In EvidenzaTrail

Courtney Dauwalter, la regina dell’ultratrail innamorata della fatica

0

Km 115 della Western States Endurance Run 2023: Mathieu Blanchard, visibilmente affaticato, si volta e vede arrivare a passo sciolto Courtney Dauwalter. Istintivamente le riserva un applauso e tende il palmo in segno di stima, lei dà il cinque e ricambia il rispetto: “You are the king! How are you doing?”. Il primo pensiero di Courtney è quello di preoccuparsi per un compagno di team (Salomon) e di infondergli ottimismo, positività. Lo sprona a seguire il suo ritmo, come un gregario con il proprio capitano durante una tappa difficile del Tour de France. Il video girato da Thibaut Baronian, pacer di Mathieu Blanchard, continua poi con un’esclamazione dello stesso Blanchard, che trova sicuramente tutti d’accordo: “You are the queen!”.

L’ultratrail

Sì, Courtney Dauwalter, 38enne di Leadville, Colorado, è davvero la regina delle ultra, le gare che si spingono oltre la canonica misura di 42,195 km. Lei, tanto scanzonata e solare, quanto infallibile sui sentieri, dove alle avversarie è solita lasciare le briciole. Il palmarès parla per lei: 2 successi a UTMB, Hardrock 100 e Western States, vittorie a Grand Raid de la Réunion, Ultra Trail Mt. Fuji, Ultra Trail Cape Town e tante altre. Quando Courtney si presenta ai nastri di partenza l’esito della gara sembra già segnato e il record del percorso a rischio. Un sentore particolare se tra partenza e arrivo ci sono 100 miglia (160 km circa) da percorrere, su terreni delle più disparate condizioni, con svariati metri di dislivello e tante incognite in gioco.

Dauwalter nelle prime fasi della UTMB, al passaggio di Saint-Gervais (foto: ©Philipp Reiter)

Le competizioni di ultratrail sono estenuanti prove di resistenza fisica e mentale. Lo sforzo atletico deve esser accompagnato da un’accurata alimentazione e da una sopportazione della fatica per numerose ore. Il pregio migliore di un ultra atleta è sicuramente la costanza, il saper continuare ad andare avanti; Courtney Dauwalter lo esprime alla perfezione. La sua andatura è cadenzata, incessante, come un fiume che scorre verso valle. L’azione rimane brillante anche dopo tanti chilometri e il sorriso stampato sul suo volto non l’abbandona mai. Questo atteggiamento sempre positivo è ciò che contraddistingue di più Courtney. Per lei ogni gara è una festa, un lungo viaggio da vivere con avversari, volontari ai ristori e qualsiasi persona giunta ad incitare gli atleti sul percorso.

Innamorarsi della fatica

L’ottimismo sfrenato, sembra essere questo il segreto di quella ragazzina del Minnesota che da adolescente si dilettava tra sci di fondo e pista di atletica. Due volte vincitrice del Minnesota State Meet, gara con gli sci stretti nel cui albo d’oro spicca anche il nome di Jessie Diggins, prima di trasferirsi per studio in Colorado e innamorarsi della corsa. La sua conversione definitiva arriva dopo poche gare, quando si convince di essere nell’ambiente giusto. “C’era un freddo assurdo, nevicava e il tempo era orribile, ma tutti si stavano divertendo un mondo e sfruttavano al meglio la situazione. Ricordo di aver pensato: questa è una comunità di cui voglio far parte”, le sue parole dopo la Run Rabbit Run del 2011, terminata al 32esimo posto, come sesta donna. Da quel momento la sua è una irresistibile progressione, una crescita senza soluzione di continuità per risultati e prestazioni.

Dauwalter in azione nel Minnesota State Meet 2003 (foto: skinnyski.com)

Dopo anni di successi in Nordamerica, Courtney Dauwalter si presenta a tutto il globo nel 2018 vincendo l’Ultra-Trail Mt. Fuji e in particolare la Western States, la 100 miglia più antica del mondo. Nella gara che si snoda tra la Olympic Valley (Squaw Valley 1960) e Auburn, percorrendo i sentieri dei cercatori d’oro della California, Courtney debutta facendo segnare il secondo tempo di sempre (17h 27min). La famiglia del trail inizia a conoscere quella simpatica atleta con gli shorts da basket (rinominati “Shortney” nell’ultima linea a lei ispirata), che ad ogni ristoro saluta tutti con un cinque, sempre sorridendo. La sua immagine diviene immediatamente un riferimento, un modello da seguire. Non gareggia per la fama, ma per il piacere di correre, di “essere offline e rallentare un po’“.

