Pisa è la sua torre pendente, il pergamo di Giovanni Pisano, il Battistero di San Giovanni e il Campo Santo; in una sola parola Pisa è Piazza dei Miracoli. Se però aguzzate lo sguardo un po’ più in là, vi renderete conto che un altro monumento domina sulla repubblica marinara: l’Arena Garibaldi.
Lì, per coloro che sono nati prima del 1980, si sono compiuti i veri miracoli della storia millenaria di questo capoluogo affacciato sull’Arno grazie alla lungimiranza di un personaggio come Romeo Anconetani, capace di animare con il proprio carisma e il proprio look “sui generis” gli spalti dello stadio toscano.
Piazza dei Miracoli con la Torre, il Duomo e il Camposanto
L’anfiteatro e il “Gioco del Ponte”
Prima che il calcio spopolasse anche all’ombra della torre campanaria più famosa del mondo, l’arena aveva avuto un glorioso passato come anfiteatro e ippodromo ospitando manifestazioni di vario genere dal 1807 al 1919 venendo peraltro intitolata all’ “Eroe dei Due Mondi” nel 1896, spodestando quel Sabatino Federighi che l’aveva costruita. Con l’avvento del nuovo secolo, la struttura cambiò radicalmente volto divenendo prima un semplice campo da gioco, poi un vero e proprio stadio dotato di tribune inaugurato l’8 novembre 1931 al cospetto del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena del Montenegro con il nome di “Campo del Littorio”.
Utilizzato come ospedale da campo da parte degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, la struttura è tornata a respirare l’aria di sport già dopo il conflitto con l’organizzazione del “Gioco del Ponte” fra il 1947 e il 1949, la storica sfida fra le Magistrature divise fra Parti di Mezzogiorno e Tramontana destinati a giocarsi il dominio della città attraverso la spinta di un carrello lungo un binario.
I nuovi lavori e l’era Anconetani
Il calcio ha iniziato a far veramente breccia a Pisa nel 1968 quando, in seguito alla prima promozione della squadra in Serie A, venne costruita la Curva Sud in aggiunta a quella Nord inserita negli Anni Cinquanta. La vera svolta giunse però nel 1982 proprio sotto la regia di Anconetani che provvide ad abbattere la copertura della vecchia tribuna in legno e ristrutturare l’area, raggiungendo una capienza massima di 35.000 spettatori.
Proprio in quegli anni l’imprenditore triestino portava a Pisa campioni come il danese Klaus Berggreen, la Scarpa d’Oro 1981-82 Wim Kieft, ma anche il futuro campione del mondo Carlos Dunga e il giovane Diego Simeone, tutto frutto del grande studio di Anconetani che possedeva un vero e proprio “archivio” dove erano segnate le statistiche riguardanti i calciatori di mezzo mondo.
Impossibile non amare quel personaggio tanto irruento quanto vulcanico, spesso critico nei confronti dei giornalisti, ma soprattutto noto per i suoi gesti scaramantici che accompagnavano le partite casalinghe della sua squadra, fra spargimento di sale in campo e pellegrinaggi preventivi nei più disparati santuari.
Romeo Anconetani in tribuna durante il campionato di Serie A 1980
La Mitropa Cup 1985-86 e la semifinale della certezza
In quegli anni il Pisa vive i momenti probabilmente più belli della sua storia. La permanenza in Serie A non è sempre garantita, spesso è un’altalena con la cadetteria, però sono anche gli anni dei nerazzurri in Europa.
Proprio in quel periodo l’antica Mitropa Cup, un tempo Coppa dell’Europa Centrale, vedeva la partecipazione della vincitrice della Serie B che aveva modo di festeggiare la promozione con un’esperienza in campo internazionale affrontando le principali squadre balcaniche non qualificatesi alle coppe.
La grande occasione arriva per la prima volta nel novembre 1985 quando i rosso-crociati si giocano le proprie chance fra le mura amiche complice l’organizzazione tutta italiana del trofeo. Nella semifinale disputata nella sera del 14 novembre gli uomini di Vincenzo Guerini, reduci da un netto 4-1 ai danni del Como in campionato, superano in scioltezza i cecoslovacchi del Sigma Olomuc per 1-0.
La finale con il Debreceni VSC e la “sera dei miracoli”
Le porte per la finale si aprono e quindi l’Arena Garibaldi diventa per una sera, in occasione della sosta della Serie A, la capitale del calcio italiano ed europeo con il Pisa chiamato ad affrontare gli ungheresi Debreceni VSC. Il match è concitato e nel primo tempo regna l’equilibrio finché Stefano Colantuono non sblocca al ’42 il risultato portando in vantaggio i padroni di casa.
Nella ripresa l’andamento è il medesimo, quasi annoiato, almeno sino al ’77 quando Giuseppe Volpecina recupera palla a metà campo, dà vita a una percussione sulla fascia e fa fuori quattro avversari prima di andare al cross verso il primo palo dove Paolo Baldieri è appostato. Il giovane attaccante manca colpevolmente la mira e il pallone finisce inaspettatamente sui piedi dell’olandese Kieft che dalla parte opposta non sbaglia il colpo e raddoppia.
Per i magiari non resta altro che arrendersi e dare quindi il via alla grande festa nerazzurra dove i tifosi possono liberare tutta la propria gioia insieme al “presidentissimo” Anconetani e a Berggreen che, con indosso la maglia rossa degli avversari, si presenta sul palco delle premiazioni per alzare in alto il trofeo internazionale della storia del Pisa.
Sarà soltanto la prima di una serie di sere magiche che faranno vivere l’ebrezza dell’alta quota alla repubblica marinara, ma quella sera verrà ricordata come “la sera dei miracoli”, la stessa cantata qualche anno prima da Lucio Dalla dove “i cani parlano tra di loro”, la “luna sta per cadere” e tutti accorrono a vedere cosa sta accadendo.
È la sera dei miracoli, fai attenzione
Qualcuno nei vicoli di Roma
Con la bocca fa a pezzi una canzone
È la sera dei cani che parlano tra di loro
Della luna che sta per cadere
E la gente corre nelle piazze per andare a vedere
Questa sera così dolce che si potrebbe bere
Da passare in centomila in uno stadio
Una sera così strana e profonda che lo dice anche la radio
Anzi la manda in onda
Tanto nera da sporcare le lenzuola
È l’ora dei miracoli che mi confonde
Mi sembra di sentire il rumore di una nave sulle onde
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