Intervista a cura di Marco Cangelli e Mirko Efoglia
Gli infortuni fanno parte della carriera di un’atleta. Sono ostacoli da metter in conto quando si inizia a gareggiare ad alti livelli, ma che servono per crescere e migliorarsi, come dimostrato da Marta Rossetti, atleta della Nazionale Italiana di sci alpino.
Sempre pronta a mettersi in gioco, la 24enne di Puegnago sul Garda ha ritrovato la continuità nella scorsa stagione avvicinando nuovamente le migliori trenta al mondo e qualificandosi per i Campionati del Mondo di Meribel-Courchevel, conclusi in ventitreesima posizione.
Un punto di partenza per la portacolori delle Fiamme Oro Moena che ha rischiato di perdere due anni della propria carriera e che ora punta diretta a mettersi in luce fra i pali stretti, in direzione Milano-Cortina 2026.
Marta Rossetti, cosa ti porti a casa dell’inverno 2022/2023?
Per me è stata una stagione di rinascita perché arrivavo da un periodo difficile. Nel gennaio 2021 mi sono rotta il legamento crociato e nel gennaio 2022 mi sono infortunata ai legamenti della caviglia, quindi diciamo che sono stati due anni abbastanza complicati. Durante quest’inverno sono riuscita invece a concretizzare tutto il lavoro svolto, dando continuità ai risultati. Sono rimasta soddisfatta per qualificazioni ai Mondiali e ora sono carica per il proseguo. Non mi accontento di questa stagione, ma spero possa esser un trampolino di lancio per il futuro.
Quali difficoltà hai incontrato in quest’ultima stagione? Pensiamo banalmente al pettorale di partenza spesso sopra al 40
Condizioni ideali le abbiamo trovate poche volte, soprattutto con i pettorali più alti è stato più difficile. Poche atlete sono riuscite infatti a qualificarsi partendo da dietro. Io arrivavo da un autunno dove ho sempre sciato forte e giunta a Levi mi aspettavo molto, invece è andata malissimo. A Killington, dove mi presentavo con un pettorale alto, ce l’ho messa tutta anche perché ero consapevole di potermi qualificare comunque. Da lì ho guadagnato fiducia e ho abbassato i punti nella classifica WCSL ottenendo così un numero di partenza migliore.
Come si rientra da un infortunio, soprattutto se si tratta di un problema di tipo muscolare, nel tuo caso la rottura dei legamenti ginocchio sinistro? Esiste il rischio di perdere la reattività fra i pali?
Mi sono rotta il crociato a gennaio, tuttavia ho avuto una riabilitazione bellissima grazie al mio preparatore Cristiano. Dopo sei mesi ho rimesso gli sci e non ho avuto grandi problemi. Chiaramente mancava la parte legata alla rapidità sulla quale non si può lavorare nel periodo di stop. Ho fatto una buona preparazione durante l’autunno, poi ci sono stati diversi problemi con allenatore e skiman, motivo per cui non tirava una grande aria in squadra. A inizio 2022, prima della gara di Zagabria, saltando un ostacolo nella fase di preparazione, mi sono slogata la caviglia e mi sono rotta i legamenti. Lì ho sbagliato io, anche se molto era dovuto alla situazione generale. Ho voluto continuare a tutti i costi nonostante fosse evidente che fosse meglio fermarsi e lì è stato più complicato a rientrare visto che non riuscivo nemmeno a raggiungere le 30 nonostante avessi un pettorale vicino alle migliori. Lì è stato il momento più difficile perché non riuscivo più a divertirmi complice anche la situazione che c’era in Nazionale e infatti a fine anno ho staccato completamente lasciando riposare la caviglia per due mesi e da lì ho ripreso da zero, tornando a correre di nuovo grazie al tennis e con il nuovo team ho ripreso serenità. Ovviamente da un anno all’altro non si possono fare miracoli, però sono fiduciosa per il proseguo visto che mi sento bella reattiva.
Nella sacca degli sci quante paia ne avete voi slalomiste? E quali sono le maggiori differenze tra uno e l’altro?