Courtney Dauwalter negli anni dell’high school (foto: ©Dauwalter)

Courtney Dauwalter, un’atleta unica

I suoi successi sono sempre maggiori in numero e importanza. Si aggiudica la Tarawera in Nuova Zelanda, la MIUT a Madeira e l’UTMB, il “mondiale” di ultratrail, la corsa intorno al Monte Bianco che attraversa Francia, Italia e Svizzera. L’aspetto che stupisce maggiormente è che più la gara diventa lunga e dura più Courtney recupera posizioni, andando a superare anche atleti maschi di élite. Nelle 100 miglia è ormai una rarità vederla al di fuori della top 10 assoluta. Queste straordinarie vittorie rimangono accompagnate da un atteggiamento spensierato, che pare lontano da quello di una atleta professionista. Non segue tabelle di allenamento, privilegia la comodità dei suoi vestiti, mangia quello che le è comodo. Non obbedisce a diete rigide e durante le gare si affida agli amati pancakes, a purè di patate e quesadillas.

Courtney ad un ristoro della Tahoe 200 nel 2018 con un cestino dei suoi adorati pancakes (foto: ©Dauwalter, Facebook)

Courtney è unica nel suo genere, anche sotto l’aspetto mentale. La sua è pura gioia di correre, anche nei momenti complicati delle gare, quelli in cui si entra nella “pain cave“. Una sua metafora della condizione psicologica che si affronta quando la fatica prende il sopravvento. Per la runner americana, questo luogo mentale è affascinante perché costringe ad accettare il disagio e cercare una soluzione per proseguire. La “grotta del dolore” è quindi per Courtney una sfida, uno stimolo a comprendere fino a che punto riesce a spingersi e a superare ogni volta sé stessa. Per lei “è davvero bello giocare con il modo in cui il nostro cervello può aiutarci ad andare avanti”.

Courtney Dauwalter spiega il concetto di “pain cave” e il suo rapporto con essa

Il sentiero verso l’olimpo

Al rientro alle gare, dopo la pandemia, Dauwalter sfodera una prestazione superlativa a Chamonix, concludendo i 170 km della UTMB 2021 in sole 22 ore, 30 minuti e 54 secondi. Settimo posto assoluto, più di un’ora e mezza sulla seconda donna, Camille Bruyas. La sua sensazionale prova coincide naturalmente con il nuovo record del percorso, migliorato di ben 52 minuti. Nel 2022 mantiene lo stesso piglio dell’anno precedente, mettendo in bacheca anche le ultime due “classiche” rimaste: Hardrock 100 e Diagonale des Fous. Con le vittorie in Colorado e sull’isola della Rèunion, raggiunge Kilian Jornet, unico atleta in grado di vincere tutte le gare più blasonate del calendario. Una impresa non riuscita nemmeno a François D’Haene, a cui sfugge per ora la vittoria nella Western States (secondo nel 2018).

L’arrivo a La Redoute (Réunion) della Diagonale des Fous, la diagonale dei pazzi (foto: ©runningmagazine.ca)

Cosa ci si deve aspettare dunque da un’atleta che ha già vinto tutto? Per Courtney la risposta è sicuramente andare avanti, superarsi. Così, nel 2023, la 38enne del Colorado sta facendo qualcosa di irreale. Le vittorie a Bandera e Transgrancanaria sono il preludio al grande obiettivo dell’anno: il tentativo di doppietta Western States – Hardrock 100. Un exploit titanico, poiché le due gare sono distanti solo tre settimane e non potrebbero essere più distanti per caratteristiche. Una molto veloce e con relativamente pochi metri di dislivello (5500 circa), l’altra estremamente tecnica e corsa a quote elevate, che non scendono quasi mai sotto i 2500m e toccano in più punti i 4000. La difficoltà nella preparazione di entrambe le gare è estrema perché ognuna delle due ne necessita una specifica.

