolineato nel tuo racconto quanto lavoro ci sia dietro queste prestazioni. Quanto sono importanti gli esercizi in palestra rispetto all’attività in pista ?

La preparazione a secco è fondamentale e io sono tra quelli che spingono più sulla preparazione fiisica. In genere punto a produrre tanta forza, quindi basse ripetizioni e tantissimi carichi, e anche durante la stagione cerchiamo di andar in palestra il più possibile. Fortunatamente a me piace come sciare e questo gioca a mio favore perchè non mi pesa assolutamente”.

Come ti spieghi la crescita del movimento italiano nel corso dell’ultima stagione ? Cosa è cambiato in quest’ultimo anno ?

Sinceramente vari fattori hanno consentito di arrivare a questi risultati. Il fatto che si tratti di uno sport dove non si scenda in pista da soli, ma in quattro, la presenza di qualcuno che trascina la squadra e aiuta gli altri a migliorarsi. In seconda battuta con i risultati dello scorso anno abbiamo avuto modo di ottenere un budget più ampio che significa una qualità migliore degli allenamenti, uno staff più completo, una preparazione migliore”.

Simone Deromedis esulta sul podio georgiano sotto il tricolore

C’è qualche caratteristica che contraddistingue i tuoi compagni di squadra e che ti piacerebbe avere ?

Ognuno ha le sue caratteristiche e cerca di sfruttarle nel migliore dei modi. Diciamo che io, Dominik Zuech e Federico Tomasoni che superiamo il quintale per cui il peso aiuta senza dubbio in discesa. Ci sono poi Edoarzo Zorzi e Yanick Gunsch che sono un po’ più piccoli e ciò consente loro di esser molto forti in partenza”.

Guardando verso il futuro, tutti ti attendono alle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026. Come ti vedi in vista di questo appuntamento ?

Ovviamente ora tutti guardano verso Milano-Cortina, anche se prima dovremo disputare un altro Mondiale. In ogni caso il focus è lì, anche se ci sono ancora tre anni e può succedere di tutto. Il fatto che la gara sarà in casa aggiunge pressioni e per questo cerco di non pensarci troppo. La speranza è che possano costruire presto la pista a Livigno così da aver una buona base di allenamento oltre a quella già presente a Passo San Pellegrino e quando sarà il giorno vedrò se sarò pronto o meno”.

In conclusione, pensi che la tua vittoria possa spingere i giovani verso lo skicross ?

La mia missione è quella di far capire che lo skicross è un bello sport, che è divertente, ma al tempo stesso utile per chi vuol rimanere nell’alveo dello sci alpino. Un buon discesista se viene ad allenarsi sui dossi ne può trarre vantaggio e sono convinto che se si fa provare a un bambino a far skicross, sia impossibile che arrivi in fondo e dica che non si sia divertito”.

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