L’apporto dello dello skiman è importante, visto che ad alto livello, fra le cose che contano di più ci sono anche gli sci preparati nel modo giusto. Soltanto per quelli da slalom siamo dotati di diversi set-up per gli attacchi, così come per lo scarpone, quindi c’è un mondo dietro a un paio di sci. Noi li proviamo in Argentina quando ci sono condizioni più simili all’inverno facendo i vari test. Sta allo skiman selezionare ciò che potrebbe esser ideale per un’atleta. La ditta invia diversi modelli, io li provo, do’ un feedback, ci si confronta con i tecnici e si guarda il cronometro. Da lì si decide poi su cosa puntare e quando si arriva in gara, banalmente c’è una condizione di ghiaccio vivo, lo skiman chiede se si preferisce l’attrezzo preparato a macchina o manualmente e da lì si prova in ricognizione e si sceglie.
La ricognizione è fondamentale per svolgere al meglio la gara. Come ci si concentra e come si riesce a ricordare ogni porta/passaggio?
Sei in uno stato di massima concentrazione, anche perché in allenamento non mi ricordo banalmente tutto il tracciato. A quel punto ti ricordi la morfologia generale della pista e poi le sequenze principali. Se ci sono banalmente otto curve consecutive, non te le ricordi tutte a memoria però sai che dopo c’è un passaggio fondamentale e lì allora devi sapere come affrontarlo. A Zagabria ho sbagliato il raccordo nel piano e ho perso tantissimo. Serve quindi imparare le componenti fondamentali di un percorso e tutto ciò si riesce da una parte con l’allenamento, dall’altra grazie alla concentrazione che si mantiene per l’occasione. Oltre a continuare a ripassare i punti nevralgici mentre sali in seggiovia, durante la gara i tecnici in pista danno indicazioni e così non puoi dimenticarti.
Talvolta si dice che sia meglio chiudere a ridosso delle trenta per metter in campo una rimonta nella seconda manche. Come si imposta una prova di questo tipo?
Non è molto fattibile arrivar trentesima e poi risalire, anche se quest’anno in diverse occasioni l’ultima qualificata ha guadagnato numerose posizioni per via delle diverse condizioni di neve. Io scendo sempre a tutta sin dalla prima manche soprattutto perché è una questione di centesimi qualificarsi, quindi va anche un po’ di fortuna.
Marta Rossetti, qual è la tua pista preferita?
Il mio tracciato del cuore è il Canalone Miramonti perché sono cresciuta lì e ho fatto anche da apripista. Mi piace moltissimo e mi piacerebbe far una gara di Coppa del Mondo visto che non è né troppo lungo né troppo complicato. Attualmente la stanno facendo soltanto i maschi, però spero venga inserito anche nel calendario femminile. Fra le piste attualmente inserite nel circuito tendenzialmente sono più condizionata dalle condizioni della neve che dalla conformazione del tracciato. Rispetto alle atlete di altissimo livello che sanno adattarsi a ogni situazione, faccio più fatica ad adattarmi alle varie situazioni e questo rende più complicato affrontare le gare.
Come ti sei sentita quando hai raggiunto per la prima volta la zona punti in Coppa del Mondo?
Totalmente inaspettate perché eravamo a Flachau e c’erano condizioni terribili. Partivo con il 56 e l’ultimo pettorale qualificato era il 33. Stavo sciando bene, arrivo da buoni risultati in Coppa Europa. Sono scesa a tutta, però non mi aspettavo nulla. Sono arrivata al traguardo sconsolata e quando sono arrivata ho visto che ero trentesima. Ero felicissima, non volevo crederci tanto che la notte non sono riuscita a nemmeno a dormire. Fra una manche e l’altra ho pensato di scendere a tutta visto che non avevo nulla da perdere, così ho realizzato un bel tempo e ho chiuso ventiduesima.
Per un’atleta giovane come te, è importante avere in squadra figure vincenti quali Bassino, Goggia o Brignone?