Il percorso di avvicinamento di Mathieu Blanchard alla Western States 2023

La doppietta Western States – Hardrock 100

Sul tracciato dei cercatori d’oro, che collega il lago Tahoe alla cittadina mineraria di Auburn, Courtney Dauwalter esprime una performance scintillante. La sua cavalcata è strabiliante, in particolare nel tratto dopo Foresthill, dove scava il solco decisivo tra lei e Katie Schide, attuale detentrice della UTMB. Taglia il traguardo della storica pista d’atletica in 15 ore, 29 minuti e 33 secondi, in sesta posizione assoluta; 7 minuti prima di Mathieu Blanchard, un corridore capace d’infrangere il muro delle 20 ore a Chamonix. E’ la prima donna di sempre a chiudere la gara in meno di 16 ore, migliorando per più di un’ora il record di Ellie Greenwood, che resisteva da ben 11 anni.

L’arrivo trionfale ad Auburn, ampiamente sotto le 16 ore (foto: ©Dauwalter, Facebook)

Completata la prima parte del suo obiettivo, Courtney arriva a Silverton, nelle sue Montagne Rocciose, a cuor leggero. Affronta la gara alla sua solita maniera, battagliando sino al 58esimo miglio con la francese Anne-Lise Rousset Seguret, per poi aumentare inesorabilmente il ritmo da Telluride sino all’arrivo. Pur dovendo combattere con le scorie della Western States, Dauwalter si inginocchia baciando la storica pietra per prima, al quarto posto assoluto. 26:14:08 il suo tempo, il migliore percorrendo il giro in senso antiorario; inferiore anche al suo 26:44:36, fatto segnare nel 2022 in senso orario.

Tutta la soddisfazione di Courtney, appoggiata alla pietra che segna l’arrivo della Hardrock 100 (foto: ©Dauwalter, Facebook)

Semplicemente Courtney Dauwalter

Una volta di più Courtney riesce a stupire tutti, compiendo qualcosa di strabiliante. Il tempo combinato nelle due ultra americane è di 41:43:42, migliore del precedente record assoluto di 42:12:43, appartenente a Jeff Browning. Le statistiche degli ultimi due anni sono sempre più incredibili. Dopo il ritiro alla Hardrock 100 2021, Dauwalter ha una striscia aperta di 10 successi consecutivi, di cui 8 conditi dal record del percorso. Una winning streak che potrà essere allungata a inizio settembre all’Ultra Trail du Mont Blanc, sempre che Courtney decida di tentare addirittura la tripletta, come suggerito nel Singletrack podcast in primavera. Se qualche mese fa il tentativo di “Triple” pareva una mera idea, ora sembra un’occasione imperdibile, a maggior ragione per la migliore ultratrailer di sempre.

Courtney alla Western States 2018, dove tutto il mondo scopre la sua luce (foto: ©dahiya.us)

Ciò che Courtney Dauwalter sta ottenendo è francamente straordinario. La sua resistenza fisica e mentale la porta a duellare sui sentieri con atleti maschi di livello assoluto, uno scenario impensabile qualche anno fa. Agli albori della disciplina, infatti, si credeva che le donne non fossero in grado di correre così a lungo e sopportare certe fatiche. Courtney sta dimostrando ampiamente quanto queste teorie fossero errate, diventando un esempio per tutti, uomini compresi. Il suo è il volto simbolo dell’ultratrail perché incarna alla perfezione i valori della disciplina, vivendo lo sport sempre con gioia, dentro e fuori dalle competizioni. Courtney gareggia per amore della corsa e per trasmettere positività alle persone che le stanno intorno. Da appassionati possiamo solo augurarci che alla partenza ci sia ancora per molto quella ragazza con i pantaloncini da basket e un sorriso contagioso, la Ultra Queen.

Immagine in evidenza: ©Dauwalter, Facebook

VS su Telegram

Andrea Sosio
Ammiro i canestri prodigiosi di Steph Curry, i poligoni fulminanti di Johannes Bø, la falcata fluente di Sydney McLaughlin, l'estro smisurato di Sasha Bublik, la passione per la fatica di François D'Haene, le carvate morbide di Henrik Kristoffersen… adoro lo sport!

Comments

Comments are closed.

Login/Sign up