Purtroppo nella nostra squadra manca proprio un riferimento di un’atleta veramente forte che possa esser lì da tempo ed esser di riferimento. Quando ci è capitato di allenarci in ghiacciaio con altre nazionali come le slovene o le slovacche con Petra Vhlova, fa differenza perché hai sempre riferimento del top e sei chiamata a spingere a tutta. Se ci alleniamo fra noi, può esser che fai il miglior tempo, però non sai mai quanto possa valere. Ovviamente quello che conta è la gara perché ci è capitato di sciare in allenamento con le più forti e andavamo come loro, poi in prova tutto è cambiato. Mi piacerebbe molto poter allenarmi più spesso con atlete della fascia più alta e, parlandone anche con gli allenatori, cercheremo di farlo anche in Argentina.
Trovandovi su un livello simile all’interno della Nazionale, c’è della competizione con le tue compagne di squadra come Marta Peterlini, Anita Gulli, Lara Della Mea e Sophie Mathiou ?
E’ sempre bello quando fai il miglior tempo in allenamento che conta fino a un certo punto. Nel corso degli anni ho mai fatto crono eccezionali, eppure poi in gara ho dato il meglio, quindi il tutto vale relativamente. Basta vedere prima dei Mondiali: ci siamo confrontate con le svizzere e abbiamo fatto ottimi tempi. Lara ha chiuso ottava, io ventitreesima, ma le elvetiche hanno ottenuto risultati nettamente migliori dei nostri. Facendo poi sempre i conti con il cronometro e testare i materiali, dobbiamo pensare più a noi stesse più che alle altre, soprattutto nel periodo autunnale. Nel momento in cui si è nel pieno della stagione, affrontando meno giri, allora sì che si guardano le avversarie.
Trovandoci in pieno estate, come si sviluppa una settimana di allenamento? Hai dei metodi particolari considerato che, banalmente Vhlova negli ultimi anni ha deciso di stimolare la prontezza nervosa suonando la batteria?
A me piace fare qualsiasi tipologia di sport al fine di poter imparare sempre qualcosa. L’anno scorso ho giocato moltissimo a tennis e in questo periodo sto puntando più sul padel dopo essermi cimentata in primavera sull’arrampicata. L’allenamento di base è poi composto da palestra, bici e corsa, inserendo anche il nuoto che è un po’ meno traumatico. Faccio inoltre moltissimi ostacoli, poi banalmente al mare ho avuto modo di testare il windsurf, però cerco di allenare la mente leggendo e studiando.
A proposito di studio, voi avete l’occasione di aver sempre di fronte una leggenda vivente come Mikaela Shiffrin. Com’è gareggiare con lei e sentite la pressione nel doverla affrontare?
Sono due pettorali talmente diversi che, almeno durante la prima manche, facciamo due gare differenti. E’ la persona che guardo di più sia al cancelletto di partenza quando mi guardo la sua discesa studiando al meglio i passaggi fondamentali che guardandola accelerare nell’ultima parte del percorso. Dal vivo non ci ho parlato molte volte, però è una ragazza che sta molto sulle sue e che rimane molto con sua madre.
Essendo lo sci uno sport non sempre così conosciuto eccetto mostri sacri come la Shiffrin, quanto sono importanti i social per far conoscere il vostro sport?
I social aiutano molto, a me piace particolarmente utilizzarli. Ho diminuito un po’ la frequenza di uso perché sono un’arma a doppio taglio visto che, nei momenti più complicati, ricevevo moltissime critiche, giudizi non belli che non meritiamo. Ho parlato con diversi slalomisti che sono fissi nelle prime quindici posizioni al mondo e mi hanno raccontato di aver ricevuto certi insulti che fanno accapponare la pelle. Non è sempre facile rimaner sui social e pubblicare tutto, anche perché avere un seguito più ampio significa rischiare di aver più problemi. Attualmente li uso come preferisco e, se in futuro le cose andranno meglio, può esser che aggiungerò più contenuti.
Marta Rossetti, quali sono gli obbiettivi per il prossimo futuro e la prossima stagione?
Con le prime gare mi piacerebbe entrare fissa nelle trenta visto che partirò appena fuori, essendo anche quella che un punteggio più basso. Da lì poi vorrei entrar nelle prime quindici, però prima del grande obiettivo, bisogna fissarsene alcuni a breve termine.
Cosa ti aspetti dalle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026?
Spero di esser competitiva per una medaglia visto che è l’obiettivo a lungo termine.
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